Arte contemporanea africana. Il progetto e l’istinto.
Les Damseuses” (2007). Abdoulaye Koneté. |
Due distinte traiettorie
definiscono l’arte contemporanea africana: la prima è centrata
sull’artista e le sue intenzioni; la seconda ha un carattere
territoriale, ingenuo e simbolico.
Due sono oggi le visioni prevalenti e
contrapposte di cosa sia “arte contemporanea africana”. Per
chiarirle, possiamo fare riferimento a due mostre recenti, di cui si
è molto parlato.
Una è The Divine Comedy: Heaven, Purgatory,
and Hell Revisited by Contemporary African Artists, curata da
Simon Njami, con il sostegno della Fondazione Dokolo e la
partecipazione di una strepitosa selezione di artisti.
Ha esordito a
Francoforte, per poi spostarsi negli Stati Uniti. Sarebbe dovuta
arrivare a Venezia, ma così non è stato.
L’altra è Beauté
Congo, curata da André
Magnin e allestita alla Fondation Cartier pour l’Art Contemporain
di Parigi.
Ha chiuso i battenti lo scorso gennaio, dopo essere stata
salutata dal settimanale Jeune
Afrique come uno degli eventi
culturali africani fondamentali del 2015.
Magnin, che oggi si è
definitivamente messo in proprio dando vita alla galleria Magnin-a, è
stato per vent’anni il curatore della collezione Pigozzi, una delle
più rinomate tra quelle di arte contemporanea africana, e ha
collaborato strettamente con Jean-Hubert Martin, occupandosi della
sezione Africa, ai tempi di Magiciens
de la Terre, storica mostra
tenutasi a Parigi, al Centre Georges Pompidou, nel 1989.
Esposizione
puntualmente citata per datare l’avvio del riconoscimento dell’arte
africana da parte dell’Occidente.
Nella visione di Magnin l’arte
africana ha una forte connotazione spirituale e territoriale (non è
un caso che nella collezione Pigozzi si trovino solo opere di artisti
residenti in Africa), e si riconosce a prima vista per soggetti e
modalità di narrazione. È istintiva e ingenua.
Gli artisti
selezionati da Martin e da Magnin sono, in genere, privi di
formazione accademica e portatori di una cultura altra fortemente
simbolica.
Esemplari, in questo senso, il sistema di scrittura
inventato da Fréderic Bruly Bouabré, i fantasiosi coffin (bare) dei
ghaneani Samuel Kane Kwei e Paa Joe, che si richiamano a una
tradizione artigianale e religiosa locale, ma anche gli artisti pop
selezionati per Beauté Congo,
da Chéri Chérin a Pathy Tshindele, da Chéri Samba a Kura Shomali.
FONTE: Nigrizia