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Apartheid all’Italiana di Giulio di Luzio – il paradigma razzista italiano

Di Milena Rampoldi, ProMosaik. Oggi con il giornalista ed autore Giulio Di Luzio ho parlato del suo libro “Apartheid all’Italiana” che spiega in prospettiva storica perché il nostro paese non è un paese accogliente, ma un paese che ha sviluppato un suo tipo del tutto particolare di apartheid. Il libro lo trovate qui.  

Perché hai scelto di intitolare il tuo libro “Apartheid all’Italiana”?

Dalla fine degli Ottanta l’Italia interviene in materia di immigrazione con una legislazione schiacciata sull’ossessione dell’emergenza, dell’invasione e dell’ordine pubblico. Questa impostazione non è cambiata sino ai nostri giorni, dando una lettura securitaria a un fenomeno, appunto le migrazioni, che nel Belpaese non ha mai raggiunto soglie emergenziali.

Che miti vorresti sfatare con questo libro?

Il mito delle ipocrite presuntività, quello di un Paese mite e accogliente, mammone e sentimentalista, del mandolino, della pizza e degli spaghetti. Viceversa l’Italia ha dimostrato in questi 40 anni di immigrazione un grumo cinico e vendicativo alla base del suo modo di porsi rispetto ai migranti, giunti sul suolo patrio. E non parlo solo della classe politica consociativa e trasversale, da destra a sinistra, ma anche del mondo dell’informazione ormai genuflesso ai diktat dei politici.

Cosa intendi col titolo che dai all’ultimo capitolo “Non è che l’inizio”?

Che il fenomeno epocale delle migrazioni nel mondo non si arresterà mai, in quanto direttamente collegato agli squilibri demografici, ambientali e politici, determinati dalle potenze occidentali con la loro manìa di egemonia e neocolonialismo sui Paesi poveri, i quali oggi chiedono un posto alla tavola dei ricchi del pianeta, che hanno depredato le loro terre. E che ben presto i popoli oppressi chiederanno conto dei genocidi perpetrati dall’imperialismo dell’Occidente ai loro danni.

Il video lo trovate qui:

Che forme di razzismo si ritrovano in Italia?

Il libro su questo è puntuale e rigoroso con documenti incontrovertibili e dati scientifici. Il razzismo italiano si costruisce in Parlamento con una legislazione discriminatoria e trova nei media mainstream egemoni una sponda propagandistica, capace di condizionare l’opinione pubblica nella percezione del fenomeno.

Che impatto ha il Covid sul panorama razzista del nostro paese?

Sicuramente peggiorativo in quanto le restrizioni delle libertà individuali e collettive stanno ricadendo pesantemente sugli spazi di vita reale dei migranti, ai quali lo Stato resta indifferente e i media rispondono con narrazioni truccate, che inducono gli italiani ad aumentare la diffidenza verso i nuovi arrivati.

Spiegaci che rapporto vedi tra capitalismo, neo-imperialismo e razzismo nel nostro paese.

Il razzismo è una delle espressioni della visione del mondo propria del capitalismo e delle forme egemoniche di rapina e occupazione delle terre e delle ricchezze dei paesi poveri, che chiamiamo imperialismo. L’Italia è un anello di questa catena, che non può che generare discriminazione razziale.

Parlaci di Jerry Masslo.

È stato un profugo politico sudafricano, riparato in Italia grazie ad Amnesty International. Scappò dalla sua terra negli anni dell’apartheid del regime segregazionista del Presidente Botha. La sua morte, avvenuta in un casolare abbandonato in provincia di Caserta il 24 agosto 1989, dove riposava insieme ad altri africani dopo la dura giornata di raccolta del pomodoro, cambiò il volto dell’Italia di fronte al tema immigratorio, all’epoca completamente ignorato. La classe politica, il mondo dell’informazione e la cosiddetta società civile restarono impietriti di fronte a un profugo assassinato durante una rapina nella patria terra italiana. La sua morte fu il germe che diede vita al movimento antirazzista in Italia. Per dare l’idea del clamore che ebbe la sua morte, serve ricordare che il suo funerale fu trasmesso in diretta in televisione.

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