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Bankitalia, Antitrust, tribunali: la Bce ci condanna

9 Agosto 2106


Banche, Pa, stato di diritto, corruzione: la Banca centrale europea piazza l’Italia al penultimo posto tra i Paesi Ocse. Meglio solo della Grecia. Le falle del sistema.
Meglio soltanto della Grecia.
Nell’ultimo bollettino economico, la Banca centrale europea (Bce) ha posto l’Italia al penultimo posto per qualità delle istituzioni.
Intendendo con questo termine l’insieme di organismi, regole e politiche «in grado di stabilire condizioni di parità concorrenziale fra tutti gli operatori economici e assicurare incentivi efficaci che favoriscano gli investimenti, l’innovazione, il risparmio e la risoluzione dei problemi di azione collettiva, oltre ad assicurare una fornitura efficiente di beni pubblici».
IN TESTA C’È LA FINLANDIA. Francoforte non fa nomi, ma è facile immaginare a che cosa si riferisca, visto che le istituzioni sono giudicate in base a quattro criteri: efficacia delle amministrazioni pubbliche, qualità del quadro regolatorio, stato di diritto e contrasto alla corruzione.
Su questo fronte, e nell’area Ocse, i migliori sono Finlandia, Nuova Zelanda e Svizzera.
Chiudono la classifica Spagna, Slovenia, Slovacchia, Italia e Grecia.
UNA PA AUTOREFERENZIALE. Partendo dal primo versante, “efficacia delle amministrazioni pubbliche”, sono forti le carenze di audit.
Pochi controlli interni in un sistema che già paga dinamiche di carriera legate soltanto all’anzianità.
Dopo i primi tentativi dell’ex ministro Renato Brunetta, Marianna Madia ha previsto nella sua riforma che i dirigenti che non passano la valutazione di fine incarico vengano de facto retrocessi.

Bankitalia e Consob inefficaci nella gestione bancaria

Ma dove l’Italia registra il maggiore arretramento è sul lato regolatori e dei rispettivi controllori.
Soltanto sul versante bancario, paghiamo i ritardi giurisprudenziali nel recupero delle sofferenze e una tassazione molto frastagliata sulle rendite e sugli investimenti.
TROPPO LAISSEZ FAIRE. Parallelamente Bankitalia e Consob si sono dimostrare inefficaci per garantire la buona e sana gestione bancaria (accanto al crac di Etruria c’è anche un eccessivo laissez faire verso la seconda e la quarta realtà del Paese, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena, che non a caso necessitano di un aumento di capitale) o per tutelare i diritti dei risparmiatori.
Preoccupano poi i livelli di apertura del mercato interno: la legge sulla concorrenza giace da più di un anno in Parlamento, le authority competenti in materia possono contare soltanto su multe limitate e la moral suasion.
I TEMPI DELL’INGIUSTIZIA. Stato di diritto, invece, è un concetto molto aleatorio.
L’Unione europea ha denunciato che, soltanto per la giustizia civile, quella che maggiormente interessa alle aziende, ci vogliono 500 giorni per ottenere una sentenza di primo grado in un processo civile e amministrativo.
Il tutto mentre il guardasigilli Andrea Orlando promette che entro fino del 2016 si arriverà a giudizio in 367 giorni e che l’arretrato calerà sotto i quattro milioni.
Numeri, comunque, che cozzano contro l’idea di certezza della pena.

Sistema in difficoltà nel contrasto della corruzione

In quest’ottica non sorprende la difficoltà del sistema a contrastare la corruzione.
Non a caso l’Istituto di criminologia e diritto penale dell’Università di Losanna ha calcolato che nel 2014 soltanto 228 carcerati sui 54.252 erano stati condannati in via definitiva per riciclaggio, insider trading, falso in bilancio, aggiotaggio, fondi neri e corruzione.
LIMITI DEI CONTROLLI. Molto si deve alle tante depenalizzazioni che si sono seguite dopo gli anni di Confindustria.
Ma non meno è legato ai limiti dei controlli interni nelle aziende pubbliche e private.
L’economista Ugo Arrigo ha stimato che se si adottassero in Italia i parametri di spesa francesi lo Stato spenderebbe 8,9 miliardi all’anno, invece dei 17,8 impegnati.