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ISRAELE. Anche Re Davide candidato alle elezioni

Michele Giorgio 14 settembre 2019
Il “Parco archeologico della Città di Davide”, gestito dalla immobiliare dei coloni Elad, è un formidabile propagatore di suggestioni bibliche. Ma restano scarse le certezze storiche sul re considerato il seme della civiltà occidentale. La Bibbia e l’immagine di re Davide parte del programma elettorale della destra nazionalista religiosa.

«La storia di re Davide e le radici della sua dinastia sono qui, tra questi scavi, tra queste pietre. La storia di re Davide è quella di Gerusalemme e di Israele, da tremila anni fa fino ai nostri giorni». La guida, un giovane sulla trentina, sorride, accompagna la sua narrazione con movimenti lenti della testa e delle mani rivolgendosi ad un gruppo di turisti seduti sugli spalti che si affacciano sugli scavi. La vista dal “Parco archeologico della Città di Davide” è mozzafiato. In alto si scorgono le mura antiche di Gerusalemme con le cupole delle moschee di Al Aqsa e della Roccia, il terzo luogo santo dell’Islam e, secondo la tradizione ebraica, l’area del biblico Tempio. Di fronte, ad est, dominano il Monte degli Ulivi e l’antico cimitero ebraico. In basso c’è la piscina di Shiloah.
La giovane guida, come i suoi colleghi, abbina l’archeologia alle gesta di re Davide e di eroici combattenti ebrei lanciati alla conquista di Gerusalemme e poi nella difesa della città. Lo stesso si può ascoltare nei filmati descrittivi disponibili nel parco, visitato ogni anno da mezzo milione di turisti e gestito interamente, con l’approvazione delle massime autorità comunali e governative, dalla Elad, società “immobiliare” del movimento dei coloni israeliani insediati nella zona araba di Gerusalemme, occupata nel 1967. Guide turistiche e filmati rendono invisibile una presenza ben evidente ma che “stona” all’interno della narrazione ufficiale del luogo: le centinaia e centinaia di case palestinesi del quartiere di Silwan, che avvolgono il “sito archeologico”.
Nella “Città di Davide” non c’è spazio per una storia più articolata. C’è un’unica storia che non si discute. Qui il racconto biblico è una verità assoluta e fonte primaria della legittimità dello Stato di Israele. È un trattato di politica internazionale firmato anche dagli Stati uniti. L’ambasciatore Usa David Friedman, partecipando a giugno alla cerimonia di inaugurazione, nell’area della “Città di Davide”, della Via del Pellegrinaggio, il percorso che anticamente avrebbe collegato la piscina di Siloam al Monte del Tempio, ha dichiarato perentorio che «Essa (la Via del Pellegrinaggio, ndr) porta alla luce la verità storica di quel periodo cruciale della storia ebraica. La pace tra Israele e palestinesi deve basarsi su un fondamento di verità. La Città di David contribuisce al nostro obiettivo collettivo di perseguire una soluzione fondata sulla verità. È importante per tutte le parti coinvolte nel conflitto».
Friedman vuole che «la verità» emerga. La sua verità ovviamente, che è quella dei coloni e di coloro che usano l’archeologia biblica per fini politici e per negare i diritti dei palestinesi. Quindi re Davide è tra i candidati alle elezioni israeliane del 17 settembre. Sull’archeologia politica si fonda il programma politico e la campagna elettorale di Yemina, la coalizione di forze della destra sionista religiosa e, sempre di più, quella del Likud del premier Netanyahu. Parliamo dello schieramento al potere da dieci anni in Israele. Vale la pena di ricordare che non pochi dei laici fondatori di Israele e alcuni dei suoi primi leader politici sono stati archeologi con evidenti finalità politiche.
Ma il protagonista di questa storia, re Davide, è davvero esistito, le vicende che gli vengono attribuite sono avvenute? E più di tutto, ha davvero vissuto ed esercitato il suo potere nell’area del quartiere palestinese di Silwan, tra le pietre antiche della “Città di Davide” allestita dai coloni? «In quell’area hanno scavato famosi archeologi del passato e scavano quelli del presente ma la prova della presenza di re Davide non è mai stata trovata» ci spiega l’archeologo Yonathan Mizrachi, di Emek Shaveh, una ong israeliana che si oppone a chi usa le rovine del passato come uno strumento politico e per espropriare proprietà palestinesi. «Per prove – aggiunge Mizrachi – intendiamo ritrovamenti materiali e iscrizioni che attestino l’esistenza della tomba o del palazzo di re Davide o che siano inequivocabilmente riconducibili a lui. L’era di re Davide, sulla base della Bibbia, è indicata nel X secolo a.C. ma non si è trovato molto di quell’epoca (nel sito della “Città di Davide”). I ritrovamenti annunciati da alcuni archeologi sono controversi. Un interrogativo grava su tutto ciò che riguarda Gerusalemme ai tempi di re Davide. Quanto fosse grande e quale funzione avesse la città in quel periodo da un punto di archeologico e dei fondamentali di storia, è un’area molto grigia che non ci permette di affermare nulla con certezza».
Profondi dubbi sulla credibilità storica del racconto biblico sono sollevati dal professor Israel Finkelstein, archeologo israeliano di fama mondiale (alcuni dei suoi libri sono stati tradotti in italiano). Pur non facendo parte della corrente minimalista, che colloca la composizione della Bibbia nel periodo del rientro degli ebrei dalla Babilonia, il docente sostiene che gran parte di ciò che si legge nel testo sacro è stato scritto tra il VII e il V secolo a.C. e che Gerusalemme nel X secolo a.C. è stata solo un villaggio o un centro tribale. Non solo. Finkelstein afferma che Davide e Salomone, ovvero il seme della civiltà occidentale e spina dorsale della storia antica degli ebrei, se davvero sono esistiti dovevano essere ben diversi dai personaggi che hanno ispirato scultori, pittori, scrittori, poeti. Davide, sostiene Finkelstein, era a capo di una minuscola e invivibile Gerusalemme. Lui e il suo successore furono trasformati in potenti re e simboli di speranza dagli ebrei nei secoli successivi. «La loro storia è stata scritta in Giudea – ha dichiarato il docente in una intervista di qualche anno fa al quotidiano Yediot Ahronot – per giustificare il dominio su un gran numero di rifugiati arrivati lì dopo la distruzione del Tempio». Tesi respinta dai coloni e dalla stella dell’archeologia biblica Eilat Mazar.
Il 4 agosto 2005 Mazar, per la gioia degli ultranazionalisti, annunciò di aver scoperto nel sito di Silwan il presunto palazzo del re Davide, un edificio, disse, risalente al X secolo a.C. Nel 2010 proclamò di aver individuato le presunte antiche mura della città di Davide. Scoperte smentite, per scarsità di prove, da specialisti israeliani e stranieri che accusano la Mazar di credere che la Bibbia sia storia vera dalla prima all’ultima parola. Per la Elad e il movimento dei coloni invece quelle scoperte legittimano le occupazioni di case palestinesi a Silwan cominciate all’inizio degli anni ’90, l’espansione continua del sito archeologico e il proseguimento degli scavi. Lavori in gran parte sotterranei che, denunciano i palestinesi, mettono a rischio la stabilità delle loro case e lasciano immaginare deportazioni di popolazione in futuro. Ma le loro voci restano inascoltate.
Il 17 settembre quindi si voterà anche in nome dei re Davide e Salomone. «Non è una esagerazione – dice Yonathan Mizrachi – votare per certe forze politiche significa appoggiare progetti di esproprio e di demolizione di case palestinesi in aree archeologiche e i piani di chi apertamente punta ad ottenere la spartizione della Spianata delle moschee di Gerusalemme per ricostruire il Tempio ebraico. Ed intende riuscirci ad ogni costo, accada quel che accada».