Trump, no ai transgender nell’esercito: tutti i numeri
26 Luglio 2017
Il presidente fa discriminazione giustificandola con i «tremendi costi». Ma le spese relative a eventuali transizioni sono stimate intorno ai 5 milioni di dollari l’anno. Su un bilancio per la sanità nella Difesa da 50 miliardi.
Con un annuncio fatto per la gioia della sua base elettorale, Donald Trump ha chiuso le porte dell’esercito americano ai transgender «in qualsivoglia ruolo». Tramite una serie di tweet, il presidente ha messo fine a decenni di politiche tese a ridurre le discriminazioni e a implementare l’integrazione nelle forze armate e nell’amministrazione Usa.
Quel «non accetterà o consentirà di servire nell’esercito» lascia intuire che non solo il commander in chief impedirà ai transgender di entrare nell’esercito, ma anche che quelli attualmente in servizio (sia in fase di transizione che stabili) saranno cacciati.
Sarà un caso, ma il 26 luglio 1948 il presidente Harry Truman firmava un ordine per porre fine al pregiudizio e alla discriminazione nell’esercito, permettendo alle donne di accedere a tutti i ruoli degli uomini.
Esattamente 69 anni dopo, The Donald ha deciso, utilizzando la scusa dei costi medici, di interrompere un processo naturale di integrazione nelle forze armate.
UNA GOCCIA NELL’OCEANO. Secondo un accurato rapporto della Rand Corp del 2016, sui circa 1,3 milioni di militari attivi nelle file dello Zio Sam, tra i 2.500 e i 7 mila sono transgender mentre attualmente sono 250 i soldati che hanno iniziato il trattamento per il cambio di genere. Le stime prevedono che ogni anno, su mille soldati tra lo 0.022 e lo 0.0396, chiederanno assistenza per un cambio di genere. Il «burden», il peso sui conti del Pentagono, è riassunto in questo grafico realizzato dalla Cnn sulle stime della Rand:
Il costo previsto è tra i 2,4 e gli 8,4 milioni all’anno, sui 49,3 miliardi spesi dal dipartimento della Difesa per la salute dei suoi dipendenti.
A scagliarsi contro le nuove misure (e a sottolinearne l’ipocrisia) è stata Chelsea Manning, la militare transgender celebre per il suo ruolo di whistleblower nella vicenda Wikileaks: «Quindi, il più grosso e più ricco esercito del mondo si lamenta dei transgender e finanzia gli F35? Suona come vigliaccheria».
Da notare come, cercando sfacciatamente i voti della comunità Lgbt, lo stesso Trump sostenesse in piena campagna elettorale di «voler combattere per i diritti dei Lgbt».
Undici mesi dopo, la decisione a sorpresa ribalta la graduale trasformazione dell’esercito iniziata sotto il presidente Barack Obama, la cui amministrazione aveva annunciato il 30 giugno 2016 che i transgender avrebbero potuto servire apertamente nell’esercito. Da allora, tutti i membri della comunità Lgbt avevano avuto la possibilità di servire dichiarando apertamente gusti e tendenze sessuali. Dal 1 ottobre, è stato loro garantito il trattamento medico e la possibilità di cambiare genere all’interno delle strutture burocratiche del Pentagono.
ANCHE IL PENTAGONO SORPRESO. Il cambio di rotta, secondo quanto riportano diversi media americani, ha preso alla sprovvista lo stesso Pentagono, che in una nota ha fatto sapere che «fornirà nel prossimo futuro indicazioni sulla nuova linea dettata dal presidente». Duro il senatore repubblicano John McCain, rientrato in Senato per il voto sull’abolizione dell’Obamacare dopo la diagnosi di un tumore al cervello. «La dichiarazione del presidente non è chiara. A chi ha i requisiti medici dovrebbe essere consentito di servire nelle forze armate», ha twittato.
Come sempre accade con gli annunci del tycoon, bisognerà aspettare la trafila dei ricorsi dentro e fuori le istituzioni prima di capire esattamente quale forma giuridica prenderanno. Quel che è sicuro, in ogni caso, è che il presidente ha voluto dare un segnale a quella parte di americani che lo ha scelto non solo per dare uno schiaffo all’establishment, ma anche per il suo nemmeno troppo mascherato razzismo.