La Palestina è una questione di giustizia climatica.
Abeer Butmeh -29 novembre 2019 |
La lotta per la giustizia climatica per tutti è direttamente collegata alla lotta palestinese.
Questo venerdì, 29 novembre, coincideranno due importanti eventi globali per me di grande rilevanza : il quarto sciopero globale del clima e l’annuale Giornata Internazionale di Solidarietà delle Nazioni Unite con il popolo palestinese. Questa convergenza rappresenta simbolicamente una realtà importante: la lotta per la giustizia climatica per tutti è direttamente connessa alla lotta palestinese. La Palestina è una questione di giustizia climatica.
Nel mio lavoro di coordinamento delle organizzazioni ambientaliste palestinesi, sono ogni giorno testimone del fatto che per i palestinesi il cambiamento climatico non è solo un fenomeno naturale, ma politico. Il regime israeliano di occupazione e apartheid, che ci nega il diritto di gestire la nostra terra e le nostre risorse, aggrava la crisi climatica che i palestinesi si trovano a dover affrontare, rendendoci più vulnerabili agli eventi climatici.
L’esempio più estremo è la Striscia di Gaza, dove due milioni di palestinesi vivono in una prigione a cielo aperto sotto l’occupazione e l’assedio israeliano. Le Nazioni Unite hanno previsto che Gaza sarà invivibile entro il 2020. Molti sostengono che lo sia già.
L’acuta carenza di acqua potabile a Gaza è stata aggravata non solo dal cambiamento climatico, ma anche dalle restrizioni di Israele sull’ingresso di materiali e carburanti necessari per il trattamento delle acque reflue. Di conseguenza, le acque reflue si sono infiltrate nella falda acquifera di Gaza e fluiscono non trattate nelle acque costiere di Gaza, danneggiando la vita marina e la salute. Il novantasette percento dell’acqua di Gaza non è adatta al consumo umano e l’acqua contaminata causa il 26 percento di tutte le malattie di Gaza ed è una delle principali cause di decessi infantili.
In uno degli innumerevoli tragici esempi legati all’inquinamento idrico, ricordo quello un bambino di cinque anni, Mohammed al-Sayis, andato sulla spiaggia di Gaza con la sua famiglia per sfuggire al caldo e morto nel 2017 dopo aver nuotato nell’acqua di mare contaminata dalle acque reflue.
Israele ha anche danneggiato la terra e l’agricoltura di Gaza. L’esercito israeliano impedisce ai palestinesi di utilizzare il 20 percento della terra arabile vicino alla recinzione militarizzata e irrora i terreni agricoli di Gaza con pericolosi erbicidi. Uno studio condotto dalla nostra organizzazione, la rete di ONG palestinesi ambientaliste FoE Palestine, ha rilevato che la guerra di Israele del 2014 a Gaza, durante la quale Israele lasciò cadere 21.000 tonnellate di esplosivi, potrebbe aver causato ingenti danni al suolo riducendone la produttività agricola.
Nella Cisgiordania occupata, Israele ruba e distrugge sistematicamente terra e acqua palestinesi. Israele controlla oltre il 60% delle terre della Cisgiordania, dove 640.000 israeliani vivono attualmente in insediamenti illegali. I coloni israeliani consumano sei volte più acqua dei 2,9 milioni di palestinesi residenti in Cisgiordania. Dal 1967, Israele ha anche sradicato 800.000 alberi di ulivo.
I mezzi di sussistenza delle comunità agricole palestinesi sono stati modificati dalla combinazione di sequestro di terra e di acqua e cambiamenti climatici. Gli agricoltori palestinesi affrontano alcuni dei loro problemi più gravi nella Valle del Giordano, un’area agricola che comprende il 30 percento della Cisgiordania.
Il villaggio di Al-Auja, nella Valle del Giordano, è un caso emblematico. Parte della terra di al-Auja è stata sequestrata da quattro insediamenti israeliani. Aggiungendo il danno alla beffa, la fonte principale di al-Auja, che un tempo forniva un flusso continuo di acqua per l’agricoltura, ora fornisce acqua da poche settimane a pochi mesi ogni anno. Questa riduzione è avvenuta dopo che Mekorot, la compagnia idrica nazionale israeliana, ha scavato pozzi a monte della stessa falda acquifera. Il prosciugamento della sorgente di al-Auja ha notevolmente ridotto la produzione agricola.
E mentre villaggi come al-Auja fanno fatica ad adattarsi alla scarsità d’acqua, gli insediamenti illegali israeliani nelle vicinanze godono di un abbondante accesso all’acqua per bere, per irrigare coltivazioni e prati e per le piscine. Chiamiamo questa grave discriminazione apartheid dell’acqua, una componente importante del più ampio regime di apartheid climatico che Israele sta imponendo ai palestinesi.
In tutto il mondo Israele coltiva una sua immagine”verde”, ma la realtà è drammaticamente diversa. Israele si affida a pratiche agricole e idriche insostenibili che dipendono dallo sfruttamento della terra e dell’acqua dei palestinesi. Inoltre, il 97,7 per cento della produzione di elettricità israeliana proviene da combustibili fossili e Israele sta cercando di esportare in Europa gas naturale ed elettricità generata da combustibili fossili.
In occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese, le organizzazioni ambientaliste palestinesi chiedono una pressione globale su Israele affinché ponga fine all’apartheid con il boicottaggio del governo israeliano e delle istituzioni e società che sono complici nel distruggere l’ambiente, violare i nostri diritti e trarre profitto dalle nostre risorse.
Ciò include il boicottaggio dei progetti internazionali di Mekorot, che sostengono l’apartheid idrico privando i palestinesi dell’accesso all’acqua e fornendola agli insediamenti illegali in Israele; il boicottaggio dei datteri mejdoul, che vengono coltivati nella valle del Giordano usando terra e acqua rubate ai palestinesi; l’opposizione all’esportazione israeliana di gas naturale ed elettricità in Europa.
Mentre la gente si raduna venerdì in tutto il mondo per porre fine all’uso di combustibili fossili e per la giustizia climatica per tutti, gli organizzatori dovrebbero includere tali boicottaggi tra le loro strategie e richieste a sostegno della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza dei palestinesi.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.
Trad: Grazia Parolari: “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org