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Letteratura dell’esilio dei tedeschi Sudeti e dei palestinesi – ProMosaik intervista la Prof. Hala Farrag

di Milena Rampoldi, ProMosaik, 11 aprile 2021. Qui di seguito la mia intervista con la Prof. Hala Farrag, esperta in germanistica e ricercatrice nel campo della letteratura comparata che permette di costruire ponti tra le culture. Abbiamo parlato delle sue opere, della Palestina, di islamofobia e degli studi letterari al servizio della comunicazione interculturale. ProMosaik LAPH di recente ha pubblicato la traduzione italiana del suo saggio sulla letteratura dello sfollamento in Mühlberger e Kanafani. Il link del libro lo trovate qui.

Che importanza riveste la letteratura comparata per la comunicazione interculturale e perché?

Lo scopo degli studi letterari comparatistici consiste nel mettere in rilievo somiglianze e differenze tra due letterature nonché influenze dirette e indirette che spesso si riferiscono a determinate opere, generi o anche tendenze letterarie nella loro interezza. Mi sono specializzata nel settore della linguistica comparata che persegue l’obiettivo leggermente diverso di paragonare determinati fenomeni linguistici in due lingue. Spesso nelle mie ricerche parto da una particolarità stilistica particolarmente evidente in un genere letterario o da un certo autore, cercando poi di spiegare e dimostrare la sua rilevanza nei testi esaminati. Il lavoro più dispendioso in termini di tempo è trovare delle corrispondenze nella letteratura da paragonare, considerando il genere, l’argomento, la tendenza letteraria e cosa non meno importante l’epoca storica. L’aspetto particolarmente interessante di questo lavoro consiste nel fatto che spesso ci sono talmente tante somiglianze che superano le proprie aspettative iniziali. E questo lo si può dire nonostante il fatto che a prima vista il tedesco e l’arabo siano due lingue talmente diverse e distanti dal punto di vista geografico ed etimologico. Ed è proprio in queste somiglianze che si scoprono le prove della natura universale delle esperienze umane e del modo in cui vengono espresse in termini letterari che ovviamente oltrepassano le caratteristiche di ciascuna lingua.

Ci parli del Suo saggio su Oswald von Wolkenstein e Abu ‘l-‘Atahiya.

Questo saggio è un esempio calzante di quanto affermato sopra. Inizialmente conoscevo solo il famoso poeta arabo medievale ‘Abu’ l-‘Atahiya per i suoi detti famosi, citati di frequente, e riferiti alla caducità del mondo. Ho cercato a lungo un equivalente nella letteratura tedesca finché alla fine ho trovato il trovatore tirolese medievale Oswald von Wolkenstein. L’aspetto che mi ha più affascinato di lui è stato lo stile comune dei due poeti, che non si conoscevano né potevano essere influenzati l’uno dall’altro, poiché il poeta abbaside era vissuto circa settecento anni prima e le sue poesie furono tradotte in tedesco appena nel XX secolo. Tuttavia, si trovano tante espressioni e forme linguistiche comuni, soprattutto nelle formule in cui si rivolgono direttamente o indirettamente ai rispettivi destinatari sollecitandoli a disapprovare questo mondo, a pentirsi dei propri peccati, a rivolgersi a Dio, a fare il bene e a ricordare la morte. Dunque, la tematica comune, il genere comune, vissuti e trattati da entrambi i poeti e allo stesso tempo le esperienze umane comuni riguardano l’amore non ricambiato e la prigionia. La loro solitudine e il pentimento dei loro peccati in questo caso hanno permesso una produzione linguistica talmente simile, soprattuto per quanto riguarda la struttura della frase, al fine di esprimere i comandamenti e le proibizioni. L’influenza delle rispettive sacre scritture (l’Antico e il Nuovo Testamento o il Corano) si ritrova chiaramente in entrambi i poeti. In questo contesto si nota chiaramente fino a che punto le due scritture si assomiglino a livello stilistico.

Che importanza riveste il fatto di affrontare la storia di Granada per comprendere il patrimonio arabo europeo?

I romanzi storici che ho esaminato nel mio saggio “Vocabolario arabo (prestiti arabi) nei romanzi storici selezionati per la ricostruzione della caduta di Granada” ne sono un buon esempio. Il lettore, in particolare nell’opera di “Die Maurin” di Lea Korte, deve confrontarsi con una grande quantità di lessico formato da parole arabe trascritte o da prestiti tedeschi, spagnoli o francesi provenienti dalla lingua araba. Le autrici (anche Christiane Gohl e Brigitte Riebe) in questo modo cercano di ricostruire dei componenti caratteristici della cultura andalusa dell’ultimo regno: Attraverso i termini architettonici (cupola, fregio), i termini relativi alle decorazioni per la casa (materasso, baldacchino), ai capi di abbigliamento (grembiule, burnous, caftano) e ai tessuti (damasco, garza), all’arte culinaria (zafferano, kand) e alla guerra (calibro, fanfara, Carrack, albatozas, arquebus), questa cultura perduta riacquista tratti di vitalità. Tracciando il viaggio di queste singole parole nelle lingue europee – appoggiandosi a numerosi lessici delle lingue intermedie e delle fonti storiche – si può vedere fino a che punto la cultura arabo-islamica abbia influenzato queste lingue.

Che importanza riveste la prospettiva non-orientalistica sul mondo arabo?

Il mondo arabo da oltre due secoli fino ad oggi è vittima delle conseguenze del colonialismo e dei regimi corrotti post-coloniali che sono in gran parte responsabili dell’arretratezza scientifica di questi paesi. Tuttavia, questo non significa che queste società non abbiano svolto un ruolo pionieristico nel loro periodo di massimo splendore. Solo una visione scientifica basata sui fatti e non sul pregiudizio è fondamentale per attribuire alla cultura araba la fama che si merita. Nel caso degli arabismi menzionati sopra, ad esempio, purtroppo ho avuto modo di constatare che una serie di elementi lessicali in lingua tedesca negano o semplicemente trascurano l’origine araba di numerosi tra questi elementi lessicali. Spesso si menziona l’origine francese, spagnola o italiana del rispettivo termine, trascurando il fatto che i lessici etimologici delle lingue intermedie confermino l’origine araba di questo termine.

In che modo degli studi come il tuo possono sostenere la lotta contro l’islamofobia in Europa?

Per rispondere a questa domanda vorrei rifarmi al saggio su Oswald von Wolkenstein e ‘Abu’ l-‘Atahiya: Nel corso di questo progetto di ricerca si potrebbero ottenere altri risultati importanti anche a livello teorico: Mentre i linguisti occidentali scoprirono e iniziarono a ricercare l’aspetto comunicativo-pragmatico del linguaggio e gli elementi linguistici appena alla fine del Novecento, i filologi arabi medievali come as-Sakkākī riconobbero questo aspetto già nel Duecento, descrivendolo in dettaglio come جم المعاني (ʽIlm al-maʽānī), cioè come il significato delle forme grammaticali, spiegandolo e classificandolo. Un trattamento privo di pregiudizi delle filologie e/o culture straniere avrebbe permesso alla scienza di risparmiare secoli di lavoro in questo campo. Tali e simili intuizioni possono anche aiutare a modificare la visione critica della cultura arabo-islamica.

Che cosa hanno in comune Josef Mühlberger e Ġassān Kanafānī? Come possono studi come questi sostenere la sensibilizzazione sulla questione palestinese?

Josef Mühlberger e Ġassān Kanafānī sono entrambi vittime della seconda guerra mondiale e della successiva espulsione di massa di molti popoli dalla loro patria. Mühlberger era uno scrittore di prosa tedesco dei Sudeti della Boemia settentrionale che, insieme a milioni di altri tedeschi che vivevano al di fuori dalla Germania, fu costretto a emigrare in Germania. Descrive gli orrori della fuga forzata in un paese straniero e la perdita di identità in opere di prosa sofisticate dal punto di vista linguistico. Ġassān Kanafānī è l’unico scrittore arabo tradotto completamente in tedesco. È uno dei pochi scrittori di prosa palestinesi che in una fase molto precoce ha affrontato la sofferenza del proprio popolo in termini letterari. A soli dodici anni visse l’espulsione dei palestinesi dalla loro patria; fu testimone oculare di sanguinose battaglie dopo la spartizione della Palestina nel 1948 e in tenera età iniziò ad essere il portavoce di questo dolore ma anche della lotta contro le conseguenze politiche ed esistenziali dello sfollamento, compresa la povertà, la perdita di membri della famiglia e l’esistenza priva di documenti.

La perdita della patria in entrambi gli autori si riflette nella focalizzazione particolare sullo “spazio”. Mühlberger, che lasciò la sua terra natale all’età di 43 anni, utilizza diversi spazi al fine di ricostruire metaforicamente la sua terra natale; gli elementi nella patria perduta spesso appaiono instabili e persino dinamici nelle aree di transito, il che riflette dei sentimenti di insicurezza. Nell’opera di Kanafānī, invece, gli spazi in molti luoghi fungono da metafore che esprimono la perdita sia di persone che di sentimenti, ricordi e persino di impressioni acustiche.

A mio parere, tali studi dovrebbero fornire ai lettori di lingua tedesca una visione di un argomento quasi tabù, ovvero quello riguardante la letteratura sull’espulsione. Si tratta di un genere letterario che anche nel contesto della letteratura tedesca non ha vita facile: Infatti, questo episodio della storia del secondo dopoguerra viene messo da parte: Gli immigrati tedeschi dunque dovevano integrarsi e dimenticare semplicemente la loro terra natale.

Per quanto riguarda Ġassān Kanafānī, il mio saggio cerca di presentare l’elaborazione linguistica della catastrofe palestinese (nakba) e le dimensioni della perdita della patria vista a partire dalla prospettiva di un “testimone diretto”: Contrariamente alla letteratura tedesca sull’espulsione, quella palestinese è ancora attuale fino ai nostri giorni: La sofferenza di Kanafānī allora è la sofferenza di numerosi palestinesi oggi: Sono senza patria, hanno perso la loro identità e vivono senza documenti. Il conflitto palestinese è una ferita aperta da oltre settant’anni; e non è l’unica: Basti pensare all’Iraq, alla Siria e allo Yemen che altro non sono che una nuova “Palestina” e sperano in una soluzione.