La teoria del cigno nero e tutti noi
di Leonid Bershidsky, 02
Giugno 2016.
Più discutiamo di uno
scenario improbabile – Trump che vince le elezioni, il Regno Unito
che esce dall’UE – e più ci sembra plausibile (anche se non lo è).
Fare
congetture su come sarà il mondo dopo l’arrivo di un evento
relativamente improbabile ma potenzialmente dirompente – come
l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea o la vittoria di
Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi – è il
pane quotidiano degli opinionisti. In fondo la percezione è
che questi “cigni
neri” – cioè eventi inattesi con
gravi ripercussioni – abbiano alte probabilità di
verificarsi e in alcuni casi potrebbero essere già stati predisposti
dei piani di emergenza.
È però utile ricordare come
Nassim Taleb, autore del saggio Il cigno nero, definì il
concetto nel suo libro del 2007.
Esistono due tipi di
eventi rari: a) I cigni neri raccontati, ovvero quelli che fanno
parte del dibattito pubblico e di cui è probabile sentire parlare in
televisione, e b) i cigni neri di cui nessuno parla, perché sfuggono
ai modelli e di cui ci si vergogna a parlare in pubblico, dal
momento che non sembrano essere plausibili. Il fatto che nel
primo caso la frequenza dei cigni neri sia sopravvalutata e nel
secondo gravemente sottovalutata è del tutto compatibile con la
natura umana.
Taleb collegò questa
osservazione a uno studio di Daniel Kahneman e Amos Tversky
che dimostra come le persone pensino che eventi poco plausibili
abbiano maggiori probabilità di verificarsi se ne hanno
discusso con altri: più si parla di uno scenario, meno questo sembra
impossibile. Negli ultimi
anni giornalisti, investitori ed esperti di politica hanno
discusso di diversi “cigni neri raccontati”.
Nel settembre del
2014 era la possibilità che la Scozia si separasse dal Regno Unito
dopo un referendum sull’indipendenza. A fine luglio 2014 alcuni
modelli statistici davano la possibilità di secessione al 50 per
cento, ma neanche un mese dopo per gli stessi modelli era scesa
al 5 per cento. Un anno fa l’argomento sulla bocca di tutti era
l’uscita della Grecia dall’Unione Europea; la probabilità che
questo evento di portata storica si verificasse aveva raggiunto
il 50 per cento dopo che i
cittadini greci avevano deciso con un referendum di rifiutare le
proposte di riforme dell’UE, a cui era condizionata
l’erogazione di ulteriori aiuti finanziari.
Poi, quando
il governo greco si arrese e approvò un accordo che
prevedeva una serie di riforme in cambio di un altro prestito, fu
chiaro che il referendum era stato un semplice e inefficace strumento
di trattativa, e le probabilità che la Grecia abbandonasse l’UE
scesero al 10 per cento. Oggi è il turno
dell’uscita del
Regno Unito dall’UE e della vittoria
di Trump negli Stati Uniti. Stando alle quote della società di
scommesse britannica Ladbrokes la probabilità che il Regno
Unito lasci l’UE è del 31 per cento.
PredictIt, un sito in cui gli
utenti scommettono sull’esito di un evento politico, assegna a
Trump il 39 per cento di probabilità di arrivare alla Casa Bianca. A
meno che non siate uno scommettitore, sono percentuali altissime per
due eventi che, in realtà, hanno pochissime probabilità di
accadere.
In una democrazia
consolidata è più probabile che un voto popolare – o
un’azione diplomatica concertata, nel caso dell’uscita della
Grecia dall’UE – abbia un esito ragionevole e
relativamente conservativo, piuttosto che uno dirompente e
irrazionale. È difficile ricordarsi di un cigno nero per
un’elezione in Europa o negli Stati Uniti in questo secolo,
nonostante l’ascesa dei movimenti populisti degli ultimi anni.
Ci
sono stati scossoni e spostamenti nell’opinione pubblica, ma in
nessun paese un candidato simile a Trump ha ottenuto la maggioranza e
nessun paese ha votato per rompere o abbandonare un’importante
alleanza economica.
Nei paesi democratici la maggioranza delle
persone vuole stabilità ed è disposta a protestare fino a un certo
limite.
In fondo è il semplice buon senso che fa di questi paesi
delle democrazie riuscite.
I veri cigni neri si
verificano per questioni su cui il dibattito pubblico è assente o addirittura inutile. Il Leicester
che vince la Premier League, nonostante le quote iniziali
delle agenzie di scommesse fossero di 1 a 5.000, è stato un vero
cigno nero. Come la rivoluzione ucraina a cavallo tra il 2013 e il
2014. O l’invasione
della Crimea da parte di Vladimir Putin nel 2014. Tutti eventi di
cui ci si sarebbe vergognati a parlare in pubblico perché erano
considerati troppo poco plausibili, finché non hanno iniziato a
diventare realtà.
I giornali e chi si
occupa di notizie ha interesse ad attribuire probabilità
maggiori a eventi dirompenti ma improbabili: fanno notizia,
appunto. È possibile che con i loro avvertimenti e scenari
distopici i media contribuiscano a conservare il buon senso nella
società e a ridurre la probabilità che si verifichino “cigni
neri raccontati”, e che siano una difesa in più contro le
decisioni sbagliate dell’opinione pubblica.
Taleb, che non ha una
grande opinione dei media e delle cose date per
scontate, ha pubblicato
a marzo questo post su Facebook: L’establishment
composto dai giornalisti, i mezzobusti che distribuiscono
str*****e con il loro bell’eloquio, i gruppetti di burocrati, gli
aspiranti lobbisti, i finti intellettuali abbonati al New
Yorker, i colletti bianchi attenti solo all’immagine ma vuoti
dentro, quelli che cercano di infiltrarsi nei salotti importanti di
Washington, e gli altri membri benpensanti delle élite sempre pronte
a dire la loro, tutte queste persone non hanno capito il senso di
quello che sta succedendo e la sterilità dei loro ragionamenti.
Le
persone non stanno votando Trump (o Sanders).
Le persone stanno
finalmente votando per distruggere l’establishment.
Il concetto espresso da
Taleb, però, non sembra in linea con la tesi del suo libro. La
probabilità che questo “cigno nero raccontato” si verifichi ha
buone possibilità di essere sopravvalutata. Se non altro perché ne
parlano tutti.
©
2016 – Bloomberg
FONTE: il Post