La musica e la resistenza culturale palestinese
di Khalid W. Shomali per La
macchina sognante*, 15 Aprile 2016.
Prima di parlare della resistenza
culturale “musicale” in Palestina e il suo ruolo importante nella
società palestinese, è necessario chiarire la definizione di
“resistenza culturale”.
Una delle definizioni più esplicative
per la resistenza culturale è stata elaborata da Stephen Duncombe: “La resistenza culturale è
la pratica di usare [..] la cultura per contestare e combattere il
potere dominante, spesso costruendo una visione diversa del mondo da
quella ufficiale”
(Duncombe, 2002, p. 5).
Nel caso palestinese ad esempio, il
potere dominante è un potere esterno (lo Stato di Israele) che
assume la forma di un’occupazione militare violenta e
discriminatoria, che compie degli atti tipici di un “apartheid”:
il muro di separazione è uno dei risultati più noti al mondo dello
strisciante razzismo nei confronti dei palestinesi.
Questo potere
controlla anche l’Autorità Palestinese che era stata creata
direttamente dopo gli Accordi di Oslo nel 1993.
La resistenza, in sé, indica
qualsiasi atto di “opposizione”, in qualsiasi ambito, inclusi
naturalmente quello fisico e quello scientifico. Ciò che ci
interessa è il rapporto tra “opposizione” e “cultura” e come
quest’ultima viene usata nella pratica di opposizione.
Il significato che porta con sé la
cultura in generale è molto ampio e comprende la dimensione sociale,
storica e antropologica. È sufficiente chiarire in senso
antropologico la definizione proposta da Edward Tylor: “La
cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è
quell’insieme complesso che include le conoscenze, le credenze,
l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra
capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una
società” (Tylor, 1920, p.
1).
Il pensiero di Edward Said
Edward Said (1935-2003) scrittore
palestinese naturalizzato statunitense e di grande fama a livello
internazionale, noto per il suo “Orientalismo”,
parla della resistenza culturale e del ruolo dell’intellettuale in
questo processo.
Said vede la resistenza palestinese
come caso tipico in cui la cultura può assumere un ruolo importante
nel movimento di liberazione. La resistenza palestinese, sottolinea
Said, “comprende un quadro
completo di forme di espressione culturale e che è diventato una
parte della consistenza dell’identità palestinese” (Said,
2007, p. 143).
Said afferma nei suoi scritti che l’intellettuale è
veicolo di un messaggio personale, un’energia inesauribile. Per
lui, l’intellettuale è inseparabile dal resistente e deve
rappresentare la liberazione e l’illuminazione.
Said divide la resistenza in due parti
o processi: da un lato, la resistenza come mezzo per recuperare la
terra occupata, e dall’altro come resistenza “ideologica” –
quella che ci interessa, ovviamente – definendola come
“l’insistenza di vedere la
storia della società completa e integrata e di cercare un metodo
alternativo per vedere la storia umana che cancelli le barriere tra
le culture”.
Intende dire
che la resistenza culturale non è solo un’auto-liberazione, ma
anche la realizzazione della propria identità (Al-Bayyari, 2012).
Soprattutto quando l’identità
politica si trova sotto minaccia, Said crede che la cultura sia un
“mezzo” per resistere ai tentativi di cancellazione e rimozione:
“La cultura è una forma di
memoria contro l’oblio” (
Said, 2007, p.143).
Altre Opinioni
Rania Elias, la direttrice
dell’Istituto Yabous per la produzione artistica, scrive: “Lo
Stato sionista tenta di distruggere la nostra identità e ostacolare
la nostra crescita culturale”
(Elias, 2010, p.10).
Elias parla dell’importanza di individuare un
programma e di avere una visione stabile del futuro allo scopo di
salvare l’identità nazionale palestinese, concentrandosi sulla
salvaguardia della storia in ogni modo possibile.
Abdel Fattah
Abu Srour, il fondatore del teatro Al-Rowwad, prende l’esempio del
teatro come mezzo di resistenza pacifica, e dice che “il
teatro è il mezzo più straordinario per l’auto-espressione
dell’individuo, […] e il teatro soddisfa un’esigenza interna
della società palestinese”
(in Wiles, 2010, p.16).
Il teatro è intimamente legato alla
musica.
La musica qui è rappresentata da canzoni accompagnate da
danze folcloristiche palestinesi come la dabka, che riflette la vita
palestinese e il suo patrimonio.
Queste danze di solito sono
parte integrante di ogni opera teatrale.
La musica palestinese popolare
Prima di occuparci della musica di
resistenza nella società palestinese, è importante studiare la
struttura e le forme della musica palestinese stessa.
Una delle forme
più principali è la canzone
popolare. Quando si parla di
“canzone popolare” si intende in un modo o nell’altro la musica
del folklore palestinese.
Il folklore – l’insieme della cultura
popolare – è la parte inseparabile della cultura nazionale, anzi,
la faccia più espressiva. Il popolo palestinese abbraccia fortemente
tutte le forme di folklore tradizionale come mezzo di resistenza,
come arma contro i tentativi israeliane di distruggerlo, soprattutto
attraverso il processo di “giudaizzazione”.
La canzone popolare palestinese è una
espressione manifesta della vita palestinese nella storia e perciò
ha avuto sempre più importanza nelle attività culturali.
Ahmad
Musa, ricercatore notevole in questo campo, individua nella canzone
popolare palestinese le seguenti caratteristiche (Wafa, 2011):
1)
La brevità delle frasi: la
frase musicale nella canzone popolare è molto corta, di solito 8
misure o battute, in casi eccezionali al massimo 12, e le frasi si
ripetono parecchie volte e la particolarità consiste nella bellezza
crescente ogni volta si ripete.
2)
La dimensione melodica: la
dimensione è la distanza fra le voci. Nelle melodie popolari
palestinesi le distanze sono semplici e corte, di solito rinchiuse in
un’ottava.
3)
La natura del Maqam: il Maqam
è il sistema delle modes
melodiche nella musica
tradizionale araba. Il maqam dominante nelle canzoni popolari
palestinesi è Al bayyati. Si
usano generalmente i maqam con cui è possibile e facile cantare.
4)
L’attrattività melodica:
l’attrattività sta nella direzione discendente o bassa. Questa
caratteristica è condivisa con la tradizione musicale turca e
ungherese, al contrario delle melodie scandinave e tedesche.
Una forma comune della canzone
popolare palestinese è il Mawwal.
Gli studiosi concordano che il mawwal è uan forma comune in tutto il
mondo arabo. Il mawwal generalmente parla di diverse questioni e
esprime diverse sentimenti, mischia l’amore, la nostalgia,
l’attaccamento alla terra.
Altre forme importanti sono i “Ataaba”
e i “Mijana”.
Sia il Mawwal che Ataaba e Mijana sono forme di poesia improvvisata e
sono state utilizzate dai palestinesi dal 1960, per esprimere lo
sdegno e il dolore per la demolizione di villaggi palestinesi da
parte degli israeliani.
La musica tradizionale palestinese è
musica orientale-araba e quindi gli strumenti sono orientali più che
occidentali.
Degli strumenti principali ricordiamo l’Oud, Kanun, e
Derbekkeh.
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macchina sognante,
una rivista di scritture dal mondo.