CECENIA: La versione del Cremlino sulla condizione della comunità LGBT nella repubblica
Aleksej
Tilman, East Journal, 25 maggio 2018
“Non ci
sono minoranze sessuali in Cecenia”. Il Ministro della giustizia russo
Aleksandr Konovalov lo ha dichiarato
lo scorso 14 maggio all’incontro dell’Esame periodico universale (UPR), il meccanismo
delle Nazioni unite finalizzato a esaminare il rispetto degli obblighi in tema
di diritti umani degli stati membri.
Il
Cremlino era chiamato a rispondere delle notizie sugli abusi
perpetrati nei confronti di centinaia di persone appartenenti alla comunità
LGBT nella repubblica caucasica, emerse a partire dall’aprile 2017. Le
testimonianze, raccolte
inizialmente dal quotidiano russo Novaya Gazeta e poi confermate da fonti
quali Radio Svoboda
e The Guardian,
parlano di una campagna di detenzioni, torture e uccisioni – come minimo tre –
promossa dalle autorità cecene almeno dal dicembre 2016.
Una
caccia all’uomo
Nell’articolo
“Delitto d’onore”, il giornale russo descrive i metodi con cui avveniva quella
che era, a tutti gli effetti, una caccia all’uomo. In una società chiusa e tradizionale
come quella cecena è difficile nascondere il prorprio orientamento sessuale.
Era poi diffusa una “strategia dell’inganno” con cui cittadini sospettati di
essere omosessuali venivano contattati attraverso i social network e invitati a
degli incontri dove finivano per essere picchiati e umiliati.
La logica
dei perpetratori dei delitti era quella di espiare la vergogna che queste
persone costituirebbero per la Cecenia a causa del loro orientamento sessuale
“non tradizionale”.
La
versione del Cremlino
La storia
ha fatto rapidamente il giro del mondo e ha spinto il Cremlino a ricorrere a una
strategia di difesa singolare: negare l’esistenza stessa della comunità LGBT in
Cecenia.
Quanto
dichiarato da Konovalov lo scorso 14 maggio rientra in questa logica in base
alla quale i giornalisti di Novaya Gazeta sarebbero dei diffamatori. Il
ministro ha spiegato che da un’indagine del governo federale era risultato
impossibile sia trovare prove dei delitti sia prendere contatto con i membri
della comunità LGBT cecena. “Aiutateci ad identificarli” è stato l’appello
conclusivo di Konovalov ai paesi membri dell’UPR.
L’attacco
di Kadyrov
Se le
autorità russe hanno fatto buon viso a cattivo gioco davanti all’indignazione
dell’opinione pubblica occidentale, esponenti del governo ceceno e, in
particolare il presidente Ramzan Kadyrov, non hanno nascosto il loro odio per
gli omosessuali.
La scorsa
estate, il governatore della Cecenia ha presentato le sue idee sul caso
in un’intervista
rilasciata al canale americano HBO. Secondo Kadyrov, i giornalisti che
hanno denunciato le violenze in Cecenia: “sono diavoli venduti che meritano una
punizione divina per le accuse che diffondono”. Per quanto riguarda i gay in
Cecenia: “non esistono e se anche esistessero che se ne vadano il più lontano
possibile, in Canada, in modo che si possa purificare il nostro sangue”.
Gli
attacchi delle autorità spingono in molti a scappare. L’ONG Russian LGBT
Network ha annunciato lo scorso 4
aprile che, da quando è scoppiato il caso, ha aiutato 114 persone ad andarsene
dalla Cecenia, delle quali 92 hanno poi abbandonato la Russia. Il fondatore
dell’organizzazione Igor Kochetkov ha spiegato che: “41 degli assistiti sono
stati detenuti illegalmente, mentre gli altri sono stati minacciati dalle forze
dell’ordine, dai parenti o temevano che conoscenti finiti nelle mani delle
autorità facessero i loro nomi sotto tortura”.
Sono
numeri crudi che danno un’idea solo parziale del dramma di queste persone che,
oltre a subire la violenza delle autorità, vengono abbandonate da parenti e
amici. La violenza contro la comunità LGBT costituisce poi solo una parte degli
orrori perpetrati dal regime di Kadyrov. In nome della stabilità della Cecenia,
il Cremlino appoggia, infatti, l’uso
indiscriminato della forza contro qualsiasi forma di opposizione.