A dieci anni dalla morte di Welby, gli italiani chiedono ancora una legge sul fine vita
21 Dicembre 2016
Si riapre il dibattito sull’eutanasia. Secondo alcune indagini statistiche, gli italiani sono pronti a una norma. La chiedono il 77 per cento dei nostri connazionali. «Senza regole – spiega l’associazione Luca Coscioni – ci sono malati terminali che si suicidano nelle condizioni più terribili»
Tre italiani su quattro chiedono una legge sul fine vita. Il 77 per cento dei nostri connazionali, secondo quanto riporta una ricerca SWG, ritiene opportuno un intervento del legislatore su un argomento che ancora non è regolamentato. A dieci anni dalla scomparsa di Piergiorgio Welby, il tema resta di incredibile attualità. Era il 20 dicembre 2006 quando Welby, malato di distrofia muscolare, ottenne l’auto di un medico per distaccare il respiratore senza soffrire. Una vicenda personale che si è trasformata di una battaglia di libertà. «Non fu facile per me accettare la volontà di Piergiorgio – racconta oggi Mina, la moglie – Ma l’amore è innanzitutto libertà. Ciò che ho vissuto allora mi ha poi dato la forza in questi dieci anni per girare l’Italia ad aiutare le persone che situavano nelle stesse condizioni».
Per ricordare quella vicenda e tracciare il difficile percorso ancora da intraprendere, ieri pomeriggio l’Associazione Luca Coscioni ha organizzato un incontro a Montecitorio. Un momento di riflessione sul fine vita, auspicando l’intervento del Parlamento. «Oggi sono decine di migliaia i malati che vedono calpestato il proprio diritto all’autodeterminazione – racconta Marco Cappato, tesoriere dell’associazione e promotore della campagna Eutanasia Legale – È fondamentale una legge che garantisca a tutti i cittadini il rispetto della libertà individuale. Sono gli stessi cittadini a chiedere una norma che regolamenti le scelte di fine vita: è ora che le istituzioni diano una risposta».
Difficile entrare nell’intimo di una decisione così drammatica. Eppure in Italia l’eutanasia esiste, solo che se ne parla poco. È un argomento tabù. «E non mi si venga a dire che questa legge cambierà il Paese, come ci hanno spiegato quando si è approvata la norma sulle unioni civili» ha spiegato Emma Bonino durante un breve intervento. «Il Paese è già cambiato». Ecco il punto. In assenza di norme, ognuno si regola come può. «Ogni giorno – si legge in un documento presentato alla Camera – ci sono malati terminali che si suicidano nelle condizioni più terribili. Sono persone alle quali la legge italiana nega la possibilità di essere accompagnati alla fine della vita senza soffrire, condannando il carcere per chi li aiuta». Chi può, oggi, si reca in Svizzera per ottenere il suicidio assistito. Del resto all’estero è possibile. In Europa l’eutanasia è legale nei Paesi Bassi, in Belgio e in Lussemburgo. Di fatto, gli italiani che possono accedervi sono solo quelli che hanno la possibilità economiche. Tra qualche settimana sarà pubblicato uno studio ISTAT sui suicidi in Italia. Le prime anticipazioni mostrano come nel 2010, a fronte di 3.048 persone che si sono tolte la vita, il movente delle malattie fisiche e psichiche si attesta come la causa principale del suicidio, con una percentuale pari al 46 per cento. «Noi non siamo a favore dell’eutanasia – spiega Cappato – Ma siamo contro l’eutanasia clandestina e per l’eutanasia legale».
A differenza del Parlamento, gli italiani sembrano pronti ad affrontare l’argomento. Secondo i dati Eurispes presenti nel Rapporto Italia 2016, il 60 per cento dei nostri connazionali è favorevole a una legislazione sull’eutanasia. Il 4,8 per cento in più rispetto all’anno precedente. Secondo il Medscape Ethics Report 2014, citato nell’incontro, in Italia i medici favorevoli (42 per cento) sono superiori a quelli contrari (34 per cento). E per il 24 per cento la decisione sul fine vita deve dipendere dalle condizioni del paziente.
Dal 2006, intanto, l’Associazione Luca Coscioni ha dato vita a una campagna per la legalizzazione dell’eutanasia. Tre anni fa, a pochi mesi dall’avvio della legislatura, sono state consegnate alla Camera 67mila firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare. Due anni dopo è nato a Montecitorio un intergruppo parlamentare su eutanasia e testamento biologico. Un fronte trasversale forte del sostegno di 241 deputati e senatori. Lo scorso marzo, in commissione, è stata avviata la discussione sull’eutanasia (finora ferma alla prima seduta). Nel frattempo l’associazione prosegue il suo impegno. «Da marzo 2015, mese di inizio dell’azione “SOS Eutanasia” – si legge in una nota – abbiamo dato informazioni a 232 persone presentatesi in forma non anonima. Di queste, 115 persone sono state aiutate da gennaio a oggi. Oltre a dare informazioni sulla sospensione delle terapie in Italia, l’associazione Luca Coscioni fornisce indicazioni sulle cliniche svizzere solo a coloro che potrebbero avere i requisiti, fermo restando che saranno poi le cliniche stesse a decidere sulla base della legislazione elvetica».
Intanto qualcosa si muove. Lo scorso 7 dicembre la commissione Affari sociali di Montecitorio ha approvato all’unanimità un testo unico sul testamento biologico. All’incontro di Montecitorio era presente la deputata Donata Lenzi, relatrice del provvedimento sulle DAT, la disposizioni anticipate di trattamento. È una riforma attesa da anni. Un testo nato da un percorso di “ascolto” durato quasi un anno, frutto del contributo di numerose proposte di legge. Non affronta il tema dell’eutanasia, ma si articola attorno al concetto di consenso informato. Si garantisce l’importanza della volontà del paziente e si riconosce il diritto di rifiutare le cure. Terminate le feste, l’iter parlamentare proseguirà. Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato a inizio gennaio. Entro la fine del mese si attende che la proposta di legge arrivi in Aula.