Redditi: in Italia regna la disuguaglianza, e non è colpa delle politiche liberiste
19 Gennaio 2017
Con la crisi il Paese ha visto crescere in modo esponenziale le differenze di reddito al suo interno. Ma non è colpa delle sbandierate politiche liberiste, bensì della perdita di posti di lavoro, che colpisce in modo evidente il Sud
Tra le decine di classifiche in cui l’Italia è sempre risultata agli ultimi posti ve ne era una in cui invece non figuravamo male. Riguarda un tema in questo periodo molto dibattuto, in modo più o meno corretto: quello della disuguaglianza, cioè delle differenze tra i redditi e i patrimoni dei segmenti più ricchi e più poveri della popolazione.
L’OCSE nel 2004 posizionava il nostro Paese tra quelli in cui l’indice di Gini (la misura universalmente utilizzata per misurare la disuguaglianza) per i redditi era minore se misurato sui dati di mercato crudi, ovvero prima di ogni tassazione o trasferimento da parte dello Stato.
Con un indice di 0,4 risultavamo meno diseguali di Germania, Francia, Regno Unito, e in generale dei principali Paesi europei. Solo alcuni Paesi scandinvi e la Spagna risultavano più egualitari. Le cose cambiavano se si considerava il reddito disponibile finale, ovvero quello risultante dopo le imposte o i sussidi: con 0,33 passavamo nel gruppo di testa della disuguaglianza.
Di fatto il welfare della gran parte d’Europa risultava decisamente più efficiente nel garantire una riduzione dei divari sociali.