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StopCovid è un progetto disastroso gestito da apprendisti stregoni

Autori vari 28/04/2020
Bisogna rinunciare all’allestimento di uno strumento di sorveglianza che registra tutte le nostre interazioni umane e sul quale piomba l’ombra di interessi privati e politici, come dimostrato dallo scandalo di Cambridge Analytica, secondo un collettivo di specialisti del digitale in un’ opinione pubblicata in “Le Monde”.

Editato da Fausto Giudice
Martedì 28 aprile, i parlamentari francesi saranno chiamati a votare su StopCovid, l’applicazione mobile per il tracciamento degli individui voluta dall’esecutivo. Speriamo che, con il loro voto, convincano questi ultimi ad abbandonare questa idea finché c’è ancora tempo. Non a migliorarla, ma ad abbandonarla del tutto. Infatti, anche se fossero rispettate tutte le garanzie legali e tecniche (anonimizzazione dei dati, open source, tecnologie Bluetooth, consenso dell’utente, protocollo decentralizzato, ecc.), StopCovid sarebbe esposto ad un grave pericolo: quello di trasformarsi presto in “StopCovid Analytica”, una nuova versione dello scandalo Cambridge Analytica [manipolazione dei dati personali di decine di milioni di utilizzatori di Facebook].
L’applicazione StopCovid è stata progettata come strumento per aiutare la popolazione francese a uscire dalla situazione di restrizione della libertà civili indotta dal Covid-19. In realtà, questa “soluzione” tecnologica sarebbe solo una continuazione della quarantena con altri mezzi. Se con quest’ultimo abbiamo sperimentato una situazione di arresti domiciliari collettivi, le app di sorveglianza mobile rischiano di generalizzare l’uso dei braccialetti elettronici.
Tutti i cittadini, malati o meno
Non è un’esagerazione: succede già a Hong Kong, dove si impone un braccialetto alle persone in quarantena, e la soluzione è testata in Corea del Sud e nel Liechtenstein per alcune categorie di cittadini a rischio. StopCovid è destinato ad essere istallato sugli smartphone, ma riguarda tutti i cittadini, malati o meno. Benché la sua installazione sia presentata come facoltativa, in altri paesi, come l’Italia, questo approccio volontario si sta trasformando in un obbligo.
Il caso Cambridge Analytica, venuto alla luce nel 2018, si basava sul lavoro dei ricercatori dell’università inglese. Un’applicazione chiamata “Thisisyourdigitallife”, presentata come un semplice quiz psicologico, era prima stata offerta agli utenti della piattaforma di microlavoro Amazon Mechanical Turk. Poi è stato chiesto loro di dare accesso al profilo Facebook di tutti i loro contatti. Si trattava, in un certo senso, di una tracciamento digitale dei contatti ante litteram.
In nessun momento questi individui hanno acconsentito al riutilizzo delle loro informazioni per la campagna della Brexit o per l’elezione presidenziale di Donald Trump. Ciò è avvenuto in seguito, quando i ricercatori hanno voluto monetizzare i dati, inizialmente raccolti per uno scopo teoricamente disinteressato, attraverso la società Cambridge Analytica. In linea di principio, questo approccio ha rispettato le leggi dei diversi paesi e le regole di queste due grandi piattaforme. Tuttavia, potenti algoritmi sono stati utilizzati per servire gli interessi personali e la sete di potere di politici senza scrupoli.
Qui sono presenti gli stessi ingredienti: scienziati “di buona volontà”, giganti della tecnologia, interessi politici. Nel caso di StopCovid, si tratta del consorzio universitario Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing (Pepp-Pt), nato sulla scia della pandemia. Questi ricercatori si sono posti lo scopo di progettare velocemente la tecnologia di tracciamento di contatti più potente, nel rispetto della legge. Ciò è in linea con gli interessi economici degli operatori privati, come i grandi gruppi industriali nazionali, il settore automobilistico e le banche in Italia, le compagnie di telecomunicazioni e dell’hosting IT in Francia. Ma soprattutto i GAFA, i giganti digitali usamericani, hanno monopolizzato l’argomento.
Questa volta non sono stati Facebook e Amazon, ma Google e Apple, che si sono subito proposti di fornire una nuova struttura per distribuire applicazioni di tracciamento dei contatti sulle loro piattaforme. La minaccia che incombe su tutti questi attori deriva dalle ambizioni di alcuni ambienti politici europei di mostrare la loro determinazione nella lotta contro Covid19 , vantando una soluzione tecnica su larga scala che utilizza i dati personali per la “campagna di deconfinamento”.
Miopia sulla dimensione sociale dei dati
Il progetto StopCovid non offre alcuna garanzia circa gli scopi esatti per i quali questi dati saranno raccolti. L’esecutivo francese non si permette di riflettere sulla fase successiva alla raccolta, ovvero sul trattamento che sarà fatto di queste informazioni sensibili. Quali algoritmi li analizzeranno? Con quali altri dati verranno incrociati a medio e breve termine? La sua fissazione sul breve termine è accompagnata da una miopia sulle dimensioni sociali dei dati.
Cosa succederebbe se, come ci dicono diversi scienziati dell’Inria, del CNRS e di Informatics Europe, nonostante una raccolta iniziale di dati ridotta al minimo, società commerciali o potenze straniere decidessero di creare “applicazioni spurie” che, come Cambridge Analytica, incrociassero i dati anonimizzati di StopCovid con altre basi di dati nominativi? Cosa succederebbe, ad esempio, se una piattaforma di consegna a domicilio decidesse (come è successo recentemente in Cina) di fornire informazioni in tempo reale sullo stato di salute dei suoi corrieri? Come si potrebbe impedire a un imprenditore o a un datore di lavoro di servirsi in futuro dei dati per analizzare le abitudini sanitarie e sociali dei suoi lavoratori?
Il caso Cambridge Analytica ci ha aiutato a capire che i giochi di potere violenti e di parte che circondano il controllo dei nostri dati personali hanno conseguenze dirette su tutta la vita reale. Si tratta di un ghiribizzo astratto. Il caso di StopCovid è altrettanto rilevante. Concentrando risorse, attenzione pubblica e dei parlamentari su una soluzione tecnica probabilmente inefficace, il governo ci distrae dalle emergenze più urgenti: la carenza di maschere, di test e di farmaci, o la disuguale esposizione al rischio di infezione.
Un funesto diversivo
Questa funesta diversione non avrebbe luogo se il governo non avesse imposto le sue strategie digitali in modo verticale, guidato solo dall’urgenza di fingere di agire. Di fronte a queste problematiche, dovremmo invece coinvolgere attivamente ed equamente i cittadini, le istituzioni, le organizzazioni e i territori per ripensare il nostro rapporto con la tecnologia. Il modello di governance che accompagnerà StopCovid sarà chiaramente concentrato nelle mani di un pugno di attori statali e commerciali. Questa verticalità non offre alcuna garanzia contro una rapida trasformazione dell’applicazione in uno strumento coercitivo, imposto a tutti.
Un tale sistema porterebbe fondamentalmente a una battuta d’arresto in termini di libertà, sia simbolica che concreta: sia in termini di libertà di movimento, soprattutto verso paesi che rifiuterebbero di adottare sistemi di tracciamento o userebbero questo pretesto per rafforzare il loro isolamento, sia in termini di libertà di lavorare, di socializzare o di avere una vita privata. Le autorità statali, le aziende e i ricercatori che nelle ultime settimane hanno portato avanti questa proposta disastrosa assomigliano agli apprendisti stregoni che maneggiano strumenti la cui potenza distruttrice gli sfugge. E, come nel poema di Goethe, quando l’apprendista stregone non riesce più a trattenere le forze che ha invocato, finisce per implorare una figura di autorità, un potere superiore che ristabilisca l’ordine. Solo che, come ci insegna il poeta, questo “abile maestro” usa questi strumenti solo “per farli servire ai suoi scopi”.
Antonio Casilli, sociologo
Paul-Olivier Dehaye, matematico
Jean-Baptiste Soufron, avvocato
Co-firmatarie: Sophie Binet e Marie-José Kotlicki, co-Segretarie generali dell’UGICT-CGT; Raquel Radaut, membro di La Quadrature du Net.
Vignette di Biche, Charlie Hebdo