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La versione italiana della nostra intervista con l’autrice Evelyn Hecht-Galinski su Palestina Rossa

Buongiorno dalla redazione italiana di ProMosaik e.V.,

vorrei ringraziare Palestina Rossa per la pubblicazione della versione italiana della nostra intervista con l’autrice Evelyn Hecht-Galinski.

Grazie mille!!

Dr. phil. Milena Rampoldi di ProMosaik e.V.

http://www.palestinarossa.it/?q=it/content/story/l%E2%80%99intervista-di-promosaik-ev-con-l%E2%80%99autrice-evelyn-hecht-galinski

L’intervista di ProMosaik e.V. con l’autrice Evelyn Hecht-Galinski

Vista
la grandiosa risonanza che abbiamo raggiunto in Germania con
l’intervista all’autrice di origine ebraica e sostenitrice dei diritti
dei palestinesi Evelyn Hecht-Galinski, ho deciso di presentare
l’intervista anche in Italia. Per ProMosaik e.V. la Signora
Hecht-Galinski è una persona intelligente, coraggiosa, impegnata e
soprattutto vera. 
La recensione del suo libro “L’undicesimo comandamento: Israele può tutto” è già stata pubblicata da Palestina Rossa nella sua versione italiana.
L’intervista tratta di diritti umani e giustizia, pace e pari
opportunità… Israele è l’opposto di tutto ciò: si caratterizza infatti
come uno stato ingiusto e oppressore nei confronti del popolo
palestinese. Il consiglio dell’autrice è quello di immischiarci!
Opponetevi dunque al
doppio standard e al lavaggio del cervello operato dai media israeliani
ed occidentali quando si tratta di Palestina! Opponetevi alla
manipolazione dell’olocausto a favore di un regime che disprezza la
dignità umana dei palestinesi! Pensate in senso anticolonialista e agite
di conseguenza! Solo in questo modo si realizza la PACE.
Verità e
informazione, diritti umani e democrazia, veridicità e coraggio: ecco
che cosa possiamo apprendere dall’autrice Hecht-Galinski e dal suo
libro. Ecco l’intervista che ho condotto insieme a lei.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Signora Hecht-Galinski, quali sono gli aspetti che come ebrea l’hanno fatta dubitare della facciata del regime israeliano?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Già da ragazza con mio padre discutevo della religione e della sua
strumentalizzazione. Questo fatto mi irritava alquanto, quando andavo
alle manifestazione della comunità ebraica o al centro giovanile e si
cantava l’inno nazionale israeliano Hatikva.
Come cittadina
tedesca di origine e religione ebraica non riuscivo affatto a
comprendere questa identificazione totale con il cosiddetto “stato
ebraico”. Ma ero stata educata in modo talmente tollerante e dunque
inizia presto ad orientarmi diversamente.
Più tardi, dopo
alcuni viaggi nel cosiddetto “Stato ebraico”, ho notato ben presto
l’arroganza degli israeliani nei confronti degli arabi/palestinesi.
Non mi sono mai
trovata bene in Israele. Dopo molte letture di testi politici,
naturalmente sul tema del conflitto palestinese-israeliano, ho iniziato a
oppormi alla politica dell’occupazione israeliana, scrivendo lettere a
quotidiani sovraregionali quali l’SZ e il F.A.Z.
Mi opponevo anche
radicalmente ai successori di mio padre presso lo Zentralrat der Juden
in Germania. Quello che mi irritava di più era il fatto che proprio in
Germania i media intellettuali lavorano secondo un doppio standard
quando si trattava dello stato di Israele.
Al momento abbiamo a
che vedere con un dibattito sulla tematica dell’antisemitismo,
fomentata dai lobbisti israeliani per distrarre dai crimini dello “Stato
ebraico”.
Infatti ogni critica rivolta a questi crimini viene etichettata quale espressione di antisemitismo.
Chi tace sui crimini
contro il diritto dei popoli e i crimini di guerra commessi da Israele
nei confronti dei palestinesi, si rende complice.
Dr. phil. Milena Rampoldi:
Lei per me è un’antisionista umanista e pacifista. Che possibilità di
collaborazione vede con gli antisionisti ebrei credenti e quali limiti e
quali problemi porterebbe portare con sé questa cooperazione?
Signora Evelyn Hecht-Galinski: Nel
conflitto politico la fede non conta. Quando si tratta di umanità e di
violazioni dei diritti umani, il criterio è la carta dei diritti umani,
alla quale si riferiscono sempre le democrazie occidentali. Tra gli
autori della Carta figuravano anche ebrei e musulmani.
Ma né la politica
del cosiddetto “Stato ebraico” né i metodi di tortura degli USA
corrispondono alle esigenze di questa Carta. E anche George W. Bush fece
riferimento alla religione cristiana per giustificare la sua guerra
contro il terrorismo che considerava un compito cristiano.
Mi fa rabbia sentir
sempre parlare dell’Islam come religione violenta, mentre invece
l’ebraismo sarebbe la religione della pace. Invece vedo più
strumentalizzazione della religione e più violenza nell’Antico
Testamento al quale fa riferimento il cosiddetto “stato ebraico” nelle
sue leggi.

Proprio nell’attuale campagna elettorale
israeliana vedo un numero inquietante di strumentalizzazioni
dell’ebraismo da parte dei coloni e dei politici.
Basta pensare
all’esempio di Avigdor Lieberman, il ministro degli esteri israeliano,
che richiede di decapitare gli “arabi israeliani sleali”.
Perché non ci
indigniamo? Perché non ci opponiamo ai rabbini razzisti che incitano ad
uccidere i palestinesi e a distruggere Gaza?
L’islamofobia
praticata in Germania da diversi editori e dai media ha assunto delle
dimensioni inquietanti che poi hanno causato la formazione di Pegida e
di gruppi islamofobi simili. Perché i musulmani devono scusarsi sempre
dei propri estremisti e prenderne le distanze? Perché invece i cittadini
di origine ebraica non devono prendere le distanze dai crimini dello
stato di Israele e i cristiani non devono prendere le distanze dalle
guerre occidentali o da altri crimini?
Se la fede prevale,
un conflitto politico diviene difficilmente gestibile. E in ciò consiste
l’obiettivo di coloro che perseguono degli scopi del tutto diversi da
quelli dell’affermazione dei valori occidentali o della difesa della
propria religione.
Ma in Palestina si
continua a morire: muoiono numerosi bambini, tante donne e moltissimi
civili che sono stati mutilati in modo terrificante o violentemente
uccisi.
Basta pensare
all’ultimo massacro di Gaza delle cosiddette “forze di difesa
israeliane” in cui morirono oltre 2600 palestinesi. E non si deve solo
parlarne, ma una cosa del genere deve essere impedita! Gaza è un campo
di concentrazione e il blocco israeliano ed egiziano deve essere
immediatamente eliminato. L’occupazione illegale e l’annessione della
parte orientale di Gerusalemme devono essere immediatamente terminate.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Come pensa si possa combattere nel modo migliore il lavaggio del cervello israeliano?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Quello che fanno gli israeliani in Israele, non lo si può combattere.
Infatti già alla scuola materna ed elementare i bambini vengono
appassionati per l’esercito.
Non si può che
informare e ammonire, quando arriva la prossima campagna mediatica della
lobby israeliana… considerando il fatto che queste campagne sono
praticamente continue.
L’internet è una
possibilità per opporsi a questa propaganda. La maggior parte dei
cittadini tedeschi oramai diffida dei media tradizionali e preferisce
informarsi in modo indipendente. Come diceva Kurt-Tucholsky, per i media
le menzogne fanno parte del gioco.
Molti tedeschi
oramai non sono più d’accordo con il sostegno che il governo tedesco
offre al regime di Tel Aviv. Per lo stesso motivo rifiutano anche le
campagne di diffamazione contro Putin e la Russia.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Perché per il Suo libro ha optato per il titolo L’UNDICESIMO COMANDAMENTO?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Perché ci sono 10 comandamenti strumentalizzati dallo Stato di Israele
che manipola l’ebraismo per i suoi scopi politici sionisti. Israele può
tutto! Israele vuole tutto fuorché la pace!
Dr. phil. Milena Rampoldi: Se dovesse riassumere in poche parole il Suo bellissimo libro L’UNDICESIMO COMANDAMENTO, che cosa direbbe?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Riassumendo i miei articoli sulla base dei fatti, ho cercato di
informare i lettori e di mostrare loro l’ingiustizia commessa dalla
forza di occupazione israeliana nei confronti dei palestinesi per
liberarli dai pregiudizi e dalla propaganda menzognera.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Quali sarebbero per Lei i pilastri di un’educazione antisionista ed umanista per i giovani israeliani di oggi?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Non vale la pena pensarci. Sarebbe già un buon inizio se i libri di
scuola dello stato israeliano informassero sulla nakba e sulla pulizia
etnica nei confronti dei palestinesi. La Professoressa NuritPellet ha
analizzato l’immagine deformata della Palestina in Israele. La Sua opera
intitolata La Palestina nei libri di scuola dovrebbe far parte del
curriculum scolastico israeliano.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Fino a che punto ritiene vi sia un forte legame oggi tra il sionismo e le lobby delle armi?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
Si tratta di due modelli commerciali che si condizionano a vicenda – in
ogni guerra di Gaza l’apparecchiatura di successo dell’industria delle
armi israeliana può essere testata sul campo – non ci sono dunque
argomentazioni di vendita migliori per esportare queste armi in tutto il
mondo.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Lei chiama Netanyahu un “errore storico”. Che cosa lo distingue dai suoi predecessori?
Signora Evelyn Hecht-Galinski: In
fin dei conti solo la sua presenza arrogante. Per il resto agisce come i
suoi predecessori. Erano corrotti, continuavano a occupare la Palestina
e strumentalizzavano l’olocausto per giustificare la loro politica
disumana.
Dr. phil. Milena Rampoldi: Che cosa desidera per il futuro del Medio Oriente e dei suoi figli?
Signora Evelyn Hecht-Galinski:
La pace e uno stato, un governo palestinese che rappresenta gli
interessi della sua popolazione. Una Palestina senza occupazione, senza
governo corrotto. Un mondo che probabilmente non vedrò mai!
Come tedesca di origine ebraica mi sento obbligata ad immischiarmi nella regione.

Dr. phil. Milena Rampoldi dell’associazione ProMosaik e.V.