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Israele annetterà la Valle del Giordano? Parte I

Olivier Flumian 07.09.2020
Il governo israeliano di Benyamin Netanyahu prevede di annettere la Valle del Giordano. Perché questa decisione viene presa ora? Che interesse rappresenta per Israele? Quali sono le minacce per i palestinesi? Quali sarebbero le conseguenze per la pace nella regione?

Pressenza esamina le questioni in gioco con Raphaël Porteilla, politico e docente all’Università di Borgogna, Hisham Abu Shahla, dottorando in scienze politiche all’Università di Borgogna e Abaher Al Skaha, professore di sociologia all’Università di Birzeit.
Cosa si intende per Valle del Giordano? Cosa significa questa regione per i palestinesi e per Israele?
La Valle del Giordano è la regione che va dal Lago di Tiberiade (a nord) al Mar Morto (a sud) attraversata dal fiume Giordano, che separa geograficamente la Giordania, da un lato, e Israele e i Territori Palestinesi Occupati, dall’altro. Quest’area copre, a seconda dei benchmark utilizzati, tra i 16.000 e i 2.400 km2 , che rappresentano circa un terzo dell’area della Cisgiordania. Vi risiedono circa 65.000 palestinesi e 11.000 coloni israeliani.
È una pianura molto fertile in un’area desertica, ricca di potenziale agricolo e strategicamente importante, perché dalla Giordania si accede alla Cisgiordania e a Israele. Controllare quest’area significa non solo controllare l’accesso a questa parte della regione, ma anche controllare l’accesso al fiume, all’acqua e quindi alla vita. Secondo il vocabolario israeliano, influenzato dalla religione, la Valle del Giordano fa parte della Giudea e della Samaria, ed equivale a quella che oggi chiamiamo Cisgiordania.
Dal 1948 al 1950, la Valle del Giordano, parte della Cisgiordania, è stata uno dei teatri di guerra tra il giovane Stato israeliano (autoproclamatosi indipendente il 14 maggio 1948 e riconosciuto dall’ONU nel 1949) e la Transgiordania e altri Paesi arabi. La Transgiordania, con il più potente esercito arabo della regione (la Legione araba), aveva in programma di annettere la maggior parte possibile della Palestina. Gli israeliani resistettero e respinsero i loro avversari nella città di Gerusalemme. L’armistizio ottenuto congelò le linee di frontiera, che divennero la “linea verde”. La Transgiordania proclamò l’annessione della regione ora conosciuta come Cisgiordania e si estese su entrambe le rive del fiume Giordano. Il 24 aprile 1950, il nuovo Parlamento giordano adottò il “decreto di unificazione” che confermava l’annessione della Cisgiordania da parte della Transgiordania. Infatti, tra il 1950 e il 1967, la Cisgiordania, cioè la Valle del Giordano, è stata parte integrante della Giordania.
Quando Israele occupò la Cisgiordania nel 1967, si concretizzò in qualche modo la ricerca dell’ideale sionista del Grande Israele. Si invocò poi l’argomento della sicurezza di Israele (“Plan Allon”), con gli insediamenti che funsero da “difese avanzate”. Da allora, gli insediamenti hanno continuato ad acquisire terre a beneficio dei coloni israeliani e in spregio alle innumerevoli risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU che condannano questa politica. Alla fine degli anni Settanta, il discorso ha preso una piega religiosa. Il movimento “Gush Emunim” (“Blocco della fede”) è stato sostenuto dall’ascesa al potere della destra nazionalista, incarnata dal Likud, che ha accelerato la presa delle terre arabe e la colonizzazione.
Con gli accordi di Oslo del 1993/95, la Cisgiordania è stata divisa in tre aree: A- 18% della Cisgiordania sotto il controllo civile e di sicurezza dell’Autorità palestinese; B- 20% della Cisgiordania sotto il controllo civile e di sicurezza israeliana; C- 62% della Cisgiordania sotto il pieno controllo israeliano. La Valle del Giordano fa parte dell’Area C sotto il pieno controllo israeliano. Solo la città di Gerico (una delle più antiche città del mondo) – e le sue immediate vicinanze – è stata oggetto di un accordo specifico nel 1995 ed è sotto l’autorità dell’Autorità Palestinese (AP). Da quel periodo fino ad oggi, la dominazione israeliana è stata messa in atto attraverso il suo esercito (zone militari), le cosiddette aree naturali (che sono quindi fuori dalla portata dei palestinesi) e gli insediamenti collegati tra loro da strade (vietate ai palestinesi). È una vera e propria rete (identica a quella del resto della Cisgiordania) che minaccia quotidianamente questa valle.
Come spiegare questa decisione nel contesto geopolitico globale e regionale?
Questa decisione merita di essere contestualizzata per essere compresa. Nel gennaio 2020, il presidente americano Trump ha reso pubblico il suo “Accordo del secolo” e desidera vederlo attuato rapidamente sia per ragioni politiche interne che internazionali. Egli ritiene di essere in grado di imporre una versione molto limitata della soluzione a due stati, che lui stesso descrive come “realistica”. Questa posizione è in realtà quella di B. Netanyahu, con il quale il suo emissario nonché genero Jared Krushner ha lavorato. Questo piano è stato preparato in anticipo con alcune decisioni come la chiusura dell’ufficio dell’OLP a Washington, il ritiro del finanziamento da parte degli Stati Uniti all’UNRAW, che si occupa dei rifugiati palestinesi e degli ospedali di Gerusalemme Est. Ha anche riconosciuto ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele trasferendovi l’ambasciata americana nel maggio 2018. Ha anche riconosciuto l’annessione da parte di Israele delle alture siriane del Golan nel marzo 2019. Infine, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato nel novembre 2019 che gli Stati Uniti non considerano più gli insediamenti israeliani in Cisgiordania contrari al diritto internazionale. Israele gode quindi del pieno sostegno dell’amministrazione Trump in un momento in cui l’Europa è presa da altri problemi interni, tra cui Brexit e i conflitti all’interno della NATO. Il governo israeliano conta anche sulle posizioni di Austria e Ungheria per bloccare una risoluzione dell’UE che imponga sanzioni contro Israele, se questo paese formalizzerà l’annessione. In questo contesto, la crisi della pandemia di coronavirus ha distratto da quanto stava accadendo nella zona e Israele ha avuto le mani libere di andare avanti con il suo progetto di annessione. Inoltre, poiché le rivolte popolari nei Paesi arabi hanno prodotto regimi politici di scarsa credibilità, l’opposizione all’annessione si è dimostrata debole, tanto da dare un vantaggio a Israele, soprattutto perché non c’è una posizione politica chiara e unanime sulla questione palestinese all’interno dei Paesi del Golfo. In Medio Oriente oggi dominano tre forze regionali: Israele, Turchia e Iran. La scommessa di B. Netanyahu è che Israele rimarrà l’alleato privilegiato dell’Occidente; la sua politica di annessione non sarà messa in discussione.
E nel contesto politico israeliano e palestinese?
Israele ha appena tenuto tre elezioni legislative in meno di un anno, suggellando una crisi politica senza precedenti nella storia di questo Stato. Indebolito anche da procedimenti legali, B. Netanyahu (contro il quale ha votato la maggioranza degli israeliani) ha dovuto negoziare con il suo rivale, B. Gantz, per formare un governo di coalizione eterogeneo ma unito su un punto concordato nella primavera del 2020: l’annessione del 30% della Cisgiordania occupata, in linea con il Trump Plan. L’accordo politico esprime una posizione che finalizza un processo già in corso da tempo. Così, la legge “Israele, Stato-nazione del popolo ebraico”, adottata dalla Knesset (Parlamento israeliano) nel luglio 2018, è un passo importante in questo processo di formalizzazione dell’apartheid israeliano e delle politiche discriminatorie nei confronti dei non ebrei. Da quando B. Netanyahu è salito al potere nel 2009, la sua scelta di alleanza con i partiti religiosi di estrema destra che si oppongono fortemente alla creazione di uno Stato palestinese ha costituito il quadro ideologico del suo pensiero. Il suo modo di fare politica consiste nel distruggere tutti i suoi avversari per diventare una figura ineludibile sulla scena politica israeliana. Il suo accordo con B. Gantz deve essere analizzato per quello che è: da un lato, un mezzo per sfuggire ai processi per corruzione e, dall’altro, uno strumento per rompere l’alleanza Kahol Lavan di B. Gantz, a sua volta un pessimo politico..
Nell’aprile 2019, B. Netanyahu aveva già indicato che “l’estensione della legge israeliana alle località ebraiche” nella Cisgiordania occupata sarebbe stata promulgata. Inoltre, durante la sua seconda campagna elettorale nel settembre 2019, presentò una mappa che definiva i territori da annettere in caso di vittoria. Ed è quindi senza grande sorpresa che il Trump Plan annunciato alla fine di gennaio 2020 ha ripreso questa mappa, compresa l’annessione della Valle del Giordano.
Se la scena è molto dinamica in Israele, questo non è il caso della parte palestinese. La divisione politica tra l’Autorità palestinese e Hamas sta bloccando la vita politica in Palestina. La situazione è sempre più difficile a Gaza sotto blocco dal 2007, in Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est. I palestinesi si sentono tenuti in ostaggio dall’occupazione e dai conflitti tra l’Autorità palestinese e Hamas. L’Olp, che dovrebbe rappresentare tutti i palestinesi, sta attraversando un periodo delicato in termini di legittimità e credibilità da diversi anni. L’Autorità palestinese, dal canto suo, sembra sopraffatta dagli eventi. I palestinesi non hanno più fiducia nei loro leader o nelle loro fazioni e non possono esprimersi democraticamente a Gaza o in Cisgiordania occupata. Questa anomalia democratica è vissuta molto male dalla popolazione.
I palestinesi vedono questa annessione come l’ennesimo segno del fallimento degli accordi di Oslo e della soluzione dei due Stati. Sono consapevoli che questo piano di annessione è la continuazione della politica colonialista israeliana e che la politica dell’Autorità palestinese è irresponsabile e inefficace. Forse questo piano di annessione può essere visto come una fonte di riavvicinamento tra Hamas e Fatah, che hanno tenuto una conferenza stampa congiunta il 2 luglio per la prima volta dopo molto tempo. Tuttavia, rimane difficile dire quale direzione possa prendere questa specifica convergenza.
Traduzione dal francese di Raffaella Forzati. Revisione: Manuela Donati