Venezuela: come dittatura, abbiamo visto di peggio Creazione di armi globali di costruzione di massa a partire da Caracas
Fausto Giudice 14/12/2019 |
Sono appena tornato dal Venezuela, ancora sotto lo shock emotivo di questo primo incontro “dal vivo” con una rivoluzione in corso.
Tradotto da Alba Canelli
Una rivoluzione che comunica con whatsapp in un paese petrolifero che cerca di diventare “socialista del 21° secolo”. Non darò qui analisi accademiche o infastidirò il lettore con qualsiasi tipo di gergo astruso, ma semplicemente fornirò informazioni di base e darò le mie impressioni di un soggiorno decisamente troppo breve (4 giorni e 4 notti).
Sono stato uno dei 150 delegati stranieri provenienti da 35 paesi invitati a partecipare al Congresso Internazionale della Comunicazione, organizzato a seguito dell’incontro del Forum di San Paolo dello scorso giugno a Caracas. Questo incontro di partiti e movimenti progressisti latinoamericani è stato seguito da una serie di conferenze settoriali (lavoratori, afro-discendenti, donne, giovani e studenti, comuni, movimenti sociali e potere popolare, popolazioni indigene). Il prossimo congresso si svolgerà dal 23 gennaio con partiti e movimenti sociali. Il Forum di San Paolo è stato creato nel 1990 su iniziativa del Partito dei Lavoratori brasiliano e riunisce più di 100 partiti e fronti di sinistra, dai socialdemocratici ai comunisti e ai radicali di sinistra. Questo forum è stato dichiarato nemico pubblico dalle destre latinoamericane e recentemente designato come principale nemico da Iván Duque, il presidente colombiano burattino, in qualche modo destabilizzato dallo sciopero nazionale del 21 novembre, che è stato solo l’inizio di un prolungato e popolare movimento di rivolta contro l’oligarchia neoliberale. Il PSUV, il Partito Socialista Unito del Venezuela, sembra ora essere il più attivo e impegnato nelle dinamiche di questo forum, prendendo il posto di Cuba come baluardo dei movimenti continentali per il cambiamento sociale e politico.
Lo slogan del congresso era: “E adesso, la parola ai popoli! ». Al termine del congresso, il Presidente Nicolás Maduro ha firmato il decreto che istituisce l’Università Internazionale della Comunicazione, il cui obiettivo è quello di formare i combattenti venezuelani, latinoamericani e mondiali della comunicazione nella “guerra di quarta generazione” che oggi soffrono tutti i nostri popoli, dalla Bolivia alle Filippine, passando per il Congo, la Palestina, insomma tutto il Grande Sud del Mondo e gran parte del “Sud del Nord” (principalmente Europa mediterranea). Tutti sanno che ormai le elezioni si vincono facendo un uso massiccio e professionale delle reti sociali. Investendo qualche milione di dollari, ora si può creare un partito politico virtuale senza alcuna base umana fisica e ottenere il 10% dei voti senza alcun problema, come è appena stato il caso in Uruguay per il “Movimento Sociale Artiguista” dell’ex Comandante in Capo dell’esercito, Manini. Sappiamo che Bolsonaro è stato eletto presidente grazie ai milioni di messaggi surrealisti trasmessi su whatsapp. In Tunisia, il partito virtuale del magnate dei media e ricilatore di denaro sporco Nabil Karoui, Qalb Touns (Cuore della Tunisia) ha vinto 38 seggi in parlamento (su 217) combinando la distribuzione di maccheroni ai poveri e una massiccia campagna condotta da professionisti pagati su facebook. Allo stesso tempo, come si dice in macronese, tutti i movimenti di rivolta/contestazione degli ultimi dieci anni, dalle primavere arabe ai movimenti occupy, notti in piedi, giubbotti gialli, intifade sudanese libanese, irachena, iraniana, rumena, lo Tsunami democratico catalano, le 6000 sardine italiane, ecc. camminavano e camminano su due gambe, una virtuale (social network), l’altra fisica (strade, piazze centrali, rotatorie e incroci, spazi temporaneamente liberati), la prima utilizzata per organizzare la seconda.
La guerra sociale assume nuove forme e dimensioni che si aggiungono a quelle classiche, e tutte si influenzano a vicenda. Gli slogan circolano, da un paese all’altro, da un continente all’altro, da una lingua all’altra e persino da un campo all’altro: Così uno slogan dei minatori britannici che combattevano la Thatcher nel 1984 – ACAB, All Cops Are Bastards, Tutti gli sbirri sono dei bastardi – diventa uno slogan dei tifosi ultra e poi un graffiti rivoluzionario in Tunisia nelli anni 2010 o appare sui cartelli in Colombia nel 2019; uno slogan zapatista degli anni ’90 – “Non potete ucciderci, perché siamo già morti” – riapparso sullo striscione in testa della marcia del millione di Tizi Ouzou, in Algeria, nel 2000 e nei graffiti della rivoluzione tunisina 2010-2011; lo slogan “Ci avete portato via tutto, persinola paura”, passa dal campo dei guarimberos venezuelani di destra a quello degli insorti contro il regime neoliberale in Cile.
La guerra sociale è asimmetrica: loro hanno denaro, armi e tecnologia, noi abbiamo il numero, energia e corpo, le nostre emozioni, i nostri sogni, la nostra rabbia. Il biopotere del capitale globale è contrastato da un biocontropotere. Il loro uso verticale degli strumenti di comunicazione, che trasformano in armi di distruzione di massa, è in contrasto con il nostro uso orizzontale di questi stessi strumenti, che stiamo cercando di trasformare in armi di costruzione di massa. Voglio dire, ci stiamo provando. Ci stiamo arrivando? Ce la faremo? Dubito fortemente che i movimenti dal basso saranno in grado di prendere il controllo sugli strumenti di proprietà dei GAFA & Co. che controllano, gestiscono e manipolano in base ai loro interessi finanziari e alle loro connessioni politiche, militari e ideologiche.
Ho accennato sopra alla rivoluzione bolivariana che comunica attraverso whatsapp: tutti i venezuelani incontrati e visti in 4 giorni e 4 notti comunicano quasi esclusivamente attraverso whatsapp. Il paese è sotto embargo Yankee/EU, ma i social network funzionano. Morale: la NASA, la CIA e altre grandi orecchie sanno tutto quello che viene detto in Venezuela. Sanno fare un uso intelligente (dal loro punto di vista) di tutte queste conoscenze? Questa è un’altra domanda a cui sto avendo difficoltà a rispondere, ma sicuramente li sta aiutando a cercare di perfezionare le loro tattiche. Fortunatamente per il popolo venezuelano e i suoi alleati e amici, le macchine imperiali che cercano di mettere in ginocchio e schiacciare questo popolo hanno come relè locali cretini tesserati, braccia rotte e vigliacchi, che non perdono l’occasione di perdere il colpo e di rendersi ridicoli ogni volta di più, incapaci di riuscire un’invasione, un colpo di stato o un magnicidio con un drone. Possiamo essere certi di una cosa: in Venezuela, l’intelligenza ha scelto da tempo il suo lato: in basso a sinistra, dove si trova il cuore.
Provenendo da luoghi del vecchio mondo mediterraneo dove si cerca di distruggere, per arrivare ad un paese dove si cerca di costruire mettendo tutto – cuore, testa, corpo e anima – entra nella categoria incontro del quarto tipo. Non conosco nessun altro paese in cui, quando un presidente eletto della Repubblica raggiunge finalmente il podio, acclamato da un migliaio di petti, inizia ballando due minuti al suono di una cumbia. Qualcuno lo troverà ridicolo. Io, no. La politica non deve trasformarti in robot o zombie. Possiamo tenere un discorso serio intervallato da aneddoti e barzellette senza che questo sia considerato un basso livello demagogico, purché diamo alla moltitudine riunita la sensazione che lo stiamo facendo naturalmente, che non si tratta di finzione.
Il congresso è stato intenso, denso ma rilassato, serio ma giubilante, venezuelano ma continentale e transnazionale, sincretico come questo popolo con radici africane, arabe, andaluse, europee, caraibiche, indigene, insomma un popolo-mondo che apre le braccia al mondo dei popoli. Questa grande umanità ha detto di nuovo “Basta” e nessun embargo, nessuna guerra psicologica, nessuna calunnia, per quanto perversa, la farà abdicare e inchinarsi davanti agli dei del denaro e del disprezzo, il cui crepuscolo è all’orizzonte.
Grazie a tutte le sorelle e fratelli che ci hanno aperto le braccia con generosità senza limiti. Non li nominerò perché potrei dimenticarne alcuni: si riconosceranno. Torneremo, vi daremo il benvenuto a casa nostra e cercheremo di essere all’altezza della vostra ospitalità. E ci mettiamo al lavoro per realizzare i nostri sogni comuni. Insieme riusciremo a dare vita a tutti gli strumenti che abbiamo deciso di forgiare per dare voce ai popoli, il primo passo verso il potere di questi popoli, ognuno nel dialetto del grande linguaggio umano che hanno imparato dalla loro nascita, affinché il mondo diventi finalmente una Matria Grande, una matria che contiene tutte le matrie, tutte le patrie, tutte le fratrie, tutte (osiamo il neologismo) le sorotrie.
Di seguito è riportato un breve testo di proposte che abbiamo distribuito a Caracas, per alimentare i dibattiti in corso:
Siamo poveri. Siamo deboli. Siamo ingenui.
E’ vero.
Ma allo stesso tempo:
Siamo intelligenti. Siamo fantasiosi. Siamo esperti. Siamo in molti.
Da Caracas, capitale di una rivoluzione assediata e minacciata di sterminio, lanciamo un appello:
Combiniamo le nostre debolezze affinché diventino un grande punto di forza
Raccogliamo le nostre povertà per creare ricchezza
Raccogliamo la nostra immaginazione per rendere possibile un mondo che contiene tutti i mondi.
I nostri compiti per il prossimo anno potrebbero essere:
1 – Creare insieme libere alternative di comunicazione sociale, per poter disertare facebook, twitter, whatsapp e altre gabbie imperiali e muoversi in spazi liberi.
2 – Far circolare dal basso le informazioni, analisi, documenti veritieri e verificati.
3 -Tradurre questi documenti velocemente e bene nel maggior numero possibile di lingue.
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