Il Natale assediato dell’Europa
21 Dicembre 2016
Francia prolunga lo stato di emergenza, UK e Germania ‘fortificano’ i mercatini
Dopo un 2016 di sangue, il Natale degli europei sarà sotto assedio dopo l’attentato di Berlino, in particolare per i cattolici. Il terrorismo jihadista ha affinato la sua tattica: colpisce i simboli. Il mercatino di Natale è un obiettivo «certo non casuale: così come a Nizza l’attentato fu compiuto nel giorno della presa della Bastiglia, emblema della nascita della Francia, a Berlino, cuore dell’Europa e patria di un simbolo del Natale, l’albero, è stato colpito un mercatino che in Germania è un’istituzione. E per di più sotto la chiesa, nei pressi della Kurfuerstendamm, intitolata al Kaiser Guglielmo. Un edificio simbolo, per tutta la Germania e per tutta l’Europa, della tragedia della seconda guerra mondiale», ha spiegato Loretta Napoleoni, economista ed esperta di terrorismo. «Quello che questi elementi ci dicono è che dietro questi attentati non ci sono solo ‘psicopatici’, ma c’è un network organizzato, un ragionamento che prima non c’era». Da circa sei mesi, sostiene Napoleoni, «il messaggio dell’Is rivolto ai foreign fighters è cambiato. Prima l’esercito del Califfato diceva: ‘Venite qua ed unitevi a noi’. Adesso dice: ‘Rimanete lì dove siete e fate attentati’. La narrativa è cambiata perchè in questi mesi lo Stato Islamico è sotto un pesante attacco, ha perso il controllo di ampi territori e si sta restringendo. E allora come rilanciare un’immagine appannata? Attraverso questi attacchi ‘spettacolari’ che non a caso, a differenza di quanto avveniva in passato, vengono immediatamente rivendicati dall’Is».
In questa ottica il Natale è sicuramente un simbolo ghiotto per l’IS. Ma l’attentato di Berlino, è l’ennesimo atto terroristico che colpisce il cuore dell’Europa in un anno, facendo ripiombare nella paura il Vecchio continente. Il 2016 è stato segnato da un’escalation di terrore nei Paesi europei, un anno che ha lasciato una scia di sangue che sembra non fermarsi.
L’anno era appena iniziato, siamo al 7 gennaio, e la prima vittima del 2016 era la Francia. In occasione dell’anniversario dell’attacco alla redazione del settimanale Charlie Hebdo, un uomo imbottito di esplosivo si lanciò, armato di coltello, contro dei poliziotti, al grido di ‘Allah Akbar’. Pochi mesi dopo, il 22 marzo, fu il Belgio a essere colpito dal terrore: prima l’aeroporto, poi la metropolitana di Bruxelles, vedono morire 32 persone (circa 300 feriti) in una serie di esplosioni. Il 13 giugno tocca di nuovo alla Francia. L’attentato è rivendicato dall’isis: Larossi Abballa, venticinquenne, attacca una coppia di poliziotti nella loro abitazione. Un mese dopo, a Nizza, il 14 luglio si trasforma da festa a tragedia nazionale: Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, tunisino già noto alle forze dell’ordine per reati minori, si schianta a bordo di un camion sulla folla sul lungomare. Il bilancio è di 86 vittime e più di 300 feriti. Lo Stato Islamico rivendica l’attentato. Solo quattro giorni dopo, un diciasettenne afghano, emigrato in Germania come richiedente asilo, attacca a colpi d’ascia cinque persone su un treno tra Wurzburg e Heidingsfeld. Anche in questo caso la responsabilità è dell’ISIS. Il 18 luglio Muhammed Riyad, tedesco-iraniano spara sulla folla in un centro commerciale a Monaco di Baviera.
Una settimana dopo, sempre in Germania, un richiedente asilo ventunenne uccide a colpi di macete una donna incinta. Lo stesso giorno, ad Ansbach, un altro siriano si fa esplodere all’ingresso di un concerto ferendo 15 persone. Il 26 luglio due cittadini francesi che tentarono due volte di raggiungere la Siria, fanno irruzione nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray e, inneggiando ad Allah, uccidono Jacques Hamel, sacerdote di 84 anni. Di nuovo poliziotti le vittime dell’attacco del 6 agosto, in Belgio, da parte di un individuo di origine algerina armato di machete. Interminabile anche la scia di sangue in Turchia: tra ISIS e combattenti clandestini curdi, il Paese ha subito una serie di violenze e attentati che hanno raggiunto il picco di frequenza proprio in questo 2016. L’esplosione in una moschea a gennaio, la serie di attacchi da parte degli indipendentisti curdi da febbraio a giugno, la strage nell’areoporto di Istanbul il 28 giugno, gli attentati da parte dei TAK (i ‘Falchi della libertà del Kurdistan’) a novembre e dicembre, e l’ultimo omicidio, due giorni fa, dell’ambasciatore russo Andrei Karlov provano che nemmeno i Paesi a maggioranza islamica possono dirsi al sicuro.