General

Vie pericolose verso la sicurezza: il viaggio delle donne rifugiate dalla Siria


Di Stefania Arru, ProMosaik Italia, 03 giugno 2016. Sicurezza
personale
e protezione: che cosa significano per le
donne? E soprattutto per le donne rifugiate e richiedenti asilo?
La violenza sessuale
e quella di genere sono problematiche che affliggono donne di tutto il mondo, ancor
di più in periodi di conflitto interno.
Dal 2011 la guerra
civile siriana ha costretto milioni di persone a fuggire dal paese e a cercare
sicurezza in Turchia, Libano, Giordania ed Egitto.
Le vittime più
vulnerabili della guerra sono quasi sempre donne e bambini e in questa crisi,
essi rappresentano la maggioranza dei rifugiati.
Secondo l’UNHCR due terzi dei rifugiati siriani sono donne e bambini.
Dallo Stato d’origine
a quello straniero, le donne affrontano difficoltà non solo in quanto donne, ma
anche come rifugiate: essere una donna rifugiata espone le donne a rischi extra
durate la fuga e nel luogo in cui trovano rifugio.
Prima delle fuga, quando il conflitto emerge, le strutture
familiari e comunitarie sono sconvolte e i ruoli occupati da uomini e donne
cambiano. Le donne sono maggiormente soggette ad atti di violenza a causa della
frustrazione e delle preoccupazioni tra i membri della famiglia, ciò porta ad
un aumento degli episodi di violenza domestica. In più, durante periodi di
crisi interne le donne potrebbero essere lasciate completamente da sole o con
la responsabilità di provvedere al resto dei familiari e di assumersi compiti ai
quali raramente sono preparate. Tradizionalmente nelle società dominate da
uomini, le donne senza protezione maschili possono diventare targets di violenza.
Questi aspetti
pongono i rifugiati in serio pericolo anche prima della fuga, nel luogo in cui
vivono. La polizia, i militari e le persone locali spesso potrebbero permettere
alle donne di fuggire solo in cambio di favori sessuali. Per quelle abbastanza
fortunate da riuscire a fuggire, la possibilità di rimane vittime di violenza
continua lungo il viaggio, attraversare i confini nazionali ed addentrarsi nei
territori stranieri espone le donne a rischi più alti.
Durante
la fuga
, pirati, banditi,
trafficanti, guardie di confine, abitanti o altri rifugiati potrebbero
pretendere servizi sessuali, commettere molestie sessuali e stupri contro donne
e bambini, specialmente quando sono soli ed abbandonati a loro stessi. Lungo la
rotta migratoria le donne e le ragazze spesso non sono consapevoli dei loro
diritti e dei servizi messi a disposizione per loro. Molte di loro non sanno
dove si trovano o quali città devono oltrepassare. La mancanza di informazioni
rendere ancora più vulnerabili le donne a episodi di violenza.
Problemi simili si verificano nei campi
disposti per i rifugiati
, dove la popolazione locale e la autorità presenti,
come militari, polizia e volontari potrebbero sfruttare la debolezza dei
rifugiati e trarre vantaggio dalle situazioni delicate in cui vivono. Allarmanti
sono i dati che si registrano nell’aumento del numero dei matrimoni forzati tra
minori nei campi profughi. Un sondaggio condotto dall’UNHCR nei campi rifugiati
siriani presenti nel territorio turco ha rivelato che le ragazze che contraggono
matrimonio hanno un’età media compresa tra i 13 e 20 anni, la maggior parte si
sposa ancor prima di essere entrata nell’età adulta. ONG come CARE ha riportato un aumento del numero dei matrimoni tra
bambini e ha segnalato l’inevitabile connessione tra questi e la difficoltà nel
continuare la scuola dopo il matrimonio. A tutto ciò si aggiunge la questione
delle gravidanze premature.
Molti campi profughi sono sopraffollati, non garantiscono luna privacy e la
sicurezza è compromessa, specialmente se sono locati in costruzioni
abbandonate. C’è un assenza non solo di prevenzione e servizi a supporto della
violenza sessuale e della violenza di genere, ma anche di bisogni primari:
talvolta non esistono spazi separati per la distribuzione del cibo, o servizi igienici
per uomini e donne, diversi dormitori per donne single, incinte, responsabili
per la famiglia e altri per le famiglie. Tutti questi fattori creano le condizioni
per il verificarsi di atti di violenza fisica e psicologica.
Sapere il numero esatto
delle vittime di violenza di genere è sempre difficile, in quanto moltissime
donne non denunciano i fatti alle autorità. L’Euro Mediterranean Human
Rights Network
stima che più di
60 00 donne siriane
sono state vittime di molestie sessuali e stupro da
quando la crisi ha avuto inizio.
In che modo gli Stati
possono garantire una protezione maggiore?
Tra il 16 e il 17 maggio si è svolto ad Istanbul il World Humanitarian
Summit, un evento internazionale che ha permesso ai rappresentanti dei diversi governi,
a organizzazioni internazionali, a società civili e commerciali di discutere e
di confrontarsi sugli attuali temi umanitari. Ciò che è emerso è l’accordo
comune nell’impegnarsi a ristabilire la sicurezza, la dignità e i diritti delle
persone in crisi e trovare un modo per dar valore e protezione alle ragazze e
alle donne rifugiate e migranti.
  • I governi dovrebbero
    assicurare standard minimi di sicurezza, locazioni mediche protette, ed esperti
    per aiutare donne vittime di violenza psicologica e fisica.
  • È necessario stabilire
    dei meccanismi confidenziali e sicuri per tracciare e riportare gli episodi di
    abuso e sfruttamento sessuale accaduti durante la migrazione, ed inoltre
    informare le donne in viaggio dell’esistenza di questi strumenti in loro aiuto.
  •  Permettere alle
    organizzazioni civili di lavorare e aiutare i rifugiati nelle aree di transito.
  • Nei campi rifugiati
    permettere alle donne di registrarsi ed avere chiari i diritti di cui sono
    titolari e i servizi specifici per loro.
  • Dar vita a programmi
    specifici per affrontare i rischi e i bisogni delle ragazze adolescenti:
    programmi multidisciplinari che garantiscono spazi sicuri e servizi adatti
    all’età, e opportunità di crescita personale.
  • Gli Stati dovrebbero
    offrire sistemi di tracciamento e di ricongiungimento familiare, soprattutto
    per le donne e le ragazze non accompagnate.
  • Monitorare il lavoro
    svolto nei campi per evitare il verificarsi di abusi di potere da parte dei
    lavoratori all’interno delle strutture.