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Bisogna proteggere i bambini musulmani come gli altri: appello di personalità ebraiche in Francia


TRIBUNA. « L’infanzia non deve destare sospetto, ma protezione », stimano 42 personalità ebraiche, preoccupate per le segnalazioni e i procedimenti giudiziari contro dei bambini accusati di compiacenza nei confronti del terrorismo.

Dall’assassinio di Samuel Paty centinaia di bambini e adolescenti si sono visti accusare di compiacenza nei confronti del terrorismo, segnalati alle autorità del rettorato, querelati per apologia del terrorismo. Alcuni bambini di quinta elementare hanno passato una giornata intera in trattenimento giudiziario, ascoltati in un commissariato. Altri hanno subito perquisizioni e interrogatori, a volte semplicemente perché erano in possesso di un foglio scritto in arabo.
Le cifre trasmesse dalla stampa non lasciano dubbi. La sorveglianza, soprattutto di bambini musulmani, voluta dal ministro dell’Istruzione pubblica, è stata seguita da una parte dei dipendenti della pubblica istruzione e ha portato a un trattamento differenziato di alcuni bambini.
In effetti, la costituzione di un dispositivo di controllo di questo tipo – sostenuto con ripetuti discorsi che mettono in avanti i musulmani come candidati privilegiati della radicalizzazione – è seguita necessariamente da una forma di sospetto generalizzato nei confronti di una parte della popolazione, e condivisa da non poche persone, più o meno convinte.
Eppure l’infanzia non deve destare il sospetto, ma la protezione. L’interesse superiore del bambino è proteggerlo da ogni minaccia contro il suo essere bambino, e, di conseguenza, contro i suoi diritti di fatto. È proprio di questo di cui sono stati privati le centinaia di bambini segnalati e/o denunciati per apologia del terrorismo. Per loro, non sarà questione di ascolto e accompagnamento, ma di procedure giuridiche e sanzioni penali e/o scolastiche.
I bambini della Repubblica e gli altri
È una linea di demarcazione che si traccia tra i bambini che continuiamo a proteggere e quelli invece che sacrifichiamo sull’altare dell’attualità. Tra i bambini che la Repubblica riconosce come i suoi, e i bambini degli altri. La contraddizione tra il posto accordato all’infanzia nella nostra società e il trattamento dei bambini musulmani rivela la portata politica di una tale differenza di trattamento. Se è necessario torcere i nostri principi etici fino a romperli, è perché questi bambini sono pericolosi per i nostri bambini.
Dobbiamo constatare che la focalizzazione dei bambini musulmani accompagna una politica più generale di stigmatizzazione delle comunità musulmane come «corpi estranei », se non addirittura come nemici dell’interno. Il tentativo, parzialmente riuscito, di mobilitare la scuola e i dipendenti della pubblica istruzione in questa impresa politica, è terribilmente inquietante. Denota la persistenza del rigetto dei musulmani, che funziona sempre di più come un codice culturale diffuso nell’intera società civile.
Se la storia deve prendere parte alla nostra bussola politica per il presente, allora è impossibile non evocare l’esperienza di migliaia di bambini ebrei, francesi o stranieri, spogliati della propria infanzia e della loro dignità da parte dell’agenda politica di Vichy e dal suo sospetto antisemita. Se si è potuto consegnare alla barbarie delle migliaia di bambini ebrei, è perché l’antisemitismo era così radicato nell’immaginario collettivo francese che questo fatto non ha sollevato più di tanto delle resistenze all’interno della società.
Non si tratta certo di paragonare due momenti storici così diversi, né di assimilare da ogni punto di vista l’antisemitismo degli anni Trenta e l’islamofobia di oggi. Tuttavia, allertare sulle forme di continuità e di trasferimento tra il passato e il presente ci sembra, nel periodo attuale, essenziale per contenere e prevenire ogni forma di regressione brutale.
Contenere la logica funesta
Il periodo di crisi acuta che attraversiamo alimenta la nostra inquietudine, perché è dal sospetto e dalla lacerazione che nascono i mostri. Anche le certezze più solidamente ritenute come irremovibili si erodono. L’emancipazione degli ebrei, dopo la Rivoluzione francese, non ha impedito lo sviluppo e la diffusione di un antisemitismo assolutamente adattato alla società francese moderna e aspettava solo un evento sufficientemente traumatico per far saltare le ultime dighe repubblicane. La tendenza sociale andava già contro gli ebrei, ma l’occupazione tedesca le aprirà le porte del potere.
Assistiamo, da oltre due decenni, a un aumento della stigmatizzazione delle comunità musulmane in Francia. Prende oggi una svolta preoccupante, in un periodo in cui non si finisce di accumulare la rabbia e il risentimento delle categorie più relegate socialmente. Le posizioni e le misure del governo si iscrivono in una logica di accentuazione di spaccature e risentimenti. Seguono, così, molto più una logica guerriera che un’iniziativa di tranquillità e di protezione collettiva. Noi, membri della società civile, ebrei·e o di origine ebraica, lanciamo un appello per arrestare questa logica funesta.
In questo senso, ringraziamo i·le numerosi·e insegnanti, professori e istitutori, che hanno saputo tener duro e hanno denunciato gli incitamenti a perseguire la politica del governo nei loro istituti. Ringraziamo anche tutti gli attori dell’educzione popolare e della protezione dell’infanzia, mobilitati ad accompagnare i bambini in questo periodo difficile.
Primi firmatari :
Rony Brauman, medico saggista, ex-presidente del MSF
Gérard Haddad, psicanalista
Dominique Vidal, giornalista , storico
Éric Hazan, editore
Ron Naiweld, storico, ricercatore al CNRS
Joëlle Marelli, traduttrice, ricercatrice indipendente
Sonia Dayan Herzbrun, professoressa emerita dell’università di Parigi
Annie Ohayon, produttrice
Eyal Sivan, regista
Dominique Natanson, animatore del sito Memoria ebraica e educazione
Mihal Raz, sociologo, EHESS
Tal Dor, sociologo, Università Paris VIII
Ariella Azoulay, professoressa di cultura moderna e media, e letteratura comparata Università Brown Providence USA
Mariane Vl Koplewicz, Edizioni du Souffle
Henri Goldman, rivista Politique, Bruxelles
Madeleine Estryn-Behar, medica
Michel Emsalem, matematico
Suzanne Körösi, universitaria
Naruna Kaplan de Macedo, regista
Didier Epsztajn, editore presso Syllepse
Leslie Kaplan, scrittrice
James Cohen, Università Sorbonne Nouvelle (Paris 3)
Gabriel Hagaï, rabbino
Patrick Silberstein, editore presso Syllepse
Corinne Sibony, consulente psicologa scolastica
Raphaël Cahen, Dottorando in Filosofia a Toulouse Jean-Jaurès
Elsa Roland, ricercatrice, ULB Bruxelles
Julien Cohen-Lacassagne, scrittore
Michèle Faÿ, militante associativa
Gérard Faÿ, universitario
Evelyne Reberg, autrice libri per la gioventù
Michèle Sibony, insegnante
Michel Warschawski, militante anticolonialista
Jonas Sibony, insegnante, ricercatore
Michel Staszewski, Université libre di Bruxelles
Simon Assoun, educatore specializzato nella protezione dell’infanzia
Fabienne Brion, UC Louvain, facoltà di diritto e criminologia
Leila Vidal-Sephiha, Assistente alla regia al Schauspielhaus di Zurigo
Lorenzo Graf, organizzatore di tournée
Chilea’s, beatmaker e DJ
Revital Madar, scienze politiche, Reims
Adolfo Kaminsky, fotografo