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Erdogan e Somalia: beneficenza o strategia neo-ottomana?

1 Giugno 2017

Previsto l’invio di 300 soldati da Ankara a Mogadiscio. Intervista al Prof. Marco Giovanni Carbone, all’accademico somalo Mohamed Haji Ingiriis e all’Onorevole Lia Quartapelle.

Dopo gli scontri con l’Europa e le tirate d’orecchie da parte della Russia, Recep Tayyip Erdogan e il Ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu sembrano guardare sempre con più insistenza all’Africa. Già dal 2011 la Turchia cerca di affermarsi nel corno d’Africa come una potenza regionale sullo scenario mediterraneo -africano. Le direttrici attorno alle quali si è mossa, sono infatti molteplici da un aumento delle visite nella regione, alla ristrutturazione dell’aereoporto di Mogadiscio, dalle charities come la ‘Croce Rossa Turca‘ e ‘Doctor Wordwide‘ all’impegno nella cooperazione, dall’addestramento dei militari al sostegno politico del Governo somalo.  L’ambasciatore turco in Somalia… ha affermato, in un’intervista al ‘Daily Sabah’, che «Neppure dobbiamo lasciare che soggetti privati fuori controllo, come le organizzazioni non governative , agiscano a scapito e in deroga alla legge nazionale sull’immigrazione.la chiave per la stabilità della Somalia passa per il rafforzamento delle sue Forze di sicurezza», annunciando così lo sbarco di 300 soldati turchi a Mogadiscio, con l’unico obiettivo di addestrare le truppe somale per il ripristino dell’ordine nel Paese del Corno d’Africa.

Non bastava l’addestramento e i corsi di formazione agli ufficiali della polizia somala in Turchia. Ora Erdogan mette piede concretamente in Somalia, inviando delle proprie forze armate. Si tratta di mera generosità o Ankara ha degli interessi che vanno ben oltre alla distribuzione di cibo e medicine? Ma quali sono questi interessi di Erdogan nella regione dell’Africa Subsahariana? Secondo Marco Giovanni Carbone, docente di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Milano, che ha collaborato come coordinatore al rapporto ‘La politica dell’Italia in Africa.