General

Luis Sepulveda, vittima del Covid-19, anticipa un mondo migliore dopo la fine della pandemia

Milena Rampoldi 17/04/2020
Lo scrittore, regista e attivista politico cileno Luis Sepulveda ieri ha perso la sua battaglia contro il coronavirus ed è morto all’età di 70 anni in Spagna, dove viveva da diversi anni. La scrittura e la resistenza all’ingiustizia, al fascismo, al colonialismo e al degrado ambientale attraversano la sua vita in due continenti e in numerosi paesi come un filo di Arianna.

La sua prima opera la scrisse a solo 17 anni nel suo paese natale, il Cile. Ottenne poi fama internazionale con il suo romanzo intitolato “Un viejo que leía novelas de amor” [Il vecchio che leggeva romanzi d’amore], pubblicato nel 1992 che in parte narra esperienze autobiografiche nella natura selvaggia in Ecuador. Un’altra opera intitolata “Mundo del fin del mundo” [Il mondo alla fine del mondo], pubblicata due anni dopo, invece focalizzava sull’opposizione alle imprese giapponesi e la loro caccia illegale delle balene. Sepulveda è l’autore di numerosi romanzi e racconti e anche di libri per bambini che contengono un insegnamento morale fondamentale soprattutto per gli adulti.
Di sé stesso diceva che scrivere gli era sempre piaciuto. Fin dall’inizio per lui scrivere era un modo per rapportarsi al mondo e mantenere il proprio legame con il mondo e dunque il suo progetto sociale per un mondo migliore.
In Cile studiò teatro. Nel 1973, dopo il colpo di stato militare del generale Augusto Pinochet, fu prigioniero politico per un anno e mezzo in condizioni molto difficili. Gli vennero poi concessi gli arresti domiciliari su richiesta di Amnesty International.
La sua decisione di continuare ad opporsi a Pinochet e al suo regime fascista, principalmente mediante la resistenza culturale, gli costò un’altra condanna a 28 anni di prigione. Ma Amnesty International riuscì a trasformare la sua condanna in un esilio di otto anni in Svezia. Qui Sepulveda iniziò una carriera intensa da scrittore.
Viaggiò per tutta l’America Latina, impegnandosi tra l’altro per i diritti degli indiani Shuar. Nell’ambito di un’iniziativa dell’UNESCO, trascorse sette mesi nella loro comunità per studiare gli effetti del colonialismo da essi subiti. Collaborò anche con varie organizzazioni per promuovere l’alfabetizzazione delle popolazioni indigene dell’America Latina, tra cui i campesinos di Ibambura.
Nel 1979 si recò ad Amburgo ove iniziò a collaborare con Greenpeace.
Le sue opere trattano di questioni sociali e politiche, di tematiche legate alla protezione ambientale e al pensiero umanista. Critica fortemente l’egoismo umano. Mira al superamento della componente barbarica nell’uomo creando un’autentica dimensione sociale nel senso del rispetto e della solidarietà reciproci.
Dopo il suo ritorno in Cile all’indomani della dittatura, rimase negativamente colpito dalla presenza di un razzismo radicato e di un individualismo imperante nella società, come affermò in una sua intervista con Casa de America nel 2010. In questo contesto, fece riferimento ad una perdita di speranza che seguiva la grande speranza che aveva posto nel suo ritorno nella vecchia patria dopo la fine del regime di Pinochet. Le persone non mostrano alcun interesse per la dimensione sociale. Per loro quello che conta è solo la figura del self-made-man. Invece, la politica all’indomani della dittatura ha bisogno di una nuova Carta Magna. Il paese ha bisogno di cambiamenti per tutti i ceti sociali. Non si deve solo andare alle urne per votare il male minore. Infatti, la politica ha bisogno di un fondamento sociale e deve produrre dei cambiamenti sociali onnicomprensivi.
Il romanzo “La sombra de lo que fuimos” [L’ombra di quel che eravamo] del 2009 narra una giornata vissuta da quattro uomini cileni che ripensano al loro tempo durante la dittatura, alla prigionia politica e all’esilio, e allo stesso tempo all’epoca pre-dittatoriale di Allende. Per Sepulveda sono due gli elementi cruciali per poter rielaborare il (proprio) passato: l’amore e l’umorismo (amor y humor), come ci dice in un’intervista del 2009. Come tutti i suoi romanzi, anche questo è a sfondo autobiografico.
La dittatura del generale Augusto Pinochet (1973-1990) segnò un momento estremo di svolta politica per la sua generazione e quindi anche per lui. Il romanzo è rivolto a una generazione che non ha vissuto questa dittatura. Tratta di valori sociali e della costruzione pacifica dei movimenti sociali che si auto-percepiscono democratici, ecologici ed antifascisti e che su questa base ridisegnano il mondo politico e sociale.
Spero che dopo la fine della pandemia del Covid-19, l’impegno sociale e antifascista di Sepulveda e la sua lotta contro la distruzione dell’ambiente, causata dalla barbarie umana, non verranno dimenticati.
Sepulveda nel suo libro per bambini (e in particolare per adulti) intitolato “Historia de una gaviota y del gato que le enseñó a volar”[ Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare ] anticipa l’utopia di un mondo senza distruzione ambientale e avido egoismo. Ed è proprio questa utopia che dovremmo inserire nella nostra agenda per creare il nostro mondo all’indomani della pandemia del coronavirus.
In Italia, i libri di Sepulveda sono editi da Guanda, presso il quale ha dato vita a una collana di narrativa, “La frontiera scomparsa”, destinata a ospitare scrittori spagnoli e latinoamericani.