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Il conflitto in Nagorno Karabakh e gli interessi in gioco

Gabriele Cinotti & Raffaele Timperi 11/10/2020

Nelle ultime settimane sono ripresi i combattimenti tra Armenia e Azerbaijan per il controllo della regione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh, lo scontro militare tuttavia in pochi giorni si è esteso ben al di fuori della regione contesa con bombardamenti aerei incrociati nei rispettivi paesi e scontri nelle zone del confine settentrionale. 


Per comprendere le ragioni di questo conflitto è utile prima di tutto comprendere come questo si integra nel contesto più generale dello scontro inter-imperialista e quali sono gli interessi immediati e strategici in gioco nella competizione tra monopoli nella regione.

Il contesto storico del conflitto
Durante il XIX secolo il Caucaso è stato terreno di scontri tra i tre imperi Ottomano, Persiano e Russo [1] che, in costante competizione tra loro, non si sono fatti scrupoli nel fomentare le differenze etnico-religiose tra le diverse popolazioni della regione, al fine di ottenerne il controllo.
L’impero ottomano vide negli armeni, di religione ortodossa come i russi, una fonte di instabilità, perciò mise in atto una brutale repressione. [2] Parallelamente gli zar cominciarono una campagna di “russificazione” dei territori turcofoni conquistati nell’attuale Azerbaijan, cercando di usare la propria influenza sulle minoranze che abitavano i territori avversari per aizzare l’odio e destabilizzarsi a vicenda. [3]
Con il collasso dell’impero ottomano, in seguito alla Prima guerra mondiale, il popolo armeno e quello azero entrarono a far parte dell’Unione Sovietica. [1] Si aprì per la regione un lungo periodo di pace e sviluppo sociale, in cui vennero sostanzialmente messe da parte le differenze etnico-religiose.
Gli effetti di centinaia di anni di scontri nella regione riemersero in superficie sul finire degli anni ’80 del XX secolo. Il Nagorno-Karabakh, pur essendo un territorio a maggioranza armena, rimase all’interno della RSS Azera, pur con un elevato livello di autonomia. Nel periodo di incertezza e di collasso economico ed istituzionale, che ha caratterizzato la reintroduzione dell’economia di mercato durante la Perestroika, in URSS si riaccesero gradualmente i conflitti etnici, ed in seguito ad alcuni incidenti tra le due popolazioni nel 1988 il parlamento locale del Nagorno-Karabakh chiese la scissione dalla RSS Azera e l’incorporazione alla RSS Armena, che venne però negata dal Soviet Supremo dell’URSS. [5] Rapidamente si generò il caos. Le tensioni diventarono scontri, avvennero espulsioni forzate di massa su base etnica da entrambe le repubbliche [6][7] e, una volta scomparsa l’URSS e dichiarata l’indipendenza di Armenia ed Azerbaijan, si scatenò subito una guerra per il possesso del Nagorno-Karabakh. I combattimenti provocarono decine di migliaia di morti, anche secondo le stime più caute, tra cui migliaia di civili, e durarono fino al 1994. [8]
La guerra si concluse con un cessate-il-fuoco che sancì una sostanziale vittoria dell’Armenia e dell’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh (oggi formalmente chiamata repubblica dell’Artsakh). Infatti, la regione si dichiarò uno stato indipendente, ma passò di fatto sotto controllo armeno, continuando però a venire considerata a livello internazionale come parte dell’Azerbaijan. [9] Dal 1994 gli scontri non sono mai cessati, anche se non sono sfociati in una vera e propria guerra.
Gli sviluppi recenti
L’escalation degli ultimi giorni si inserisce in un periodo di accese tensioni tra i due schieramenti: da una parte l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia, e dall’altra l’autoproclamata repubblica di Artsakh (che di fatto controlla gran parte del territorio del Nagorno-Karabakh, formalmente parte dell’Azerbaijan) e l’Armenia.