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Referendum, Renzi: «Non resto per galleggiare»

13 Novembre 2016

Il premier in tivù: in caso di sconfitta «vengano altri, io non sono in grado di restare nella palude».

Matteo Renzi ha ribadito in tivù che in caso di sconfitta del sì al referendum costituzionale del 4 dicembre si dimetterà dalla carica di presidente del Consiglio. Ospite di Che tempo che fa, il premier ha detto: «Non sono in grado di restare nella palude. Uno sta al potere finché può cambiare. Se dobbiamo lasciare le cose come stanno vengano altri che son bravi a galleggiare». Alla domanda diretta di Fabio Fazio («Quindi si dimetterà?»), ha risposto così: «E che facciamo, lo stesso errore? La politica non è l’unica cosa che conta nella vita». Un modo indiretto per confermare che il suo personale destino politico è legato all’esito della consultazione popolare.
RENZI: «POTERE È UN VERBO, NON UN SOSTANTIVO». Del resto, fu proprio da Fabio Fazio che il premier esplicitò per la prima volta tale legame, una mossa giudicata successivamente uno sbaglio. Renzi cerca di interpretare la voglia di cambiamento, testimoniata a livello internazionale dalla vittoria di Donald Trump, e di canalizzarla in un voto per il sì. «Potere non è un sostantivo, ma un verbo. Uno sta al potere finché può cambiare, se dobbiamo lasciare le cose come stanno vengano altri».
LA PRESIDENZA OBAMA «HA SEGNATO LA STORIA». Il premier, di fatto, non intende essere paragonato a quell’establishment che, oltreoceano, è stato fattore determinante per l’esito delle presidenziali. «Penso che Trump abbia interpretato il cambiamento in maniera più radicale rispetto a Clinton», ha detto Renzi, ribadendo però la sua vicinanza ai Democratici e sottolineando come la presidenza Obama abbia «segnato la storia».
RIFORMA VOTATA «DA TUTTO IL PD». Il presidente del Consiglio ha ricordato che la riforma della Costituzione in parlamento è stata votata da «tutto il Pd, da Forza Italia e da Mario Monti. Poi quando la riforma è stata fatta, quelli che hanno votato sì improvvisamente hanno fatto come il cavallo che si ferma davanti all’ostacolo».
OK A CAMBIARE L’ITALICUM. Ma Renzi si è anche detto, per la prima volta in maniera netta, «d’accordo» con le modifiche contenute nel documento del Partito democratico sull’Italicum. Anche se la legge elettorale è cosa separata dal referendum. E il referendum «non è il Congresso del Pd e chi lo vuole deve aspettare».
UN SÌ PER «UN’ITALIA PIÙ SEMPLICE». Infine l’appello agli italiani: «Da qui a 20 giorni decidono il loro futuro. Con un’Italia più semplice si torna protagonisti, nell’Unione europea e nel mondo». E se a Bruxelles non saranno rispettate le regole sui migranti, Roma farà sentire la sua voce al momento della chiusura del bilancio.