Macedonia. Giornalisti aggrediti dalla polizia
di Edoardo Corradi,
East Journal,
23 Aprile 2016.
L’International
Federation of Journalists
(IFJ), organizzazione internazionale per la libertà di stampa, ha
accusato la polizia macedone di aver aggredito
alcuni giornalisti e fotoreporter
che stavano riprendendo le proteste che da alcuni giorni stanno
infiammando la Macedonia. Secondo l’IFJ, il giornalista Goran
Naumovski di Plusinfo
e i fotoreporter Tome
Georgiev di Fokus,
Ognen Teofilovski
di Vest,
Borce Popovski di
Sloboden Pecat
e Nake Batev
di Vecer
sarebbero stati feriti dalla polizia in tenuta antisommossa
nonostante esibissero
chiaramente i propri documenti da giornalisti. Inoltre,
secondo quanto si apprende dal giornale kosovaro Gazeta
Express, tre suoi giornalisti sarebbero stati arrestati dalle
forze dell’ordine macedoni mentre questi stavano riprendendo il
parlamento macedone.
Un paese
semi-libero
Il rapporto tra informazione e stato
in Macedonia è molto complicato.
La libertà
d’informazione non è garantita nel paese, molti giornali sono
controllati direttamente dal partito di governo, la VMRO-DPMNE, tanto
che alcune associazioni internazionali come Freedom
House o la stessa missione
OSCE/ODIHR, che monitorò lo svolgimento delle elezioni del 2014,
dichiarano che la Macedonia è un paese “semi-libero” e
non vi possono essere dibattiti politici equi se il partito di
governo controlla la maggioranza dei quotidiani d’informazione e
dei canali televisivi.
Questa è una delle tante cause che
hanno portato al riesplodere della crisi
politica, momentaneamente
congelata con la sottoscrizione, e l’iniziale rispetto,
dell’accordo di Pržino firmato dai principali partiti politici
macedoni. La libertà di informazione – congiuntamente con
l’analisi dei registri
elettorali, ritenuti
fortemente inquinati dall’opposizione
socialdemocratica guidata da Zoran Zaev – ha portato al
boicottaggio
delle elezioni.
Queste erano infatti inizialmente
previste per il 24
aprile ma sono state
successivamente spostate al 5
giugno. Ciò che però ha
scatenato le proteste di piazza di questi giorni è stato la
decisione del presidente Gjorge Ivanov, appartenente alla VMRO, di
concedere la grazia a
tutti i politici indagati per brogli
elettorali.
Una
crisi che dura da un anno
La crisi politica era nata nel maggio
2015, a seguito della pubblicazione da parte di Zaev di numerose
intercettazioni nelle
quali emergeva come la
VMRO controllasse le comunicazioni di circa 20.000 persone –
un cittadino macedone su 100.
L’accordo di Pržino aveva
quindi portato alla creazione di una procura speciale per
indagare sulla fondatezza di queste trascrizioni. La procura aveva
scoperto numerosi casi di brogli che avevano messo sotto accusa molti
esponenti di spicco del partito di governo come Gordana
Jankuloska, ex ministro
dell’interno, e Mile
Janakieski, ex ministro
ai trasporti.
Questa decisione ha di fatto bloccato ogni possibile
risoluzione della crisi politica, radicalizzando lo scontro tra
governo e opposizioni.
Le aggressioni ai giornalisti non sono
tuttavia ascrivibili a un disegno governativo di punire chi non si
allinea al regime, ma piuttosto rappresentano il tentativo di
intimorire chi poteva
riprendere alcune scene che forse era meglio non trasmettere.
Solamente Goran Naumovski,
Tome Georgiev
e Borce Popovski
appartengono a giornali vicini alle opposizioni e contro il sistema
instaurato da Gruevski e la VMRO, mentre Vest
e Vecer
sono due portali fortemente filo-governativi. La denuncia dell’IFJ
cerca tuttavia di portare
alla luce il difficile mestiere dei giornalisti in Macedonia:
questa verrà presentata anche al Consiglio europeo affinché possano
essere prese delle contromisure per tutelare la sicurezza dei
giornalisti.
Nel frattempo Reporter senza Frontiere, in una
sicuramente discutibile classifica, è stato posizionato in 118°
posizione su 180 stati analizzati, contribuendo a denunciare la grave
mancanza di libertà nel paese.
L’Unione Europea anche in questo
caso viene chiamata in causa. Dopo la mediazione svolta dal
commissario Johannes Hahn, dal mediatore europeo Peter
Vanhoutte, dall’ambasciatore UE Aivo
Orav e dal suo omologo
statunitense Jess
Baily, per cercare
di risolvere la crisi politica, i
rapporti tra UE e Macedonia si erano improvvisamente congelati.
Seppur le speranza di integrazione nell’Europa della Macedonia –
che è paese candidato all’adesione dal 2005 – si stanno
progressivamente allontanando, Hahn spera ancora di poter incontrare
venerdì a Vienna tutti i rappresentanti dei partiti politici per
giungere a un compromesso
e portare il paese verso le prossime elezioni politiche, la cui data
a questo punto è ancora tutta da decidere.