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ll flirt israeliano con le stelle del calcio non fermerà il boicottaggio culturale

Dr Daoud Abdullah – 17 dicembre 2019
Il tentativo deliberato di Israele di attirare le star del calcio internazionale è un tentativo disperato di “imbiancare” il suo record nella violazione dei diritti umani e di bloccare lo sviluppo del BDS.

Il boicottaggio culturale è uno dei metodi più efficaci di protesta pacifica contro il razzismo istituzionale. Negli anni ’80 è stato usato con successo contro il regime di apartheid in Sudafrica. Al fine di contrastare un simile risultato, Israele ha intensificato la sua offensiva nel corteggiare le celebrità del settore dello spettacolo e, più recentemente, i migliori calciatori. Funzionerà?
Gli sportivi non provengono da un altro pianeta; sono il prodotto della società in cui vivono. Sono testimoni delle sofferenze quotidiane dei popoli oppressi . Mesut Özil, centrocampista dell’Arsenal, lo ha dimostrato venerdì scorso quando ha espresso la sua repulsione per la prigionia di milioni di Uiguri in Cina.
L’intervento di Özil non è stato l’unico. Un numero crescente di sportivi sta diventando sempre più sensibile e solidale con le questioni relative ai diritti umani. Mentre alcuni sono irretiti dalla quantità di soldi loro offerti, altri scelgono di non “imbiancare” quei regimi autocratici protagonisti di report di denuncia sui diritti umani.
Il caso del golfista Rory McIlroy ne è un esempio lampante; ma se lui ha rifiutato un contratto di ingaggio di 2,5 milioni di dollari per competere in Arabia Saudita, i pesi massimi Anthony Joshua e Andy Ruiz hanno accettato di combattere nel deserto per decine di milioni. McIlroy ha spiegato: “giocare in Arabia Saudita non è qualcosa che mi entusiasma”. E ha detto al Golf Channel: “C’è un motivo assolutamente morale per questa mia decisione”
Ugualmente, solo pochi giorni fa, l’emittente statale spagnola RTVE ha annunciato che non avrebbe trasmesso il prossimo torneo della Supercoppa spagnola in Arabia Saudita a causa delle violazioni della stessa sui diritti umani.
A differenza dell’Arabia Saudita, Israele ha avuto relativamente più successo nell’attirare personalità dello sport a livello mondiale. Il mese scorso, le squadre di calcio nazionali argentine e uruguaiane hanno disputato una partita “amichevole” in Israele. Poi è arrivato il recente gesto dell’icona del calcio portoghese Cristiano Ronaldo, che ha regalato la sua maglia al ministro degli Esteri israeliano Yisrael Katz.
A differenza del golf, del cricket, della boxe o del baseball, il ” gioco più bello” – il calcio – è probabilmente il più globale di tutti gli sport. Quindi, quando calciatori come Ronaldo e Lionel Messi recitano una parte o si identificano con i politici israeliani, hanno maggiori probabilità di influenzare le tendenze globali. In effetti, Israele spera che il loro impegno venga interpretato dai loro fan di tutto il mondo come un’approvazione delle sue politiche., così da scongiurare lo status di paria attribuito a suo tempo al Sudafrica.
Durante la maggior parte del periodo dell’apartheid, il regime sudafricano fu boicottato culturalmente. L’espulsione del Paese dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) nel 1970 fu seguita dall’Accordo Gleneagles del 1977 con il quale i paesi del Commonwealth decisero all’unanimità di scoraggiare i contatti tra i loro sportivi e le società, le squadre o gli atleti dell’apartheid in Sudafrica.
I paesi del Commonwealth furono così risoluti e uniti nella loro posizione che quando il governo Thatcher rifiutò di applicare l’accordo di Gleneagles, 32 Paesi su 59, guidati dalla Nigeria, boicottarono i Giochi di Edimburgo nel 1986.
Ogni speranza che l’odierna Lega araba o l’Organizzazione della Conferenza islamica (OIC) possano mai assumere la volontà politica di agire come le loro controparti africane, non è altro che un sogno irrealizzabile. Al contrario, sono più disponibili a nascondersi dietro alla facciata del “non mescolare sport e politica”.
Per quanto riguarda Ronaldo e Messi, è inconcepibile che non fossero a conoscenza del fatto che un tribunale israeliano, a ottobre, aveva confermato il divieto di viaggio dei calciatori palestinesi dalla Striscia di Gaza occupata, per “motivi di sicurezza”. Il tribunale ha impedito a Khadamat Rafah di viaggiare e quindi di disputare la finale della Coppa della Palestina contro l’FC Balata in Cisgiordania.
Le sportive palestinesi non sono esenti dalle restrizioni ai viaggi di Israele. A novembre a una squadra di karate femminile di Gaza è stato vietato di viaggiare per partecipare a un torneo a Sharjah,negli Emirati Arabi Uniti.
Coloro che sostengono che il boicottaggio culturale di Israele è un passo troppo estremo, dovrebbero ricordare gli atti di vandalismo commessi per spregio dai soldati israeliani nel Ministero della Cultura Palestinese nel 2002. L’edificio fu occupato dall’esercito israeliano nell’aprile di quell’anno. Quando all’inizio di maggio lo abbandonarono, i dipendenti palestinesi rimasero scioccati da ciò che trovarono. La giornalista israeliana Amira Haas descrisse esplicitamente il disastro:
“Tutte le apparecchiature ad alta tecnologia ed elettroniche erano state distrutte o erano scomparse: computer, fotocopiatrici, macchine fotografiche, scanner, dischi rigidi, apparecchiature di editing per migliaia di dollari, televisori. In ogni stanza dei vari dipartimenti – letteratura, film, cultura per bambini e libri per ragazzi, dischi, opuscoli e documenti erano ammucchiati, sporchi di urina ed escrementi … Ci sono due bagni su ogni piano, ma i soldati hanno defecato e urinato dappertutto nell’edificio, in diverse stanze in cui avevano vissuto per circa un mese … Qualcuno è persino riuscito a defecare in una fotocopiatrice. ”
Il tentativo deliberato di Israele di attirare le star del calcio internazionale non è solo un tentativo disperato di “imbiancare” il suo record nella violazione dei diritti umani. Soprattutto, ha lo scopo di bloccare lo sviluppo del movimento globale per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). Chiaramente Israele spera di neutralizzare il movimento BDS flirtando con le squadre e i giocatori di calcio più influenti.
Questa offensiva è destinata a fallire. A parte una dichiarata minoranza in Europa, la fratellanza calcistica mondiale è molto più consapevole del razzismo di quanto non lo sia mai stata durante i giorni peggiori dell’apartheid sudafricano.
Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org