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Antonietta Chiodo visita La nostra Africa, Bologna

By Antonietta Chiodo, ProMosaik e. V. Italia, Intervista al presidente dell’associazione Onlus La Nostra Africa,
Bologna – dott. Giorgio Girella 

Fine Settembre 2015 mi trovo a Bologna
per interviste varie sul tema dell’FGM, un lavoro approfondito e complesso. Ho conosciuto vari aspetti di questo argomento, in realtà estremamente complesso, perché
non riguarda semplicemente la sessualità femminile, ma la comprensione di riti
tribali che causano danni fisici a bambine a volte molto piccole, anche di
pochi giorni di vita. Sarebbe riduttivo pensare di trovarsi di fronte ad un
rito tribale, qualcosa che abbia a che fare con il passato e tramandato di generazione
in generazione. Studiando e ricercando pian piano
ci si rende conto di quanto
il tutto sia più complesso di ciò che sembra e di come in realtà la mutilazione
genitale femminile abbia riscontro diverso in base al senso che la popolazione
riserva a questo termine, soprattutto in riferimento a questo tipo di pratica.
Molti sono i risvolti che portano un senso diverso, la nazionalità, il ceto
sociale, la religione ed altro ancora.

Il presidente dell’associazione “La
Nostra Africa Onlus”
, dott. Giorgio Girella mi attendeva
all’interno del negozio gestito dalla loro associazione, una insegna chiara
all’esterno e tantissimi manufatti in vendita di cui la stessa servirà a
sorreggere l’associazione e le loro attività in territorio africano. Molte
fotografie appese alle pareti danno chiaramente una idea dei colori e della
bellezza di quelle zone, la savana, gli animali e le bellissime donne da
straordinari collari di perline danno vita ad un piccolo mondo in una semplice
stanza dalle pareti candide, un uomo, dai capelli brizzolati seduto ad una
scrivania bianca mi attende e con accento bolognese mi dà il benvenuto per
iniziare la nostra intervista.
Da alcune ricerche si apprende che l’Emilia
Romagna insieme alla Lombardia è un baluardo nella lotta dell’FGM in
Italia, nella città di Bologna è sito un ospedale preposto alla ricostruzione
degli organi genitali femminili lesi, ricordiamo inoltre che questa regione
spezzò nuovamente il silenzio nel 2010 con una denuncia nei confronti
dell’infibulazione, vi fu già nel 2006 con l’intervento delle Pari Opportunità
del governo italiano l’approvazione di una legge contro questo tipo di abuso.
La perplessità immediata nasce obiettivamente dal fatto che le infibulazioni
o le ablazioni o escissioni come si qual voglia, spesso non si
verifichino nei territorio dove avviene una integrazione di culture, ma nei
paesi d’origine. Da esempio di questo fenomeno, si apprende da una denuncia al
mondo intero percorsa dalla Svezia alcuni anni addietro, che l’FGM
avviene nel momento in cui le bambine vengono portate nel paese nativo per
ritrovare la famiglia originaria ed il parentato, essendo una cultura antica e
legata soprattutto alle popolazioni anziane accade spesso così che le nonne si
ritrovano a prendere la decisione di ciò che accadrà poco dopo senza il minimo
potere decisionale delle madri.
Riservo quindi numerosi dubbi nella mia
comprensione, ammetto molto vaga perché non sono discendente di questo tipo di
cultura, ma soprattutto non sono un burocrate o un legislatore, quale potrebbe
essere il senso di tutela se alle bambine viene permesso di lasciare il paese
con le proprie famiglie per brevi periodi rientrando poi infibulate. Nel paese
nordico sopracitato accadde appunto questo, maestre di scuola materna ed
elementare nell’arco di poco tempo si resero conto di come sessantasei bambine
subirono questa pratica violenta sui loro corpicini.
Ciò che questa associazione si prepone di fare
dal 2013 dopo anni del loro inserimento all’interno di alcune tribù Masai è
infatti quella di non cercare di modificare minimamente la struttura sociale ed
educativa di queste popolazioni, ma di insegnare e lasciar comprendere loro il
danno psicofisico che avviene all’interno di una bambina, donando loro
strumenti intellettivi e la libera scelta di modificare questo tipo di rito
primitivo con la presa di coscienza di una più umana sensibilizzazione nei
confronti del corpo femminile, non a caso dopo il loro arrivo in quei territori
le popolazioni ora cominciano a saper leggere e scrivere.
Antonietta Chiodo:
Dal 2007 vi trovate in Kenya collaborando con le tribù Masai, qual è il vostro
approccio con loro?
Giorgio Girella: Noi teniamo a precisare che non abbiamo minimamente cercato di modificare
il loro modo di vivere portando nei loro villaggi la cultura occidentale, anche
perché non penso minimamente che noi abbiamo solo da insegnare, mi rendo sempre
più conto che c’è molto da imparare da loro. Non facciamo ad esempio come
quelle associazioni cattoliche che si insediano e cambiano tutto completamente
cercando di convertirli alla nostra religione o insegnandogli a mangiare come
noi.
Facciamo incontri nelle scuole d’ Italia per
parlare soprattutto dell’importanza dell’acqua e del suo spreco, quindi questo
argomento entrò nella nostra conoscenza per puro caso.
Antonietta Chiodo: Possiamo definirlo un libero
scambio ciò che state tenendo con loro dal 2007?
Giorgio Girella: Assolutamente sì, noi in realtà diventiamo Masai in quei giorni, dormiamo
per terra, mangiamo unicamente il loro cibo e quello che hanno in quel momento.
Antonietta Chiodo: Come è entrato l’argomento FGM
all’interno del vostro progetto?
Giorgio Girella: Noi in realtà siamo vicini loro dal 2008, questo argomento mi arrivò
addosso nel 2013, per caso, dal racconto di una donna della tribù di nome
Elisabeth, io ero seriamente ignorante al riguardo e non ne sapevo
assolutamente nulla, lei è una donna adulta, già madre da qualche anno e decise
di farci sapere cosa accadeva e di quanto fosse terribile ciò che le bambine
subivano.
Antonietta Chiodo: cosa accade precisamente in
quelle zone del Kenya, più precisamente nel distretto di kajiado dove operate
voi, insomma se voi non foste li, quale sarebbe la forma di tutela nei
confronti di queste bambine?
Giorgio Girella: Allora credo sia importante essere chiari, in Kenya nel 2007 venne rivista
la costituzione, ciò significa che le leggi vennero modificate in base ai tempi
moderni, tra queste leggi ce ne è una in particolare contro FGM, insomma questo
tipo di pratica in quello stato è del tutto illegale.
Antonietta Chiodo: Quindi come è possibile ci sia
un tasso così alto di mutilazioni genitali femminili?
Giorgio Girella: 
Perché fa parte della loro cultura, lì non ci
sono controlli come qui, renditi conto che se io vado su quei territori chi mia
accompagna sa chi sono e sono dotato di documenti, mentre li, vivono nella
savana, allo stato selvaggio, come quando noi stiamo con loro ci adeguiamo al
loro stile di vita.
Antonietta Chiodo: Aspetta un attimo, da varie
riprese che ho visionato in quest’ultimo periodo si nota chiaramente come
alcune anziane mettano le mani avanti nei confronti della famiglia della
fanciulla, chiarendo che se accadesse il peggio il destino è stato a
chiamarla… quindi si muore di FGM?
Giorgio Girella: Certo che sì, si muore, noi siamo andati Boma per Boma, si intende la
capanna, a parlare con loro, quando tornammo ci rendemmo tristemente conto che
vennero infibulate molte bambine in nostra assenza.
Antonietta Chiodo: Scusa, ma se una bambina muore
cosa accade?
Giorgio Girella: Niente, muore (alza le spalle con uno sguardo sereno).
Antonietta Chiodo: Come niente, scusami una
bambina muore, io comprendo il diritto delle culture tribali ma di fronte alla
morte soprattutto di un minore questa è la tua reazione?
Giorgio Girella: Cerco di farti comprendere la situazione, immagina delle persone che
girano nella savana e vivono nelle capanne, pensi che abbiano passaporti o
documenti? Se io sparisco, non se ne accorge nessuno, nessuno li sa della mia
esistenza. Stessa situazione per i bambini, soprattutto se una bambina muore
durante una pratica di FGM, conoscono il rischio che si corre e le donne, le
detrattrici si fanno pagare bene per questa pratica. Renditi anche conto che
cambia molto da famiglia a famiglia, chi ha i soldi subisce un intervento,
chiamiamolo così, con metodi più attenti, quindi con attrezzature sterili,
mentre chi non ha i soldi con qualsiasi tipo di accessorio tagliente, dal pezzo
di lamiera al fondo di bottiglia.
Antonietta Chiodo: Cosa è cambiato da quando nel
vostro lavoro di mediazione culturale con il popolo Masai è entrato l’argomento
delle mutilazioni genitali femminili?
Giorgio Girella: Da quando abbiamo cominciato questo discorso con loro, sono cambiate molte
cose, prima il 100% delle donne era infibulato, ora l’80% è contrario
all’infibulazione. Siamo stati accanto a loro, parlando e cercando di fare
capire come stavano le cose, una volta all’anno nelle scuole del posto parliamo
di infibulazione, quali sono i rischi reali che anche loro conoscevano e fare
comprendere che la donna è donna anche senza l’infibulazione.
Antonietta Chiodo: Con la parte di popolazione
maschile che tipo di Comunicazione avete instaurato?
Giorgio Girella: Chiariamo senza mezzi termini che le donne sono i veri motori dell’Africa,
tutto va avanti grazie a loro e infatti sono anche in gran numero maggiore in
merito agli uomini. Chiesero il nostro aiuto, noi gli rispondemmo come sempre
che se la sarebbero dovuta cavare da sole, che erano di più in confronto a loro
e che potevano prendere in mano la situazione in qualsiasi momento. Riuscimmo così
ad indire una riunione con gli uomini, non so nemmeno come fecero ma riuscirono
a convincerli, chiesero la mia presenza ed io restai li, semplicemente ad
ascoltare. La riunione è terminata bene, gli uomini si sono convinti e le hanno
ascoltate, sono state bravissime ed hanno fatto tutto da sole
Antonietta Chiodo: Come vedono la tua figura
all’interno di queste tribù Masai?
Giorgio Girella: Ti dico soltanto che per loro io sono “Musungu”, cioè l’uomo con
la faccia sporca di farina! Certo qualcosa sta cambiando, soprattutto nella
parte maschile, infatti spesso mi vedevano lavare i piatti, mi osservavano come
se fossi pazzo. Un giorno un uomo entrò nella capanna e cominciò a lavare i
piatti con me… scoprì che facendolo non sarebbe morto!
Antonietta Chiodo: Le famiglie non più in accordo
con la tecnica dell’FGM come si comporta con chi la pratica ancora?
Giorgio Girella:  Semplice non si mischiano tra loro.
Antonietta Chiodo: Quindi vi sono tribù separate
dall’alto bagaglio culturale di uno o il basso bagaglio culturale dell’altro?
Giorgio Girella: Esattamente, chi è rimasto primitivo resta con la sua gente, sono proprio
divisi, vivono lontani l’uno dall’altro.
Antonietta Chiodo: Cosa accade in merito a chi
viene ancora infibulato nel 2015?
Giorgio Girella: Da 7 anni in quei luoghi non esiste censimento, se qualcuno muore per
mutilazioni genitali non compare su nessun documento, abbiamo lavorato girando
in lungo ed in largo, nel 2013 quando salvammo la prima bambina per
infibulazione facemmo una grande festa, eravamo al settimo cielo!
Antonietta Chiodo: Come vive la vostra
associazione?
Giorgio Garella: La nostra associazione vive grazie a donazioni private ed all’interno non
vi è nessun dipendente. Ci occupiamo di informare le scuole, lavoriamo con i
licei, prendiamo il discorso alla larga usando l’argomento riferendoci ai
cambiamenti ed alle modificazioni corporee, esempio un tatuaggio od un piercing,
arrivando all’argomento di FGM. Adesso i giovani ne parlano e Bologna ha fatto
una informazione a tappeto sugli addetti in vari settori, dal bibliotecario al
farmacista.
Antonietta Chiodo: Qual è la tua soddisfazione
più grande ora come ora?
Giorgio Girella: Fargli comprendere l’importanza del cambiamento nel tempo, la cultura di
una tribù che si modifica in base alla loro conoscenza e non alla nostra, ma
solo per il loro bene. Ti faccio un esempio, prima che arrivassimo noi quel
poco che avevano da mangiare lo dividevano facendo a turno, partendo dai più
anziani e per ultimi restavano i bambini che si nutrivano solo di briciole. Ora
hanno cambiato questa loro tradizione, mangiano prima i bambini, perché si
rendono conto che sono il futuro.
Antonietta Chiodo: Cosa accade quando scoprite
una infibulazione in Italia? Come si comportano i servizi in questi casi?
Giorgio Girella: Quando lo scopriamo ovviamente è già avvenuto, gli asili e le scuole lo
segnalano immediatamente, una cooperativa qui vicino a noi ha vissuto una
esperienza del genere, accade che, la madre e la bambina vengono affiancate da
uno psicologo per aiutarle a fare questo percorso insieme, non accade
minimamente che la bambina venga allontanata dalla famiglia. Le si aiuta
insieme ad accettare e passare questo trauma.
Antonietta Chiodo: E’ bellissimo il vostro modo
di operare in questa situazione, non avete invaso un popolo, ma siete diventati
loro amici e li avete aiutati a comprendere…
Giorgio Girella: Si, non sono convinto che la nostra cultura sia migliore di un’altra,
ognuno ha da imparare ed ognuno ha da insegnare. Io continuo ad imparare molto
da loro.
Da questa esperienza si evince la possibilità di
una convivenza interculturale totalmente differente, nella semplice volontà di
conoscenza e bellezza di chi intraprende strade come quella dell’associazione La
Nostra Africa
di Bologna.