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Guatemala: quarant’anni dopo il massacro dell’ambasciata di Spagna, quello che resta da fare

Factor Méndez Doninelli 26/02/2020
Lo scorso 31 gennaio segna il quarantesimo anniversario (1980-2020) del massacro commesso all’ambasciata di Spagna in Guatemala, provocato dalle forze dell’ordine della dittatura militare dell’epoca, presidiata dal generale Fernando Romeo Lucas García (1978-1982). L’attacco contro questa rappresentanza diplomatica ha fatto 37 morti.

Tradotto da Silvana Fioresi

Editato da Fausto Giudice
Quel giorno un gruppo di contadini maya dell’etnia Quiché, accompagnati da studenti universitari, hanno occupato la suddetta ambasciata con l’intenzione di attirare l’attenzione nazionale e internazionale, per denunciare le atrocità che l’esercito guatemalteco commetteva contro la popolazione indigena, in particolare nella regione di Ixil.
A quel tempo il mondo era bipolare, due potenze mondiali divergenti (gli USA e l’ex Unione Sovietica) si contendevano il dominio del pianeta, la guerra fredda era in vigore e le politiche di controinsurrezione anticomuniste promosse dall’imperialismo usamericano miravano a contenere quello che loro chiamavano « l’avanzamento del comunismo ».
In Guatemala la lotta armata era in piena espansione e, in ragione della polarità sociale esistente, ogni atto, espressione o azione di individui, gruppi, organizzazioni o istituzioni, interpretata come opposta al governo, era considerata come “sovversiva”. Di fronte a una probabile vittoria degli insorti, l’esercito ha attuato un’offensiva militare senza precedenti, includendo una politica da terra bruciata, genocidi e crimini contro l’umanità (esecuzioni extragiudiziarie, detenzioni illegali e arbitrarie, torture, trattamenti crudeli e disumani, sparizioni forzate o involontarie), facendo, con tutto questo, migliaia di vittime.
Venendo a sapere dell’occupazione dell’ambasciata, il governo ha ordinato alla polizia nazionale (PN) di espellere il gruppo di contadini, a dispetto delle richieste di ritiro dell’ambasciatore Máximo Cajal, per cercare una soluzione pacifica attraverso il dialogo. A causa dell’azione brutale della PN il governo spagnolo di Adolfo Suárez ha interrotto le relazioni diplomatiche con il Guatemala, ristabilite poi nel 1985.
Le seguenti persone sono state accusate del massacro: Donaldo Álvarez Ruiz, ex ministro degli interni, tuttora in fuga ; Germán Chupina Barahona, ex direttore della PN dissolta, il generale Óscar Humberto Mejía Victores, ormai morto, e Pedro García Arredondo, ex capo del Comando 6 della PN. Il 19 gennaio 2015, il Tribunale B dei rischi maggiori ha condannato García Arredondo, ritenuto colpevole del massacro, a 90 anni di prigione. È stato anche ritenuto colpevole dell’esecuzione di due studenti universitari che partecipavano ai funerali delle vittime dell’incendio dell’ambasciata.
Tra le vittime figuravano l’ex vicepresidente guatemalteca Eduardo Cáceres Lehnhoff e l’ex ministro degli Esteri Adolfo Molina Orantes e anche il console spagnolo Jaime Ruiz del Árbol e gli spagnoli Luis Felipe Sanz e María Teresa Villa.
Le altre vittime : Juan Chic Hernández, Vicente Menchú, Gabina Morán Chupé, María Pinula Lux, Regina Pol Juy, María Ramírez Anay, Antonia Ramírez Anay, Mateo Sic Chen, Mateo Sis, Juan Tomás Lux, Francisco Tum Castro, Gaspar Vivi, Juan Us Chic, José Ángel Xoná Gómez, Juan López Yac, Gregorio Yuja Xoná, Mateo López Calvo, Juan José Yos, Francisco Chen Tecú, Salomón Tabico Zapeta, Edgar Rodolfo Negreros Straube, Leopoldo Pineda, Luis Antonio Ramírez Paz, Sonia Magali Welches Hernández, Lucrecia Anleu, Lucrecia de Avilés, Mary de Barillas, Nora Mena Aceituno, Miriam Rodríguez, Fernando Antonio García Rac e Trinidad Gómez Hernández.
Ciò che rimane da fare è mantenere la memoria storica viva, onorare le vittime e la loro lotta, continuare a lottare contro l’impunità e garantire che questo non si ripeterà più.