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Jenny Munro e le menzogne dei bianchi australiani

di
Elisa Mele, frontierenews, 10 Maggio 2016.


La
lotta di “Donna” Jenny per i diritti degli aborigeni si
scontra con un paese che finge di non ricordare il proprio passato e
le origini sanguinarie da cui è nata l’Australia contemporanea.






Mi
è stato chiesto di votare la donna australiana che durante il 2015
mi ha inspirata maggiormente e in questa occasione son venuta a
conoscenza dell’impegno sociale di Donna Jenny Munro. Con
traduzione interpretativa la chiamo Donna in quanto gli aborigeni si
rivolgono agli anziani e capi gruppo con Zio e Zia (ricordandomi
fortemente la stessa usanza in segno di rispetto che abbiamo in
Sardegna).



Quella di Donna
Jenny è una dedizione iniziata quarant’anni fa e che la vede in
prima linea per ristabilire i diritti
fondamentali degli aborigeni

La storia australiana degli ultimi 200 anni mi mette una sensazione
di sconforto addosso e non so mai da dove iniziare a parlare degli
eventi che hanno violentato un territorio così vasto, lontano dagli
occhi e dai media, commettendo indisturbati un genocidio
vergognoso ancora taciuto

Non se ne parla nemmeno oggi, il discorso viene deviato e lasciato
passare inosservato. 

Ho provato a chiedermi più volte del perché di
questa censura istituzionalizzata; ho trovato poche risposte ma
avendo studiato Diritti umani e relazioni Internazionali mi rammarica
l’ignoranza e la totale assenza di cenni a quanto accaduto e ancora
accade.



Donna
Jenny Munro è nata lo stesso anno di mia mamma, il 1956, e aveva 16
anni quando ha iniziato la lotta per ridare alla sua gente e alla sua
terra quanto brutalmente rubato. Una donna orgogliosa e fiera della
sua terra che instancabilmente mette le sue energie per
riottenere la sovranità territoriale. All’età di 17 anni ha
iniziato a collaborare con l’Ambasciata degli aborigeni creata
dagli stessi e nonostante il successivo trasferimento a Sydney in
cerca di un’occupazione lavorativa non ha mai abbandonato la
traiettoria politica.   

Donna
Jenny denuncia i fallimenti dei bianchi laddove hanno sbandierato
tentativi di riparazione agli errori e negazioni perpetrati. 

Dalle
interviste emerge una donna pacata, cosciente e consapevole dello
stato dei diritti umani della sua gente, della storia del suo
country. 

Eppure
a volte le viene difficile reprimere lo sgomento verso i continui
insulti alla comunità aborigena da parte dei “nuovi” australiani
bianchi.



Come darle torto? Come far cambiare
idea a Donna
Jenny quando la festa nazionale dell’Australia Day non è altro che
l’anniversario dello sbarco dell’invasore colonizzatore il 26
gennaio 1788? Con quali argomentazioni si puó chiedere agli
aborigeni sopravvissuti e figli delle generazioni rubate di passarci
sopra? In fondo è solo un giorno in cui gli australiani bianchi si
ubriacano, tappezzano il paese con la bandiera degli invasori e
cercano di appigliarsi a un orgoglio nazionale e a un patriottismo
costruito a tavolino. 

In fondo, ci sarebbe solo da riflettere,
ammettere, riconoscere ed educare.



Dopo
varie lotte e dimostrazioni nel corso degli ultimi 30 anni piccoli
passi son stati fatti, come la legislazione sui diritti di suolo e
sulla protezione dell’eredità, ma Donna Jenny spiega che i bianchi
figli degli invasori hanno scritto le legislazioni, continuando ad
escludere gli indigeni aborigeni dal controllo del suolo e dal
processo di stesura delle regolamentazioni. 

Come possono i bianchi
cercare di ricompensare quando non capiscono cosa hanno tolto? 

L’opinione pubblica – quando c’è – è indottrinata dai
politici bianchi e dunque fuorviante, spiega Donna Jenny.  Son
stati fatti interventi a livello locale ma manca a quanto pare un
coordinamento sui tre livelli locale – regionale – nazionale.
“It’s like the branch telling the tree what the tree is” un po’
come avere il ramo che cerca di dire all’albero che albero è. 

E
con un’attenta analisi Donna Jenny spiega che anche gli accademici
bianchi hanno solo aggiunto maggiore confusione e disgregazione tra
gli antichi abitanti dell’ Australia.

Oggi Donna
Jenny non crede più ai bianchi, non si fida in quanto non ne sanno
abbastanza e non sono stati qui da abbastanza tempo per capire di
cosa stiano parlando. 

La cosa di cui è certa è che gli occupanti
sono approdati, hanno dichiarato che l’Australia era terra
nullius
di nessuno quando poi
dopo 150 anni hanno aperto una riconciliazione hanno solo aggiunto
problemi e imposto una direzione sbagliata.  

I nuovi confini
laddove ristabiliti sono contentini che hanno creato disgregazione e
malcontenti tra le impotenti comunità aborigene. La Costituzione
del Commonwealth è stata redatta nel 1901 e ha ovviamente escluso la
popolazione sopravvissuta al massacro. 

Basti ricordare che fino agli
anni ’70, ben vent’anni dopo la stesura della Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, i certificati di nascita degli
aborigeni riportavano la dicitura “not human being”: non essere
umano. 

Di recente si è iniziato a parlare di apportare importanti
modifiche alla Costituzione ma nel frattempo si continua a perpetrare
un incessante effetto discriminatorio giustificato e interiorizzato.