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Mugabe, l’uomo che liberò lo Zimbabwe e poi lo fece prigioniero

Federica Iezzi 7 settembre 2019
Socialista e panafricanista, il leader scomparso ieri a 95 anni ha avuto due volti: ha guidato l’indipendenza e alfabetizzato le masse, ha eliminato gli oppositori e si è imposto al potere per trent’anni.

Lo Zimbabwe è il Paese che Robert Gabriel Mugabe ha contribuito a costruire. Ed è il paese che ha aiutato a distruggere. Uno dei leader post-coloniali africani più discussi muore dopo 30 anni di assoluto potere.
Negli anni ’70, fu il ribelle marxista trasformato in insegnante dell’Africa. Abissali contraddizioni lo descrivono. Liberatore dello Zimbabwe che ha sfidato l’Occidente. Autocrate che macellò le opposizioni.
La violenza e il caos derivanti dalla sua lotta per aggrapparsi al potere hanno portato a migliaia di morti, milioni di rifugiati e impoverimento economico. L’eredità di Mugabe è macchiata dai suoi atti distruttivi.
Mugabe nacque sotto il dominio coloniale britannico nella Rhodesia del sud nel 1924, in una famiglia di carpentieri. Nonostante le scarse prospettive scolastiche e di lavoro ebbe un’istruzione gesuita e prosperò nel mondo accademico.
Frustrato dal razzismo e dal dominio dei coloni bianchi, Mugabe abbracciò il socialismo. Trascorre 11 anni in prigione, scatenando una ribellione da dietro le sbarre attraverso il suo movimento di resistenza, lo Zimbabwe African National Union (ZANU).
Una volta libero guidò il Paese verso l’indipendenza e all’inizio degli anni ’80 fu eletto primo ministro della neo-fondata Repubblica dello Zimbabwe. Le sue prime riforme socialiste portarono insegnanti e medici nelle aree rurali e difficilmente accessibili. Nello stesso tempo, lancia una feroce repressione sui rivali politici nella regione di Matabeleland che causò la morte di circa 20mila civili.
Spietato autoritario, non gravato dalla pratica democratica e appoggiato radicalmente dal suo partito politico, ZANU-PF, Mugabe portò avanti un’innovativa politica di riforma agraria che permise agli agricoltori neri di prendere il controllo delle fattorie di proprietà bianca. Scatenò l’indignazione globale: le nazioni occidentali hanno spropositatamente aumentato le sanzioni sul Paese che è stato poi sospeso dal Commonwealth.
La diretta conseguenza fu un esodo di agricoltori bianchi, iperinflazione e carenza di prodotti alimentari che hanno ridotto del 40% l’economia, secondo i dati della Banca Mondiale.
Mugabe è stato costretto a dimettersi dai militari del Paese nel novembre 2017 a seguito delle dominanti proteste di massa a livello nazionale. Nonostante la sua uscita dalla scena politica, l’eredità di Mugabe come liberatore è stata riconosciuta dal suo successore, l’attuale presidente Emmerson Mnangagwa: “Cde Mugabe era un’icona di liberazione, un panafricanista che ha dedicato la sua vita all’emancipazione e all’empowerment del suo popolo. Il suo contributo nella storia della nostra Nazione e del nostro continente non sarà mai dimenticato. Possa la sua anima riposare nella pace eterna”.