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COVID-19, l’amico dei dominanti

L’ardeur 09/05/2020
Testo scritto dall’équipe di L’ardeur, associazione di educazione popolare politica francese

Tradotto da  Silvana Fioresi

Per questo governo antipopolare, impegnato in una politica di distruzione della protezione sociale e della repressione poliziesca della rabbia, della mobilitazione e delle insurrezioni che ne derivano, il COVID-19 permette di realizzare diversi test a grandezza naturale:
– Test di controllo della popolazione (repressione, prigione, elicotteri, droni, comunicazioni).
– Test di obbedienza della polizia in questo controllo della popolazione.
– Test di privatizzazione-dislocazione della pubblica istruzione trasformata in e-learning.
– Test di avanzamento della telemedicina.
– Test di sottomissione dei media, della popolazione e delle sinistre (l’unità nazionale è d’obbligo).
– Test di demolizione avanzata del diritto del lavoro.
1 – Il contesto
Dagli anni ’80 il cancellamento dell’ipotesi comunista (1) lascia il capitalismo a ruota libera e l’umanità in balia delle mostruose ineguaglianze che l’accompagnano. Infatti, i profitti non si realizzano più sulla fabbricazione e la vendita di merce, ora in sovrapproduzione (le automobili del 2018 sono tuttora invendute), ma sulla finanziarizzazione-casinò dell’economia e le riduzioni delle spese pubbliche nel quadro delle politiche all’insegna dell’austerità. Se il capitalismo europeo si è incaricato per un certo tempo dell’ordine sociale in cambio di politiche di protezione sociale, ora si è allineato (in Francia dal 1983), sul capitalismo americano e si impegna nella via di una privatizzazione-commercializzazione della società e di una distruzione dei servizi pubblici. Questi ultimi si realizzano già da Maastricht, poi nell’imposizione della “Costituzione” dell’Unione Europea e della sua moneta unica, impedendo ai diversi Stati di agire sulla protezione sociale con delle spese pubbliche, sottomesse ormai all’imperativo della non-inflazione, del divieto di aumenti di stipendi per mantenere il tasso dei profitti dei dominanti, proprietari di società o traders. Ma ridurre la protezione sociale, ridurre e sopprimere le indennità di disoccupazione, smantellare il sistema sanitario, demolire le ricerche, sopprimere dei posti nella pubblica istruzione, vendere sbarramenti e aeroporti, abbassare fino a annientare le pensioni… tutto questo genera dei movimenti popolari insurrezionali e incontrollabili (i gilet jaunes ne sono un esempio) che suppongono che lo Stato si prepari alla guerra sociale armando il suo dispositivo poliziesco verso il controllo delle insurrezioni. Dopo gli LBD [Lanciatore di Palle di Difesa, arma usata dalla polizia francese per arginare le proteste dei Gilets Jaunes, ndt], sono apparsi i droni e il controllo degli smartphone. Nella sua ultima opera « La lutte des classes au 21e siècle » (2) [La lotta di classe nel 21° secolo], Emmanuel Todd evoca la deriva fascistoide del governo Macron. Ci siamo!
L’unione nazionale: vi è piaciuto “Io sono Charlie”? Adorerete COVID-19 !
«Siamo in guerra», ha declamato sette volte Macron. Invisibile, diffuso, inafferrabile il nemico da combattere? Non importa! Visto che definire un nemico, a maggior ragione invisibile, è far tacere tutti i dissensi, in nome della sacra unione! Se l’educazione popolare consiste nel comprendere i sistemi operanti in un avvenimento, e a sventare gli effetti di propaganda inseguendo i fili del pensiero, conviene allertarsi collettivamente a questo appello all’unione nazionale: « Non c’è più posto per la divisione », insistono i cronisti. Ma niente è più lontano dall’educazione popolare di una sacra unione rinunciando a una qualunque critica dietro un capo autoritario! Rifiutare questa ingiunzione al consenso e a un dibattito roco ci obbliga allora ad apportare la nostra voce all’analisi della situazione…
La sola guerra alla quale noi assistiamo è quella del capitalismo contro le nostre esistenze. In questa crisi sanitaria cosa possiamo aspettarci da parte di un potere che così ferocemente e assiduamente ha attaccato la protezione sociale della sua popolazione, demolito gli ospedali, le pensioni, la disoccupazione, la formazione continua, che ha gareggiato con gli altri candidati alla presidenza col numero di soppressione di posti pubblici (io 200 mila! No… io 500 mila!) ? Niente!
Macron non esiste. La demolizione degli ospedali pubblici è iniziata con Mitterand e Bérégovoy fin dall’uscita dei ministri comunisti nel 1983, ed è continuata con gli altri presidenti. Macron stesso è stato costruito solo per proseguire le azioni dei seguaci del capitale che lo hanno preceduto, e scelto per la sua capacità a nuocere… Poiché, privato di ogni margine di manovra economica o monetaria nell’ambito dell’UE, ha come unico potere quello di nuocere a noi. Apparendo senza la minima vergogna in un ospedale saturo per combattere gli effetti di una situazione di cui lui stesso ha fabbricato le cause, lui che ha soppresso più di 4mila letti nel solo 2018 e ha tagliato diverse centinaia di milioni di euro di mezzi stanziati per il personale medico… Macron non può ingannarci: non è, e non sarà mai, il nostro salvatore. Fedele al suo programma elettorale preteso dal Medef [Movimento delle Imprese di Francia, ndt], approfitterà di questa crisi sanitaria per rinforzare il controllo devastatore del capitalismo sulle nostre esistenze. Nel momento in cui in molti si rimettono a leggere La dottrina dello shock di Naomi Klein (3) e fanno l’esperienza, a grandezza naturale, di un capitalismo che impiega la sua nocività in crisi ricorrenti, ci possiamo aspettare – “crisi” e “unione nazionale” sono d’obbligo – una demolizione accelerata del diritto al lavoro, una politica sempre più austera e riduzioni delle spese pubbliche.
Interrogato su France Inter sul fatto di sapere se questa epidemia lo farebbe ripensare alla sua proposta di 500 mila tagli agli impieghi pubblici, Bruno Retailleau (che, nonostante sia all’opposizione in parlamento, in realtà è in opposizione alla politica del governo solo in apparenza) afferma senza batter ciglio che non rallenterà assolutamente le riforme! Questi qua non ne trarranno nessuna lezione. Anzi. Questa crisi sarà per loro l’opportunità di accelerare le distruzioni, in particolare dei servizi pubblici. Noam Chomsky ci ha avvertiti: “ Come distruggere un servizio pubblico? Iniziate dai tagli finanziari. Non funzionerà più. La gente si arrabbierà, vorrà altro. E’ la tecnica di base per privatizzare un servizio pubblico” … e solo un’insurrezione o uno sciopero generale potrà fermarli.
Poiché col COVID-19 è la guerra tra le classi che si inasprirà con una successione troppo prevedibile per non essere annunciata: crisi sanitaria, crisi economica, crisi finanziaria e, infine, crisi sociale! Quando il COVID-19 avrà messo in strada uno o due milioni di disoccupati in più, potremo contare su questo governo, che ha già dimostrato il suo amore per la protezione sociale, per presentarci una qualche esonerazione di imposte, sgravi fiscali supplementari per i padroni, bonus record per i trader più furbi, il cui lavoro non è finanziare l’economia ma abbassare o alzare le fluttuazioni dell’economia… Per loro, questa crisi è un regalo che, come tutte le crisi finanziare prima di questa, non sarà nient’altro che una banale crisi ciclica di sovraproduzione, che permette al capitale di concentrarsi sempre di più eliminando gli anelli deboli delle piccole imprese e schiacciando i lavoratori sotto l’occhio docile dei lanciatori di LBD e dei mass media. Il capitalismo è il solo modo di produzione nel quale le crisi prendono la forma di una sovraproduzione.
2 – Il test di sicurezza
16 marzo (giorno dell’annuncio del confinamento): nel dipartimento delle Cotes d’Armor, 1 caso provato (su una popolazione di 600 000 abitanti). Il prefetto fa sorvolare le spiagge da elicotteri militari.
Se delle misure di prudenza e di confinamento in caso di epidemia sono scelte comprensibili, possiamo ancora interrogarci sulle diverse modalità possibili di un tale confinamento : totale o regionale, per età, con o senza la possibilità di aerarsi, ecc. a eccezione di un incidente nucleare importante, o di un virus che si potrebbe contrarre tramite il solo respiro attraverso l’aria, nessuna crisi sanitaria può giustificare il divieto di passeggiare soli in foresta, sulle spiagge, per la strada… Nessuna crisi sanitaria può giustificare che si designino i cittadini come potenziali colpevoli (quando il primo ministro Edouard Philippe annuncia che il governo prende delle misure drastiche perché i cittadini non sono abbastanza obbedienti, trasforma ognuno di noi in delinquente). Nessuna crisi sanitaria può giustificare una politica iper repressiva, includendo il controllo di una spiaggia con elicotteri, il divieto di uscire più di 20 minuti dalla propria casa, di allontanarsi più di 1 km. Nessuna crisi sanitaria può giustificare che si chiudano i parchi e i giardini pubblici. Nessuna crisi sanitaria può giustificare che si puniscano i cittadini con multe pesanti (fino a 3.500 €) e con la prigione (6 mesi) in caso di passeggiate solitarie. Nessun governo che si preoccupi del benessere e della protezione del suo popolo in caso di crisi sanitaria dovrebbe al contrario prendere atto delle difficoltà personali, familiari, psicologiche, sociali importanti che provoca un confinamento, e renderlo sopportabile invitando largamente la popolazione ad aerarsi e a uscire a passeggiare, a condizione di rispettare le stesse regole di gesti barriera richiesti per il lavoro che, lui, non solo non è solitario, non solo è autorizzato, ma è reso obbligatorio su richiesta del Medef.
Pur rischiando un sentimento di umiliazione collettivo, nessuna popolazione può capire l’obbligo di utilizzare i trasporti pubblici per recarsi al lavoro, a condizione di rispettare la distanza di un metro, ma che, invece, rischia la prigione se passeggia in spiaggia, anche se non nuoce a nessuno, e non mette in pericolo nessuno rispettando le stesse regole imposte per ‘utilizzo dei trasporti pubblici.
Con Emmanuel Todd ricordiamo che «non avendo un’incidenza sulla Storia, i governanti francesi sono passati “al modo azteco”. Si vendicano della loro impotenza a livello internazionale martirizzando i loro concittadini…». E per questo possono contare sullo zelo di una polizia infeudata che si sbrigherà a perseguire i passeggiatori solitari a forza di multe a 135 € per insegnare loro a obbedire. Sappiamo grazie a un anno di gilet jaunes che non possiamo più aspettarci nessuna protezione da parte della polizia. Che, come durante tutti i periodi di crisi, come nel 1940, essa sceglie di servire il governo, e non il diritto. E ciò rischia di diventare ancora più forte… Come scrive Raphaël Kempf, avvocato penalista, « bisogna denunciare lo stato di emergenza sanitaria per quello che è : una legge scellerata » ! Adottato a marce forzate per un periodo cosiddetto circoscritto, questo stato di emergenza punta a degli obiettivi a più lungo termine: quello di violare le libertà essenziali di tutti, quello di dare alla polizia dei poteri illimitati e quello di sotterrare definitivamente lo Stato di diritto.
La costituzione della Quinta Repubblica aveva costruito un regime presidenziale su misura per un generale in una situazione di guerra in Algeria. Essa trasformava il Parlamento in una camera di registrazione, a immagine dei 308 burattini reclutati in fretta con un colloquio nella primavera del 2017, per fare da zerbino al Medef (Confindustria francese). Tra le mani di Hollande, Sarkozy, Chirac o Macron questa Quinta Repubblica è tra le mani di delinquenti caratteriali e deve essere abbandonata. Macron non esiterà a rifugiarsi dietro il COVID-19 per utilizzare i pieni poteri dell’articolo 16 e vietare la stampa, i social e quelle che già chiama le fake news e gli incitamenti all’odio. La sua posizione è una posizione di odio di classe, e il suo governo trasuda l’odio di classe. L’interesse degli atelier costituenti, che si moltiplicano ovunque in Francia, è di prepararci a scrivere noi stessi la costituzione di cui avremo bisogno quando ci saremo liberati di questo potere.
Questa guerra di classe, questa guerra contro il popolo, questa guerra contro i poveri, è leggibile a livello spaziale, geografico. Fin dai primi giorni, i media hanno evocato la mancanza di « civismo » degli abitanti dei quartieri popolari, puntati a dito per la loro incoscienza di fronte alla propagazione e il loro rifiuto dei controlli: così, il 19 marzo, BFMTV denuncia delle “violenze urbane nonostante il confinamento”, delle “ribellioni e sputi sui poliziotti” e anche “dei raggruppamenti sui tetti degli edifici” per fare dei barbecue (fino a dove si possono spingere questi teppistelli di periferia!). Da allora, delle testimonianze attestano interventi polizieschi violenti in questi stessi quartieri. Come quella di Sofiane, 21 anni, abitante degli Ulis (Essonne), che, il 24 marzo, ha avuto la brutta idea di uscire di casa per andare a lavorare (è fattorino Amazon!): è stato picchiato dagli agenti della BAC [Brigata anticriminalità, ndt] per aver tentato di sfuggire al loro controllo (non aveva l’autocertificazione con sé). Immaginiamo la stessa scena a Neuilly o a Passy? E, come fu il caso per i gilets jaunes, queste violenze poliziesche sono ancora largamente sottomediatizzate.
3 – Dei media all’attenti
Al di fuori degli aspetti propriamente medici della situazione, sulla quale non siamo competenti (non siamo microbiologi e ci sono già abbastanza video sul coronavirus, interviste e articoli di ogni schieramento e scientifico che preferiamo non alimentare ulteriormente il dibattito), ci interroghiamo invece sugli aspetti politici e sottomettiamo le contraddizioni alla nostra intelligenza collettiva. Contiamo insomma su noi stessi e sulla nostra intelligenza critica che ci nega la totalità (o quasi) dei media, docilmente riuniti intorno al potere esecutivo.
Il numero di morti rivelato ogni giorno dai media è profondamente ansiogeno. Il trattamento mediatico della situazione ci rende inevitabilmente vulnerabili e le conseguenze sulle nostre cittadinanze sono drammatiche. Non si contano più gli esempi di persone che si fanno apostrofare per essere uscite per comprare il pane (sinceramente, abbiamo davvero bisogno di pane fresco quotidiano in questo periodo di catastrofe mondiale?) o per essere andato a trovare un parente. Tutti stanno diventando i controllori degli altri. Siamo in un ambiente di denuncia e di milizia di volontari che presto andranno a pattugliare le strade. Soprattutto se questi numeri non sono stati spiegati e che hanno come sola funzione quella di creare un trauma su un fondo di diffidenza circolare e nutrita da ogni lato. 
Spiegare i numeri, questo significherebbe contestualizzarli, relativizzarli (in particolare storicizzarli), paragonarli ad altri… Un esempio: senza voler minimizzare l’epidemia, è interessante sapere che il numero di morti provocato dal COVID-19 in 4 mesi (circa 30 mila) è quasi identico al numero di persone che muoiono di fame ogni giorno. O che la malaria provoca ancora più di 450 mila decessi ogni anno. Senza allarmarsi, in questi due casi, sulle misure da applicare per evitare tali ecatombi. E che dire di questa continua informazione sulle RSA che si confinano con il personale? Ci sono in Francia 610 mila decessi ogni anno (una persona ogni 50 secondi), di cui il 25% nelle RSA. I decessi nelle RSA rappresentano quindi più di 150 mila morti all’anno. Parlare dei decessi nelle RSA è presentarli come un problema ingiusto e terrificante. Ci chiediamo quindi che cosa rappresenta una RSA per un cronista di TF1 : una colonia ? Una talassoterapia ? O uno di quei mortori senza personale privatizzato, che si integra in modo definitivo ma nel quale vi è garantito una rendita all’11% se comprate una camera da affittare ai residenti? Ricordiamo (perché anche questo è relativizzare i numeri), l’età media dei morti di coronavirus in Francia è di 81,2 anni! E se la morte del musicista Manu Dibango ha suscitato molta emozione, precisiamo comunque che aveva… 86 anni.
La tv governativa ci mostra in continuazione l’ospedale di Mulhouse saturo, l’esercito che trasporta dei malati in aereo verso Tolone. Le tende da medicina di guerra… terribile! Ma si guarda bene dall’interrogare gli odiosi soldatini delle ARS (Agenzie regionali della sanità) che hanno svuotato l’ospedale di tutti i suoi mezzi, di tutto il personale, che hanno messo cento direttori in cassa integrazione due mesi fa, e che fanno funzionare il materiale medico alla spicciolata. Porteremo un giorno le ARS davanti a un tribunale per aver messo deliberatamente in pericolo in grande scala la vita altrui?
È probabilmente grazie alla lettura dei media di sinistra o di estrema sinistra che misuriamo il potere di questa manipolazione su larga scala. Questa è l’unione nazionale: far tacere la nostra capacità critica, aderire all’autorità del potere. Il canale Youtube « Osiamo parlare » che, fino a poco fa decriptava le varie facce della politica macronista, è ormai ridotto a ripetere gli ordini governativi : « Restate a casa » ! Se vogliamo prendere lezioni di civismo, non abbiamo bisogno di « Osiamo parlare », abbiamo già TF1 per tacciare il qualche raro passeggiatore da “delinquente da parco”. Il filosofo Vladimir Jankelevitch scriveva : « Sarò sempre il guardiano dei tuoi diritti e mai il controllore dei tuoi doveri ». Se « Osiamo parlare » rinuncia alla sua missione di educazione popolare, è chiara la prova che il test a grandezza naturale di sottomissione dei media (compresi quelli che dovrebbero criticare l’ordine dominante) funziona!
Se è difficile per dei media, qualunque sia, sfuggire a queste logiche manipolatrici, se accetta così facilmente la logica del potere, è che le condizioni di costruzione dell’informazione li hanno già resi strutturalmente permeabili a questa logica.
E ormai, il posto preso dai canali dell’informazione continua ha la sua conseguenza: la corsa all’informazione in « tempo reale ». Tempo reale? Suvvia… questo supporrebbe l’esistenza di un «tempo irreale» ? Non sarebbe proprio questo tempo che ci vendono per «reale » che, lasciando perdere la storia e i processi di urgenza dei fenomeni, costituisce l’”irreale”, un tempo che non ha senso? In questo mondo, bisogna occupare l’antenna e organizzare un flusso continuo. Quindi trovare nuove notizie ogni giorno, ogni ora… Per fortuna, quello che c’è di nuovo, quasi di continuo, sono i numeri. Quindi, centro! Su questi numeri che aumentano, che si allineano in modo vertiginoso sugli schermi! Ogni giorno porta un «nuovo record » di numeri « mai visti »… visto che si tratta di una pandemia in pieno aumento, la probabilità che il numero di nuovo casi provati o di nuovo decessi all’ospedale nelle ultime 24 ore sia inferiore a quello del giorno prima è senz’altro inferiore all’1%, no? Quindi, lanciare questa informazione non è proprio uno scoop, giusto? Scommettiamo anzi che il giornalista che l’ha annunciata martellando ogni parola con un tono da panico quando rientra a casa e trova il/la suo/a partner non gli dice: “Sai, è incredibile, i numeri sono ancora aumentati!”. Sì, è probabile che, nella vita privata, esista ancora qualcuno di ragionevole. Ma quando passa in televisione, diventa un imbecille che ci fa prendere le lucciole per lanterne.
Il fatto è che, in onda, bisogna sacrificarsi ai riti del dramma. Per «vendere» e fare il « buzz », bisogna mantenere la « suspense », metter in scena l’informazione a puntate, con possibilmente, un buon « casting » e dei « buoni clienti ». Tutti termini venuti dal mondo della fiction e dal commercio e che si sono progressivamente imposti nelle redazioni. È così che si costruisce e ricostruisce il tema dell’«ondata » epidemica che dilagherà (senza che si conosca il motivo, il « picco » è atteso in quel momento). Con una conseguenza ineluttabile, con un grosso titolo in prima pagina dell’Est Repubblicano del 23 marzo: «Verso un inevitabile indurimento del confinamento » (quattro settimane prima, diversi media intitolavano sull’ « inevitabile ricorso all’art. 49.3[*]» a proposito della riforma sulle pensioni!). Profezia auto-realizzatrice nella quale i media dimenticano – o fingono di dimenticare – il ruolo che loro stessi giocano.
Altro fattore strutturante: il posto preso nei media dal ballo di esperti dove si succedono ipotesi affrettate e contraddittorie (sui test, le mascherine, l’efficacia del trattamento con la clorochina…), senza che i falsi pronostici siano poi rettificati e senza precisare che «medico » non è un titolo sufficiente per qualificarsi come esperto in materia di COVID-19. Ma con questa certezza autoproclamata: le fake news, sono cosa dei social, l’informazione seria e verificata, è quella dei media mainstream.
4 – La gestione «scientifica»
In un mondo in cui le richieste di finanziamento della ricerca pubblica sul coronavirus sono rimaste lettere morte, in cui le multinazionali farmaceutiche hanno più potere che lo Stato e in cui il vaccino di questo coronavirus porterà a profitti miliardari, che cos’è un esperto? Chi sono i “scientifici” che “consigliano” un governo interamente devoto alle multinazionali? (vedi Monsanto-Macron, e le migliaia di tumori legati al Rondup). Ci saranno dei conflitti d’interesse? Giove si muove in un “consiglio scientifico” creato il 10 marzo e ha invitato a modificare, o meglio a dettare le decisioni. Questa delegazione di potere di esperti «scientifici» presenta diversi pericoli. Spegne ogni contestazione in nome dell’interesse superiore: cancella quello che noi, gesticolanti e formatori militanti dell’educazione popolare, abbiamo imparato e non smettiamo di martellare: qualunque punto di vista è necessariamente “situato”, si parla sempre di “qualche parte” e con un’intenzione. Ma no, gli esperti, loro, sfuggono a questa condizione umana visto che parlano da nessuna parte e senza nessun’altra intenzione che quella di informarci sulla verità.
Equivale a dire a che punto questa delegazione faciliterà il passaggio a una società piena di vincoli…
5 – Il COVID19, rivelatore ma anche acceleratore di inuguaglianze
Isolamento delle persone più fragili, sfruttamento di quelle precarie, contaminazione di quelle più esposte, stigmatizzazione delle classi popolari (perché questa gente che dobbiamo confinare sono proprio quelli delle classi popolari, quelli che potrebbero disobbedire, queste classi pericolose…), ammassamento dei più poveri in alloggi insalubri mentre i borghesi agiati dei quartieri parigini fuggono i loro 200 mq per andare (l’esodo sanitario è d’obbligo !) a mettersi al verde nelle loro residenze di vacanza o in una villa affittata per l’occasione… questa crisi sanitaria amplifica lo sviluppo dei rapporti di dominanza.
Guardiamo la situazione della condizione della donna. Per la loro posizione nella società, le donne rappresentano indubbiamente una classe penalizzata da questa crisi sanitaria e il confinamento da essa imposto. La situazione delle donne vittime di violenze coniugali è preoccupante. I numeri attuali mostrano un aumento del 32 % di casi dall’inizio del confinamento. Situazioni in cui la presenza permanente del marito violento rende le domande di aiuto e i mezzi di protezione estremamente difficili. 210 000 donne sono violentate dal marito ogni anno in Francia. Il confinamento porta quindi questo numero a (almeno) 300 000. Bel successo questo confinamento! Sempre rimanendo nella sfera dell’intimo, l’accesso all’aborto è più fragile, soprattutto per adolescenti che non hanno più nessun pretesto per uscire di casa. 
E poiché, in questa crisi, è proprio il mondo del lavoro ad imporre le regole, nella sfera produttiva, lo sfruttamento delle donne continua. Ci sono le più precarie, quelle che vivono al limite della soglia della povertà, quelle che hanno come unica scelta quella di accettare di lavorare – a qualunque condizione sanitaria – per poter arrivare alla fine del mese. Ci sono le donne sole con i propri figli, che, senza scuola né baby-sitter, dovranno rimanere in situazione di disoccupazione parziale che le butterà a terra. Alla fine della crisi, quale sarà l’attitudine delle banche nei confronti di queste donne?
Lo sappiamo: il lavoro di cura è un lavoro di donne. Il 12 marzo scorso Macron chiedeva al personale ospedaliero di “continuare a fare dei sacrifici”. La divisione sessuale del lavoro operante nella nostra società riposa questo “sacrificio” su una larga maggioranza di donne: il 90 % di donne tra le badanti, l’ 87 % di donne tra gli infermieri… I posti importanti, invece, sono occupati da uomini. Con la penuria di materiale di protezione, tra la badante e il chirurgo, chi avrà la mascherina?
Il sacrificio si gioca tra le classi sociali che si incrociano all’ospedale. Il sacrificio si gioca tra le classi sociali, e basta. Le donne fanno parte dei dominati, degli sfruttati, del sistema capitalistico, a chi si chiede di continuare a far funzionare la macchina economica a qualunque prezzo, e che saranno ripagati solo col disprezzo (un bonus di 1.000 €?) mentre i potenti non avranno più paura di prendere l’influenza.
6 – Il COVID19, arma da guerra… contro la scuola
L’organizzazione della scuola a distanza è una manna per chi si accanisce a distruggere il servizio pubblico. È un vero e proprio esperimento a grandezza naturale per terminare la privatizzazione della scuola, sognata dall’OCDE (Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico) e messa in pratica dai ministri che hanno seguito Luc Ferry.
Cosa c’è di meglio che portare gli insegnanti a immaginarsi come dei “facilitatori pedagogici” per assicurare la “continuità pedagogica”? Il sogno più grande dell’ideologia liberale: l’insegnante è scaricato di ogni responsabilità educativa, di ogni desiderio di pensare all’allievo come a un essere umano completo e complesso. Il bambino non esiste più. Il sacrosanto programma costruito in base alle competenze deve solo essere digitalizzato. Gli insegnanti «intervengono a distanza », praticando l’ « e-learning », surfando su piattaforme private i cui contenuti diventano controllabili e valutabili. Il controllo: mezzo indispensabile per dominare. Come prova, una email inviata oggi, da un insegnante di scuola materna, che chiede ai genitori di inviare una foto di loro figlio mentre fa i compiti: “Dobbiamo assicurare la continuità pedagogica e l’ispettore ci chiede di verificare che sia davvero praticata da parte dei genitori, sennò sarà considerato come assenteismo”. Pressione, controlli e minacce… troviamo quindi tutti gli ingredienti della legge “per la libertà di scelta del proprio futuro professionale”, adottato nel 2018, che permette di imporre un “controllo qualità” a tutti gli organismi di formazione. Calcolata su procedure di rendimento industriale, il controllo qualità è riuscito a mettere tutti gli organismi di formazione in concorrenza, di imporre un vocabolario unico (quello del politichese, ovviamente), di recuperare tutti i contenuti pedagogici, di digitalizzare al massimo riducendo i legami umani al minimo. Un esperimento a grandezza naturale di ciò che si stava già attuando nella pubblica istruzione!
Si può quindi sempre pensare che la scuola via internet sia provvisoria, che non sia una tappa intermedia per finire di fare della scuola un serbatoio di manodopera del capitale invece che un luogo dove pensare alla società di domani… se solo questo esperimento non fosse già in corso da più di trent ‘anni : riduzione degli insegnanti, privatizzazione dell’insegnamento superiore, decentramento per favorire il legame con le aziende locali, impiego di direttori diventati manager, soppressione massiva di posti educativi e di cura negli stabilimenti scolastici (psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri…), messa in concorrenza degli istituti tramite l’attacco allo status d’insegnante (precarizzazione del lavoro, contratti a tempo determinato, a contratto) e gli insegnamenti specialistici con la legge Blanquer… Le basi sono poste, affermate, assunte… Come si può essere ingenui al punto di pensare che questo periodo sarà solo una parentesi?
E il posto dei bamb… degli allievi, scusate! È semplice: si sostituisce un’ora di lezione con un’ora di lavoro personale… La durata dell’attenzione di un allievo in classe varia dai 4 minuti della scuola materna ai 35 minuti per ora per un adulto. Trasformare quindi un’ora di lezione in un’ora di lavoro personale equivale a moltiplicare l’esigenza produttiva scolastica per due, come minimo, per i liceali. Tra l’altro, questo non tiene conto di ogni allievo. Dove l’insegnante valuta che, per ogni classe di età, il lavoro è fattibile in un’ora, la realtà vuole che questo lavoro sarà realizzato in 30 minuti da alcuni e in 1h30 da altri. A questo aggiungiamo le condizioni materiali di ogni allievo: camera singola o no, lavoro su computer o su smartphone, accesso a una stampante scanner o no, numero di persone in casa e che possono aiutare o no… Senza dimenticare che, attualmente, coloro che sono sempre al lavoro – e quindi non disponibili per i loro figli – sono gli stipendiati più precari: operai, cassiere, badanti… Vediamo bene di nuovo le realtà materiali negate, vediamo bene come, a profitto della “continuità pedagogica”, si interrano i bambini delle classi popolari per invece applaudirne pochi altri alla fine del confinamento… Bravi bambini, vedete che è possibile: quando si vuole, si può!
Gli ultra liberali dell’Unione Europea e dell’OCDE l’hanno sognato, il COVID-19 l’ha fatto: la digitalizzazione completa e totale della pubblica istruzione. Gli squali dell’ordine capitalista adocchiano questo mercato educativo mondiale da conquistare (stimato a 20 mila miliardi di dollari, di cui 7 mila miliardi di euro per l’Europa). Il frutto è maturo per poter privatizzare il sistema educativo… Rimarrà solo Hachette edizioni (proprietà del gruppo Lagardère) per venderci milioni di programmi che serviranno per l’insegnamento a distanza, assicurato da “uber-prof”. E quale sarà il ruolo dei genitori? Nel marasma dell’offerta proposta, in questo clima di accanita competizione, le famiglie pagheranno, ovviamente, o almeno quello che potranno! Per la più grande gioia della Borsa. L’OCDE l’ha detto: le prospettive del profitto per gli investitori istituzionali sul mercato educativo mondiale sono da 1 a 7, mentre sono solo da 1 a 2 sul mercato automobilistico.
E quando bisognerà, una volta calpestata la missione educativa, pensare di trasmettere un qualche « comportamento » e qualche « competenza relazionale » a bambini e adolescenti, il mercato dello sviluppo personale verrà a venderci la sua merce a colpi di conferenze, corsi di coaching e slogan più vuoti gli uni degli altri : « Devi essere il mondo che vuoi vedere », « La fiducia in sé stessi è il primo segreto del successo », ecc. Come lo ha spiegato così bene Eva Illouz nel suo libro Happycrazia, lo sviluppo personale non soltanto è un mercato copioso, ma è soprattutto l’amico protettore dei dominanti, visto che contribuisce a invisibilizzare i rapporti sociali di dominanza (classe, razza, genere) a profitto di un solo discorso: “Hai in te le risorse per saltarne fuori”, e altri mezzi di senso di colpa individuale. Teorizzata negli Stati Uniti, la «psicologia positiva » è la condizione della dominazione capitalista nelle imprese e sulle nostre vite.
7 – COVID19 e diritto del lavoro
Mentre ci invitano a lavarci di continuo le mani, i padroni, loro, se le sfregano! Emmanuel Macron è definitivamente l’amico dei grandi imprenditori. Ed ecco la legge urgente, vista l’epidemia, che autorizza il governo ad agire per ordinanze. Il testo 52 di queste ultime permette al datore di lavoro di imporre una durata settimanale di lavoro fino a 60 ore, lavoro domenicale, date di ferie imposte…
È interessante comparare i titoli di tali ordinanze. Qui: “Ordinanza che porta misure di emergenza in materia di ferie pagate, di durata del lavoro e di giorni di riposo”; e là: “Ordinanza che adatta temporaneamente le condizioni e modalità di attribuzione dell’indennità complementare”. Non è senza dubbio insignificante vedere che, nella seconda, appare il termine “temporaneamente”, indicazione alla quale Muriel Pénicaud [ministra del Lavoro] si è formalmente opposta quando un emendamento proponeva di farlo apparire nell’ordinanza “ferie pagate e altro…”. Da qui a pensare che queste deroghe al codice del lavoro siano destinate a durare… Il rilancio dell’economia è d’obbligo: 60 ore a settimana, riduzione del riposo quotidiano da 11 a 9 ore, ossia 15 ore di lavoro-trasferta ogni giorno, non fanno che riportarci alle condizioni del 1841, data della prima legge sul lavoro. Questo “sforzo” che sarà imposto al mondo del lavoro non sarà imposto a tutte le categorie sociali. Un emendamento che punta a innalzare l’importo del contributo eccezionale sui redditi più alti, facendo passare la tassa dal 3 al 5% dei redditi superiori a 250 mila euro all’anno, è stato seccamente rifiutato.
In un tweet del 24 marzo, Bruno Le Maire [ministro dell’Economia e delle Finanze] chiede alle imprese, in particolare alle più grandi, « di fare prova della più grande moderazione per quanto riguarda il versamento dei dividendi. È un momento in cui tutto il denaro deve essere impiegato per far girare le imprese». Una semplice richiesta, quindi, non un’ordinanza in questo caso per obbligare il capitale a partecipare allo sforzo collettivo, mentre le imprese europee si preparano a versare 359 miliardi di euro ai loro azionari a titolo di dividendi per l’anno 2019. Eppure, nonostante queste cifre esorbitanti, lo Stato, per sopperire alla sospensione parziale dell’economia, sosterrà queste stesse imprese prendendosi carico di una parte dei salari, tramite le misure di disoccupazione parziale, come anche sospendendo gli obblighi fiscali e sociali di queste stesse imprese.
Alla fine, è proprio contro i lavoratori che Macron se la prende di nuovo, per «sostenere l’economia » attaccandosi non ai debiti sotto i quali crollano le imprese e di cui potrebbe dichiarare una moratoria, ma… ai contributi sociali e alle tasse che esse versano, e al diritto del lavoro.
Vogliamo che la «guerra » condotta da una classe dirigente che ha mostrato la sua impreparazione assoluta nell’affrontare la pandemia – perché ha organizzato lo smembramento dei servizi pubblici e della produzione in Francia di beni di prima necessità – sia di nuovo l’occasione di un’unione segreta per « salvare l’economia » attaccandosi ai lavoratori·trici e sostenendo i prestiti capitalisti, come era successo nel 2007 con i bei risultati che conosciamo ? Da più di dieci anni facciamo l’amara esperienza della pozione capitalista che Macron vuole di nuovo farci ingoiare, quando è proprio questa che ci ha condotto verso un’impasse da cui pretende di farci uscire aggiungendone una mestolata. Basta!
Non saremo di nuovo così ingenui. Sappiamo che possiamo aspettarci solo il peggio dalle “mobilizzazioni generali” e dall’”unione nazionale” nelle quali ci costringe la classe dirigente senza chiedere il nostro parere, per farci tacere. Soltanto una mobilizzazione venuta dal basso sarà efficace contro il ritorno regolare di pandemie legate a un’eccessiva divisione internazionale del lavoro, a un rapporto sempre più mortifero verso gli esseri viventi e la natura nella folle organizzazione capitalista della produzione.
La mediocrità della risposta alla pandemia fa prendere coscienza dell’assurdità di far dipendere la nostra produzione da gruppi capitalisti indifferenti al mantenimento di un tessuto produttivo equilibrato su un territorio, che sia regionale o nazionale: gli esempi di imprese nuove chiuse mentre producevano mascherine o bottiglie d’ossigeno hanno girato nei social. I lavoratori·trici (e non lo Stato!) devono diventare proprietari di ogni mezzo di produzione di beni comuni, gli azionari devono essere cacciati senza indennizzi, e i prestiti non rimborsati.
Altra presa di coscienza: le risorse del personale non devono dipendere dai rischi della loro attività. Il confinamento lascia allo scoperto tutti i lavoratori indipendenti e genera una disoccupazione parziale piena di buchi che ridurrà significativamente le risorse di impiegati del settore privato o dei dipendenti statali a contratto. Mentre i funzionari statali, loro, mantengono il loro stipendio, legato al loro grado e non al loro impiego. Solo il salario legato alla persona (quello di funzionario statale, quello di dipendente a statuto, quello dei pensionati… cioè quello che attaccano con determinazione tutti i governi dell’Unione Europea) ci permette di uscire dalla forma capitalista della remunerazione, che la lega a misure di attività aleatorie con la rete di sicurezza di un reddito minimo. Le persone devono essere liberate da questo rischio e riconosciute, dai 18 anni alla morte, con un salario posto come un diritto politico e che sarebbe ragionevole iscrivere in una forchetta da 1 a 3. Ognuno, alla sua maggiore età, qualunque sia il suo passato scolastico o il suo handicap, è dotato del primo livello di qualifica, e quindi dei 1.700 euro netti minimi rivendicati, e può, tramite prove di qualifica, progredire fino a un salario di massimo 5.000 euro netti: al di là, la remunerazione non ha alcun senso. Diritto politico di ogni adulto che vive in territorio nazionale, il salario può rimanere tale, ma mai diminuire o essere soppresso.
La proprietà di ogni mezzo da parte dei lavoratori·trici e il salario legato alla persona suppongono una forte socializzazione del PIL. Già più della metà è socializzato nelle tasse e nei contributi sociali. Bisogna andare ancora più in là. Il valore aggiunto delle imprese deve essere attribuito non a remunerazioni dirette e al profitto, ma a casse gestite dai lavoratori·trici come era il regime generale dal 1947 al 1967. Esse verseranno gli stipendi e sovvenzioneranno l’investimento, come anche la creazione monetaria. Allora potremo liberare dal capitale le nostre vite e il nostro paese.
L’arrivo della pandemia del coronavirus a messo in evidenza lo stato di smembramento dell’ospedale pubblico dopo quarant’anni di politiche liberali che gli sono stati imposte. Per caso, questa epidemia ha condotto il governo a sospendere il suo progetto di riforma delle pensioni. Malattia, vecchiaia: due settori della previdenza sociale uniti dagli eventi.
Come Ambroise Croizat e i suoi compagni di cella a «Maison Carrée » a Algeri prepararono un piano completo di previdenza sociale, metteremo noi a profitto questo periodo per riflettere alle rivendicazioni da portare fin dalla fine del confinamento ? Tra queste, una ricostruzione della previdenza sociale nelle sue strutture rivoluzionarie del 1946, rivenendo non solo sulle esonerazioni dei contributi padronali, ma rivendicando il loro aumento. Perché è proprio l’aumento di questi contributi che permise alla previdenza sociale di sovvenzionare la creazione dei Centri ospedalieri universitari (CHU), all’inizio degli anni ’60, trasformando dei mortori in fabbriche della salute. Dei piani di nazionalizzazione dell’industria farmaceutica e della ricerca scientifica sarebbero ugualmente delle rivendicazioni imprescindibili. Approfittare di questa epidemia per ottenere la riconquista di diritti precedentemente conquistati rappresenterebbe in qualche sorta un rovesciamento della “dottrina dello shock”.
Note
1 Alain Badiou L’ ipotesi comunista, Cronopio, 2011
2 Emmanuel Todd : La lutte des classes en France au 21e siècle. Ed Seuil
3 Naomi Klein : Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, BUR, 2008
[*] L’articolo 49.3 è una procedura legislativa consentita dalla Costituzione del 1958, la cui funzione è quella di rendere il governo responsabile dinanzi all’Assemblée Nationale e che gli permette in pratica di imporre un progetto di legge senza il voto parlamentare.