La buona scuola di Renzi e il buon lavoro di McDonald’s
15 Novembre 2016
Tra le esperienze di alternanza c’è anche la famosa catena statunitense: scelta poco felice
I giovani sono uno dei terreni su cui preferisce muoversi il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Strette di mano, sorrisi, selfie abbondano negli incontri con loro quando, ostentando il suo essere giovane, si presenta come un fratello maggiore che ha a cuore il loro bene ma sappiamo che a stargli a cuore sono i loro voti. La buona scuola è uno dei suoi progetti più ambiziosi a cui ha aggiunto da poco un nuovo tassello facendo incontrare il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con McDonald’s. «Benvenuti Studenti, il progetto di Alternanza Scuola-Lavoro di McDonald’s Italia, mette a disposizione l’opportunità di svolgere esperienze di alternanza a 10.000 studenti con l’obiettivo di sviluppare (…) quelle competenze di carattere relazionale e di comunicazione interpersonale fondamentali per approcciare al meglio il mondo del lavoro a prescindere dal ruolo ricoperto. (…) L’intero progetto formativo prevede la presenza costante di personale McDonald’s con funzione di tutor. In particolare, i momenti di formazione si concentreranno su temi come la sicurezza alimentare, le relazioni con il pubblico, i processi di approvvigionamento e preparazione degli alimenti, i contratti di lavoro e le diverse figure professionali in azienda, il modello di franchising, la supply chain in ambito alimentare. (…) Abbiamo riconosciuto nel progetto Alternanza Scuola-Lavoro la precisa volontà di contribuire a facilitare il collegamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro, partendo proprio dall’esperienza concreta degli studenti.(…)».
McDonald’s spiega il progetto con le stesse parole e aggiunge: «I nostri ristoranti, già luogo conosciuto e frequentato dai ragazzi durante il loro tempo libero, diventeranno (…) anche un luogo dove sviluppare un’esperienza utile per il loro futuro, qualunque sia il loro indirizzo di studi».
Tra i campioni dell’alternanza come li definisce il Ministero, ci sono anche Accenture, Bosch, Consiglio Nazionale Forense, COOP, Dallara, Ente Nazionale Idrocarburi, Fondo Ambiente Italiano, Fiat Chrisler Automobiles, General Electric, Ewlett Packard Enterprise, International Business Machines, Intesa San Paolo, Loccioni, Poste Italiane, Zara. Ci si chiede se tale progetto sia un ghiotto regalo a queste aziende, che potranno sfruttare liberamente manodopera sottopagata, o se costituirà davvero un’occasione per gli studenti nel trovare lavoro con più facilità.
La scelta di coinvolgere McDonald’s è molto discutibile per il fatto di mandare gli studenti a lavorare in un fast food e nello stesso tempo educarli a un’alimentazione sana e consapevole, a un rapporto di rispetto nei confronti della natura animale e vegetale, a un lavoro attento ai diritti del lavoratore. McDonald’s è lontano da tutto ciò: c’è una letteratura così vasta a testimoniarlo che si fatica a scegliere il meglio del peggio.
I lavoratori dell’industria del fast food non se la passano tanto bene. Sono innumerevoli le situazioni di malcontento nei rapporti di lavoro con le loro aziende. Nel 2012 il giornalista Francesco Costa lavorò tre giorni in un McDonald’s per svelare come sia impostato il funzionamento dell’azienda. Dopo questa breve esperienza, raccontò di aver imparato subito la regola fondamentale per lavorare in un fast-food: il tempo è denaro. «Ogni cassa ha un cronometro che parte automaticamente quando si comincia a digitare l’ordine e si ferma quando il cliente lascia la cassa col vassoio in mano: passata una certa soglia il cronometro diventa rosso e indica a chi sta prendendo l’ordine che bisogna fare più in fretta. Le eccezioni ci possono essere – momenti di grande folla, ordini particolarmente ricchi e complicati – ma 210 secondi è l’obiettivo, è il numero massimo di secondi che dovrebbero passare da quando un cliente si mette in coda a quando lo stesso cliente riceve quello che ha ordinato. (…)».
L’ultima in ordine di tempo è la notizia fresca di questi giorni: «Negli Stati Uniti, McDonald’s ha accettato di pagare 3,75 milioni di dollari per chiudere una class action in cui era accusata di violazione delle norme sul lavoro nei confronti di centinaia di lavoratori (…) in cinque ristoranti di San Francisco (…) McDonald’s ha dichiarato di aver accettato il pagamento per evitare i costi e i disagi derivanti dal proseguimento della causa (…) Tra le accuse dei querelanti vi erano l’errato conteggio automatizzato del tempo e della paga dei turni di notte, i periodi di pausa e per il pasto (…), il mancato rimborso del tempo e dei soldi necessari per lavare e stirare le divise di McDonald’s, i cedolini di pagamento irregolari (…)».
All’EXPO 2015 se ne sono viste di tutti i colori (e sapori) e McDonald’s ha fatto egregiamente la sua parte, addirittura in veste di sponsor ufficiale con un padiglione affacciato sul Decumano, comprendente anche un ristorante. La scelta dell’organizzazione di averlo come sponsor ha causato parecchie polemiche da parte di chi si batte per tutelare la produzione di cibo biologico ed ecosostenibile, concetti estranei al sistema produttivo di questa multinazionale, icona del capitalismo e del consumismo, simbolo dello sfruttamento globalizzato. Una delle caratteristiche delle multinazionali come McDonald’s è quella di non discriminare tra esseri umani e non umani quando si tratta di sfruttamento, garantendosi sempre guadagni sicuri. Questo processo ha permesso a McDonald’s, nel corso degli anni, di penetrare in ogni ambiente, di entrare nella normalità e di mettere in ginocchio il Pianeta. La McDonald’s Corporation è la maggiore catena di ristoranti di fast food diventati uno dei simboli più riconoscibili della globalizzazione, così nota da avere dato origine a un neologismo: la McDonaldizzazione della società.