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Come una collina è diventata un’incubatrice per la violenza dei coloni israeliani

Natasha Roth-Rowland – 2 gennaio 2020
Il governo israeliano ha fatto ben poco per fermare i coloni religiosi di Yitzhar, la cui dottrina estremista sta istigando ondate di violenza contro i palestinesi in Cisgiordania.

Immagine di copertina.: un colono sgombra le macerie di un edifico illegale distrutto da IIDF nell’avamposto di Mitzpe Yitzhar , West Bank- 15 diecembre 2011 (Kobi Gideon,Flas90)
Il 16 ottobre 2019, coloni mascherati di Yitzhar e dei suoi avamposti circostanti hanno aggredito attivisti israeliani ed ebrei americani, tra cui un rabbino di 80 anni, che stavano aiutando i palestinesi nella raccolta delle olive. Tre giorni dopo, nella stessa zona i coloni hanno attaccato dei palestinesi che stavano coltivando la loro terra. Nei due giorni successivi, i residenti di Yitzhar hanno assalito anche soldati della polizia di frontiera israeliana, parte di una serie di attacchi scatenati dopo che i militari avevano arrestato un colono sospettato di aver dato fuoco a un appezzamento di terra di proprietà palestinese.
Questo rigurgito di violenza – che ha avuto luogo durante le festività ebraiche del Sukkot – è stato uno dei tanti che si sono verificati in tutta la Cisgiordania occupata negli ultimi mesi del 2019. Assalti contro palestinesi e forze di sicurezza israeliane e atti vandalici verso proprietà palestinese, incluso un incendio doloso , sono stati riportati a Gush Etzion, Hebron, Bat Ayin, Hizma e oltre. Sebbene secondo il Ministero della Difesa israeliano ci sia stato quest’anno un calo del numero di crimini d’odio da parte dei coloni rispetto al 2018, la loro portata in termini di violenza è in aumento.
Yitzhar si trova nella Cisgiordania settentrionale (generalmente definita in Israele “Samaria”), dove i coloni tendono a raggrupparsi in avamposti disseminati in cima alle colline attorno ai centri palestinesi. Questa parte dei Territori Occupati è particolarmente soggetta alla violenza dei coloni, ma non è un caso che Yitzhar sia stato al centro delle ultime prolungate aggressioni di coloni.
Yitzhar fu fondato nel 1983 come avamposto militare su una collina vicino alla città palestinese di Nablus e trasformato l’anno successivo in un insediamento civile tramite una direttiva del governo. L’insediamento originale venne stabilito su terreni agricoli appartenenti a diversi villaggi palestinesi, tra cui Burin e Huwara, che nel corso degli anni hanno subito nella zona il peso maggiore della violenza dei coloni. A partire dalla fine degli anni ’90, numerosi avamposti illegali sorsero sulle colline vicine.
Dal 2000, Yitzhar è la patria della yeshiva Oesh Yosef Chai (“Joseph Still Lives”) nota per istruire i suoi studenti sull’ammissibilità – e persino sulla necessità – della violenza contro i non ebrei. Fondata nel 1982, con la sua organizzazione di beneficenza ombrello incorporata nel 1983, la yeshiva rimase sul sito della tomba di Giuseppe a Nablus per quasi 20 anni, fino al trasferimento a Yitzhar quando durante la Seconda Intifada l’IDF smantellò il suo avamposto militare presso la tomba. La yeshiva e l’avamposto vicino alla tomba di Giuseppe furono un frequente punto di infiammabilità durante la loro esistenza, e la tomba stessa continua a essere luogo di pellegrinaggio per i coloni radicali, le cui spedizioni mensili notturne provocano spesso violenza.
Il rappresentante spirituale della yeshiva e dell’insediamento è il suo presidente Od Yosef Chai Yitzchak Ginsburgh, un rabbino ultraortodosso nato nel Missouri che nel corso della sua carriera ha accumulato un seguito ampio e dedicato. I suoi studenti e accoliti sono stati in prima linea nella promozione e nella realizzazione di atti di violenza contro i palestinesi negli ultimi dieci anni. E nonostante le condanne formulate dai massimi livelli del governo quando si scopre che l’ennesimo assalto o incitazione alla violenza risalgono alla yeshiva di Ginsburgh, questa continua ad operare, oltretutto ricevendo una modesta somma annuale dal consiglio regionale locale.
È in gran parte grazie agli insegnamenti di Ginsburgh e dei suoi seguaci e alla violenza che incoraggiano, che Yitzhar è diventato noto come uno degli insediamenti radicali più estremi. Ma mentre le notizie sulle aggressioni fisiche dei suoi residenti spesso fanno notizia, l’ideologia alla base di essa – e la riluttanza dello Stato ad affrontarla seriamente – ricevono molta meno attenzione.
Non ebrei come “subumani”
“Tutti quelli che conoscevano Baruch [Goldstein] sentirono che aveva agito nel nome del suo essere ebreo…. La sua non è stata la reazione di un ebreo ignorante – che andrebbe comunque benedetto – ma quella di un uomo istruito, di un uomo modello “.
Questa fu la reazione di Ginsburgh al massacro della Moschea Ibrahimi / Grotta dei Patriarchi di Hebron nel febbraio 1994, in cui Baruch Goldstein, nativo di Brooklyn, uccise 29 fedeli musulmani prima di essere picchiato a morte dopo che il suo fucile si era inceppato. Ginsburgh scrisse la sua valutazione in “Baruch HaGever” (“Baruch the Man / Blessed is the Man”), una raccolta di saggi ed elogi pubblicati l’anno dopo l’attacco.
Come molti di coloro che collaborarono alla stesura del libro, Ginsburgh presenta il terrorismo di Goldstein come una testimonianza del suo valore di essere umano, inscindibile dalla sua carriera di medico e come esempio di giusta violenza, con motivazioni profonde e giustificazioni teologiche. Attingendo a una serie di scritture ebraiche, Ginsburgh ha definito l’omicidio di massa come un atto di conservazione ebraica; uno sciopero contro il “male” (in cui i palestinesi sono raffigurati come l’attuale incarnazione degli Amalek, i nemici biblici degli israeliti); e uno sforzo per salvaguardare la Terra di Israele per il popolo ebraico.
Al centro dell’ideologia di Ginsburgh c’è l’accettabilità e la moralità della violenza ebraica contro i non ebrei. Alla base di questo, come ha scritto il professore di religione israeliano Motti Inbari, c’è la sua concezione dei non ebrei come specie “subumana” – il che significa che il comandamento “Non uccidere”, che si riferisce agli umani, si applica solo agli ebrei.
Questa interpretazione dei Dieci Comandamenti è presente in un’altra famosa pubblicazione emersa da Yitzhar, questa volta ascrivibile ai seguaci di Ginsburgh Yosef Elitzur e Yitzhak Shapira – il secondo dei quali dirige la yeshiva Od Yosef Chai. Il loro volume del 2009, “Torat Hamelech” (“The King’s Torah”), sosteneva allo stesso modo che il peccato dell’omicidio si applicava solo alla violenza di ebrei su ebrei e consentiva esplicitamente l’uccisione di bambini e neonati non ebrei se, scrivevano, “È chiaro che cresceranno per farci del male”. Quel libro, come “Baruch HaGever”, guadagnò ai suoi autori accuse per incitamento al razzismo e alla violenza, ma non ci fu alcun procedimento giudiziario.
Diversi anni dopo Elitzur ottenne un’incriminazione per incitamento alla violenza dopo aver pubblicato un articolo sul sito di estrema destra HaKol HaYehudi, gestito da Yitzhar. L’articolo definiva delle linee guida che si sarebbero sviluppate in quelli che sarebbero diventati noti come attacchi “con l’etichetta”, un termine dato ai crimini di odio e agli atti di violenza perpetrati da estremisti israeliani contro chiunque si ritenesse stesse mettendo in pericolo il progetto degli insediamenti, compresi palestinesi e attivisti israeliani di sinistra. Anche ai redattori di HaKol HaYehudi furono mosse simili accuse.
Forse il più noto dell’ultima generazione degli allievi di Ginsburgh è Meir Ettinger, un leader giovanile di Yitzhar sospettato di essere coinvolto in numerosi crimini violenti contro i palestinesi. Ettinger, ex studente di Ginsburgh, è un blogger regolare su HaKol HaYehudi; di recente ha definito Ginsburgh “l’ebreo più genuino del mondo”, e ha dichiarato: “Quando immagino un leader ebreo, quando immagino il re David – assomiglia a Ginsburgh”.
Un vivaio per la violenza dei coloni
Il credere in una violenza moralmente difendibile e a volte obbligatoria, non è affatto raro nell’estrema destra israeliana. Il rabbino Meir Kahane, nato a Brooklyn, che ha avuto una lunga carriera di violenze sia nel suo Paese nativo che in quello adottato, una volta disse a un intervistatore televisivo americano che “la violenza è una mitzvah (comandamento spirituale ebraico) quando è intrapresa per proteggere gli ebrei” . Il manifesto elettorale del partito Otzma Yehudit (potenza ebraica), composto dai discepoli del defunto Kahane, collega esplicitamente la legge religiosa ebraica e la “guerra totale” contro “i nemici di Israele”.
Baruch Goldstein, un seguace di Kahane che era stato anche membro del consiglio comunale di Kiryat Arba per conto del suo partito Kach, potrebbe aver portato quella dottrina all’estremo, ma ispira ancora larghe fasce della destra religiosa- compresi quelli che hanno difeso, e continuano a difendere, la furia di Goldstein a Hebron. Il rabbino Dov Lior, ex rabbino capo di Hebron e Kiryat Arba, sostenne apertamente “Torat Hamelech”.
Inoltre, Ginsburgh non è certo l’unico rabbino influente a indottrinare generazioni di studenti nelle scuole religiose con una logica scritturale per la violenza interetnica e interreligiosa. In effetti, in Israele il sistema di accademie religiose preparatorie pre-militari, la prima delle quali è apparsa nell’insediamento di Eli nel 1988 – presumibilmente segue una logica simile, anche se nei loro programmi sono meno esplicite rispetto a yeshiva come Od Yosef Chai.
Ad esempio, il rabbino Eli Sadan, capo dell’accademia Eli, ha paragonato la guerra di Gaza del 2014 alla narrazione biblica delle battaglie di Sansone conto i Filistei, che si è conclusa con Sansone che ha fatto crollare un tempio sulla sua e sulle loro teste, uccidendo gli oppressori filistei. Innumerevoli rabbini sionisti hanno anche definito i palestinesi come i nemici biblici odierni, con l’implicazione che il loro destino finale dovrebbe essere e sarà l’annientamento.
Eppure Yitzhar e la sua yeshiva sono un caso a parte, non solo in termini di frequenza con cui i suoi abitanti sono coinvolti o collegati alla violenza dei coloni, ma anche in termini di profilo ideologico. I residenti sono prevalentemente nazionalisti ultra-ortodossi – noti in ebraico come hardalim (una parola composta di haredi, ultra-ortodossa e leumi, nazionalista). In questo senso, Yitzhar rappresenta una sorta di trasferimento generazionale di un vivaio per le azioni dei coloni estremisti sia contro i palestinesi che contro lo Stato.
Nel periodo dagli anni ’70 agli anni ’90, il terrorismo ebraico derivava principalmente da gruppi e movimenti religiosi-sionisti come Gush Emunim e il partito Kach, e aveva la sua roccaforte a Kiryat Arba. Lo stesso Kahane è ricordato a Kiryat Arba da un parco che porta il suo nome e che ospita la tomba di Baruch Goldstein. Il decennio dal 2000 al 2010, tuttavia, ha visto emergere un movimento ancora più radicale, che respinge quasi interamente l’autorità dello Stato e che negli ultimi dieci anni è stato alla base di alcuni degli attacchi più brutali ai palestinesi. Il volto di questa nuova estrema destra è la gioventù in cima alla collina, per la quale Ginsburgh è un mentore spirituale.
Lo stesso Ettinger è emblematico di questo trasferimento generazionale, ideologico e geografico dell’avanguardia dell’estremismo di destra israeliano. Proprio come Ginsburgh è stato pubblicizzato come il successore spirituale di Kahane, così Ettinger – nipote di Kahane – ha seguito gli insegnamenti del suo mentore ultraortodosso, piuttosto che del suo parente. (Nel 2016, durante la detenzione amministrativa di Ettinger a seguito dell’attacco incendiario di Duma che uccise tre membri di una famiglia palestinese, Libby Kahane – la vedova di Kahane – espresse la sua delusione per il fatto che suo nipote, ai suoi occhi, non era riuscito a seguire le orme del suo defunto marito.)
Non è un’aberrazione
Il governo israeliano ha fatto sporadici tentativi di affrontare il ruolo di Yitzhar nel fomentare la violenza in Cisgiordania. Ma al di là di una manciata di procedimenti giudiziari , poi abbandonati, contro i leader dell’insediamento, le autorità israeliane non hanno mai fatto seri tentativi per frenare questa violenza. I soldati israeliani, sebbene siano stati ripetutamente presi di mira dai coloni, sono stati persino ripresi guardare senza far nulla mentre i residenti di Yitzhar attaccavano i palestinesi che vivono nei villaggi sotto l’insediamento.
Lo Stato qualche volta ha temporaneamente chiuso le istituzioni dell’insediamento. Alla fine del 2011, ad esempio, il liceo di Yitzhar, Dorshei Yehudcha, fu fatto chiudere dopo che alcuni suoi studenti erano stati collegati ad attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania. Tuttavia, la scuola – il cui direttore è Yosef Elitzur e il cui presidente è Yitzchak Ginsburgh – ha riaperto in silenzio e continua a funzionare .
Nel 2014, le forze di sicurezza israeliane hanno rilevato Od Yosef Chai, posizionandosi per un anno sulla yeshiva e costringendola a cessare le operazioni. Dopo che l’esercito se ne fu andato, tuttavia, la yeshiva aprì di nuovo le sue porte.
A seguito di ripetuti episodi di violenza guidati dai coloni di Yitzhar, nel 2013 il governo ha tagliato centinaia di migliaia di shekel che elargiva annualmente alla yeshiva attraverso il Ministero dell’Educazione. Tuttavia Od Yosef Chai continua a ricevere decine di migliaia di shekel all’anno dal Consiglio Regionale della Samaria ed è stato in grado di mantenere il suo status di realtà senza scopo di lucro, rendendosi ammissibile per donazioni esenti da imposte in Israele. Riceve anche donazioni esenti da tasse dagli Stati Uniti, sebbene il sito web ufficiale della yeshiva sia restio nel dichiarare la fonte di questi fondi (come lo sono molte istituzioni di coloni di destra).
La vera questione, tuttavia, non riguarda solo un singolo insediamento nella Cisgiordania settentrionale. L’aumento dell’emarginazione sociale dei giovani in cima alla collina ha reso più facile per il mainstream politico israeliano indicare la violenza dei coloni odierni – compresa quella di Yitzhar – come un’aberrazione, guidata da un’ideologia che i leader politici insistono non aver spazio nel Paese. Ma la sciarada di logore condanne che si diffondono a seguito degli atti più eclatanti del terrorismo dei coloni, mascherano la misura in cui lo Stato consente tale violenza.
Che si tratti della gioventù in cima alla collina socialmente ostracizzata o dell’élite dei coloni , l’ideologia di base della conquista della terra, della purezza etnica e della legge teocratica sotto il mandato biblico è rimasta presente in tutte le generazioni e in tutte le istituzioni dello Stato. I giovani in cima alla collina hanno certamente una dimensione più esplicitamente antigovernativa nella loro visione del mondo. Ma resta il fatto che la loro ideologia è profondamente radicata in una società che è ancora, dopo oltre 70 anni, incapace persino di affrontare – per non parlare di abbracciare e sancire per legge – il concetto di uguaglianza, o riconoscere i palestinesi come un popolo nativo con legittimi diritti. Fintanto che rimarrà così, il governo israeliano non sarà in grado – e probabilmente non vorrà- di fare gesti più che superficiali per fermare l’estremismo dei coloni.
Dettagli sull’ideologia del rabbino Yitzchak Ginsburgh e dei suoi seguaci, e sulla storia di Yitzhar, sono stati presi dai seguenti libri: Religious Zionism and the Settlement Project: Ideology, Politics, and Civil Disobedience, by Moshe Hellinger, Isaac Hershkowitz, and Bernard Susser (2018); Jewish Fundamentalism and the Temple Mount: Who Will Build the Third Temple? by Motti Inbari (2009); Baruch Hagever: Memorial Book for the Holy Dr. Baruch Goldstein, edited by Michael Ben Horin et al (1995); and How Long Will Israel Survive? The Threat From Within, by Gregg Carlstrom (2017).
Natasha Roth-Rowland è una studentessa di dottorato di storia presso l’Università della Virginia, dove ricerca e scrive sull’estrema destra ebraica in Israele-Palestina e negli Stati Uniti. Precedentemente ha trascorso diversi anni come scrittrice, montatrice e traduttrice in Israele-Palestina e il suo lavoro è apparso su The Daily Beast, sul London Review of Books Blog, su Haaretz, su The Forward .Scrive utilizzando il vero cognome della sua famiglia in memoria di suo nonno, Kurt, che fu costretto a cambiare il suo cognome in “Rowland” durante la ricerca di rifugio nel Regno Unito durante la seconda guerra mondiale.
Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org