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Intervista con Marco Marengo – La magia della Rocca di Lerma

di Milena Rampoldi, ProMosaik, 14 maggio 2020. Qui di seguito la mia intervista con l’autore italiano Marco Marengo. ProMosaik ha pubblicato il suo romanzo intitolato “Il pane del boia” che trovate qui. Gli ho rivolto delle domande sulla scrittura, su letteratura e vita e sui temi del romanzo. Alla fine dell’intervista trovate dei versi sparsi dell’autore.
Che
rapporto vedi tra vita e scrittura? Perché scrivi?

Forse scrivo per lasciare una traccia, per dare significato
a certi momenti apparentemente vuoti. La giusta mescolanza tra realtà e
fantasia crea “quel muro senso di minaccia che mi spinge a scrivere”.
Forse se non avessi mai letto un libro osserverei la realtà
in modo più libero, puro.
Molte sono le idee, presunte buone, che mai vedranno la vita
sulla carta… questo fascio di emozioni andrà a finire chissà dove.
Ricordo la prima volta che ho sentito la necessità di
scrivere al di fuori dagli incitamenti scolastici. È avvenuto durante
l’adolescenza, davanti a una macchina per scrivere: tozza, pesante e lenta.
Sicuramente avrei fatto prima a mano, ma il ticchettio aggiungeva fascino alle
parole.
Nel racconto quattro amici fanno una gita in macchina, una
Fiat 500. Dopo risate e curve prese a gran velocità, si schiantano. Nemmeno si
rendono conto del “passaggio” e continuano come se fossero vivi. In
realtà lo sono…
Il primo racconto scolastico risale alle scuole elementari:
una persona cade in un tombino accidentalmente lasciato aperto. Chiede aiuto ma
nessuno interviene. Dopo tanto urlare qualcuno interviene. Non ricordo il
seguito…
Perché hai scelto il tema
della Rocca di Lerma per il tuo romanzo?
La rocca di Lerma per me è magica. Ritengo sia un grande
privilegio poter stare qui. Rumori e silenzi hanno dato vita agli ungumani,
creature ondeggianti tra il bene e il male.
Da questo angolo di mondo si odono strani sussurri…
Dalla
rocca di Lerma, soprattutto in questo periodo di isolamento a causa del
Covid19, osservo la natura. Banale dirlo, ma facendo ciò analizzo anche me
stesso.
Caprioli,
volpi, faine e tanti altri animali. Poi lo sguardo tenta di esplorare, ma viene
fermato dai rami e dai rampicanti. Solo la fantasia ha potere in certi
frangenti.
Vengo
qui fin da bambino. Alcuni miei antenati hanno vissuto a Lerma. Forse tutto ciò
dipende solo dal fatto che la casa è qui, oppure altre forze sono in gioco…


Come
definiresti lo stile del tuo romanzo?

Mistero, tensione e orrore si fondono in questa storia.
Tento anche di creare un ponte, percorribile in entrambi i versi, tra la nostra
visione delle cose e il mistero che ci circonda.
Il
romanzo inizia con una parentesi ambientata agli inizi del 1400, per poi passare
alla fine del 1800. La maggior stesura riguarda il presente. Vari personaggi si
aggirano tra le pagine, ovviamente non posso anticiparvi quali resisteranno a
lungo. 🙂
Come
ho già scritto vari generi si mescolano e si alternano in questa storia. Sottolineo
il fatto che qualsiasi riferimento a persone o cose è puramente casuale.
L’unico rischio che ho corso durante la stesura è di rimanere intrappolato
all’interno della storia. Solo puntando la penna come un piccone sono riuscito
a tirarmi fuori. Così accade quando ci si addentra eccessivamente in ciò che la
mente crea. 
La
rocca di Lerma ha una grande energia, forse dovuta alla presenza di magnetite.
Tale forza va gestita.
Come
suggerisce il titolo il pane ha una grande importanza. 
Quali
sono gli autori che ti hanno influenzato di più nella tua esperienza da
scrittore?

Mi vengono in mente Howard Phillips Lovecraft e Edgar Allan
Poe. Per poi passare a Bram Stoker e Mary Shelley.
Oltre
a questi scrittori, che molto mi hanno dato con le creature che vivono tra le
loro pagine, pulsano anche altri nomi. Carver, Conan Doyle, Sebastiano
Vassalli, Robert Walser, Virginia Woolf.
Mi piace indagare nelle loro biografie alla ricerca dei
segreti dei loro successi. So benissimo che ciò non è possibile; pura
illusione, ma in fondo scrivere è anche questo. Luci che si accendono e che si
spengono con gran rapidità. L’abilità sta nello sfruttare i momenti di luce.
Parlaci
di un paio di aspetti fondamentali della trama.

Tino prende in gestione una macelleria e assume un garzone.
Da quel momento le cose, passo dopo passo, si complicano. Eventi reali e
immaginari si mescolano.
Una leggenda locale entra in scena ad aggrovigliare
maggiormente le cose.
Vero e falso perdono i confini storpiando le menti;
permettendo al dubbio di insinuarsi sempre più a fondo. Piccoli gesti e pacate
invidie si trasformano in mostri indomabili.
Prima
di iniziare la lettura vi consiglio una ricerca su internet. Digitate:
Ungumano, Lerma, mostro della rocca di Lerma. Troverete siti e video
sull’argomento. I personaggi del romanzo ben conoscono gli ungumani e le teorie
sulle loro origini. 
Qui
le colline a volte sono tondeggianti, altre volte spaccate da rocche a
strapiombo. È come se il paesaggio non volesse mostrare troppo di sé. Così come
accade con certe persone o con certe storie…
Che
rapporto vedi tra società e letteratura? Che compito credi abbia o non
abbia lo scrittore nella società?

La letteratura a volte prende spunto dalla società, altre
volte ne immagina il futuro. A proposito mi viene in mente un mio romanzo
distopico “BUNKER-U -frammento di un romanzo esploso-“.
I bunkeristi, dopo l’esplosione del romanzo, vivono nel
bunker-u. Fuori l’aria non è respirabile. Solo al bunker-u la vita è possibile.
Ogni cosa è un’estensione del bunker-u.
Gli scrittori ci aiutano a dare voce alle emozioni che
restano mute, prive di sfogo. Chissà a quanti è capitato di trovare sollievo
nel leggere un libro, o anche nel far scorrere gli occhi su alcune righe prima
di addormentarsi.
Di certo non sarebbe utile leggere un libro che ci insegni a
vivere. Molto meglio leggere libri su varie vite, reali o inventate che siano.
Non ricorderemo tutte le parole, a quanto pare il nostro cervello non ne è
capace. Non importa, ciò che resterà dentro al secchio dopo tanti scrolloni ci
toglierà il grosso della sete.
Che
cosa significa per te Jack Millterton e perché?

Jack Millerton è uno pseudonimo. È la mescolanza di spezzoni
di vari nomi. Indovinate voi quali… 🙂
L’ho inventato tempo fa, forse per sfuggire alle eventuali
critiche.
Molti scrittori hanno usato e usano pseudonimi. Forse per
illudermi di essere più ampio e profondo di ciò che sono l’ho fatto anch’io.

In conclusione versi sparsi dell’autore:

IL FIUME SI È FERMATO

Il fiume si è fermato,
le acque non hanno più quel tono agitato.
Riflessi immobili dalle certezze scintillanti,
gridano i tanti “mai più!” dei passati istanti.


L’OMBRA INCONSAPEVOLE
Che così mi allieta.

Chissà se gli alberi lo sanno, della loro ombra.