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Arte contemporanea africana. Il progetto e l’istinto.

di Stefania Ragusa, 19 Maggio 2016.

Les Damseuses” (2007).
Abdoulaye Koneté.

Due distinte traiettorie
definiscono l’arte contemporanea africana: la prima è centrata
sull’artista e le sue intenzioni; la seconda ha un carattere
territoriale, ingenuo e simbolico.

 


Due sono oggi le visioni prevalenti e
contrapposte di cosa sia “arte contemporanea africana”. Per
chiarirle, possiamo fare riferimento a due mostre recenti, di cui si
è molto parlato. 

Una è The Divine Comedy: Heaven, Purgatory,
and Hell Revisited by Contemporary African Artists
, curata da
Simon Njami, con il sostegno della Fondazione Dokolo e la
partecipazione di una strepitosa selezione di artisti. 

Ha esordito a
Francoforte, per poi spostarsi negli Stati Uniti. Sarebbe dovuta
arrivare a Venezia, ma così non è stato.


L’altra è Beauté
Congo
, curata da André
Magnin e allestita alla Fondation Cartier pour l’Art Contemporain
di Parigi. 

Ha chiuso i battenti lo scorso gennaio, dopo essere stata
salutata dal settimanale
Jeune
Afrique
come uno degli eventi
culturali africani fondamentali del 2015. 

Magnin, che oggi si è
definitivamente messo in proprio dando vita alla galleria Magnin-a, è
stato per vent’anni il curatore della collezione Pigozzi, una delle
più rinomate tra quelle di arte contemporanea africana, e ha
collaborato strettamente con Jean-Hubert Martin, occupandosi della
sezione Africa, ai tempi di
Magiciens
de la Terre
, storica mostra
tenutasi a Parigi, al Centre Georges Pompidou, nel 1989. 

Esposizione
puntualmente citata per datare l’avvio del riconoscimento dell’arte
africana da parte dell’Occidente.



Nella visione di Magnin l’arte
africana ha una forte connotazione spirituale e territoriale (non è
un caso che nella collezione Pigozzi si trovino solo opere di artisti
residenti in Africa), e si riconosce a prima vista per soggetti e
modalità di narrazione. È istintiva e ingenua. 

Gli artisti
selezionati da Martin e da Magnin sono, in genere, privi di
formazione accademica e portatori di una cultura altra fortemente
simbolica. 

Esemplari, in questo senso, il sistema di scrittura
inventato da Fréderic Bruly Bouabré, i fantasiosi coffin (bare) dei
ghaneani Samuel Kane Kwei e Paa Joe, che si richiamano a una
tradizione artigianale e religiosa locale, ma anche gli artisti pop
selezionati per
Beauté Congo,
da Chéri Chérin a Pathy Tshindele, da Chéri Samba a Kura Shomali.

FONTE: Nigrizia