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ELEZIONI ISRAELE. Per Netanyahu la vera sfida è riprendersi Lieberman

Michele Giorgio 17 settembre 2019
Israele oggi al voto, stessa situazione del 9 aprile: testa a testa tra Likud e “generali”.

Circa sei milioni di israeliani tornano oggi alle urne – resteranno aperte dalle 7 alle 22 – per la seconda volta in pochi mesi. Il voto per il rinnovo della Knesset sarà l’ennesimo referendum sul premier uscente Benyamin Netanyahu. Il leader del partito Likud, a capo del governo dal 2009, chiede la riconferma alla guida del paese sperando che possa offrirgli una via di fuga dai guai giudiziari che lo tormentano. Rispetto alle elezioni del 9 aprile il quadro politico è mutato poco. La gara per il primo posto resta tra il Likud di Netanyahu e la lista centrista, in realtà di destra, Blu e Bianco, nota come il partito dei generali, guidata dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz. I due schieramenti, dicono gli ultimi sondaggi, sono vicinissimi, 32 seggi a testa. Ma il quadro è più complesso. Perché è in atto una lotta nella lotta per la vittoria, tra Netanyahu e il suo più agguerrito (e astuto) avversario di destra, l’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman. Proprio il rifiuto ad entrare in un governo assieme ai partiti religiosi ortodossi opposto a maggio da Lieberman, ha impedito a Netanyahu di formare la nuova maggioranza di governo data per certa dopo il 9 aprile.
Netanyahu ha condotto una campagna elettorale particolarmente aggressiva negli ultimi giorni, nel tentativo di frenare le velleità di Gantz e allo stesso tempo di assorbire a vantaggio del Likud voti destinati all’estrema destra. E ha fatto ricorso ai suoi cavalli da battaglia: il «pericolo arabo» per la sicurezza del paese, agitato senza ritegno incurante dello sdegno dei cittadini palestinesi d’Israele, e promettendo l’annessione della Valle del Giordano e, ha detto nelle ultime ore, anche delle colonie ebraiche a Hebron e di Kiryat Arba. Mosse e dichiarazioni sono state condannate dai palestinesi ma hanno trovato il consenso di una parte dell’elettorato israeliano di estrema destra attirato dal suo appello al voto utile. Netanyahu ha ripetutamente lanciato l’allarme su una possibile alleanza tra Blu e Bianco e la Lista araba unita (accreditata di 12 seggi) che, a suo dire, sarebbe una «catastrofe» e getterebbe Israele nelle braccia dei suoi nemici. E ha strizzato l’occhio all’estrema destra di Otzma Yehudit, “Potere Ebraico”, il partito erede del movimento razzista Kach che i sondaggi danno in crescita e potrebbe superare la soglia di sbarramento del 3,25%, guadagnando quattro seggi. «Solo un grande Likud impedirà un governo di sinistra e solo un grande Likud manterrà la destra al potere. Andate e votate Likud», ha esortato Netanyahu chiudendo la sua campagna.
Questi e altri sforzi, uniti ai recenti bombardamenti aerei israeliani in mezzo Medio oriente contro gli alleati dell’Iran e all’appoggio incondizionato ricevuto da Donald Trump, forse non basteranno a Netanyahu. Pur battendo Gantz, potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione di stallo dei mesi scorsi, bisognoso degli 8-9 seggi del partito Yisrael Beitenu guidato da Lieberman. I due trent’anni fa avevano unito le forze. Ne guadagnò soprattutto Lieberman che seguendo il grande affabulatore e carismatico Netanyahu riuscì a lavarsi di dosso, almeno in parte, l’etichetta di moldavo rozzo ed ex buttafuori di locali. Poi venti anni fa la rottura fra i due, mai superata, con Lieberman che è diventato un campione della società laica e una perenne spina nel fianco di Netanyahu che accusa di debolezza verso Hamas a Gaza e di piegarsi alle condizioni dei partiti religiosi ortodossi. «Sono una coppia che ha litigato molto ma non ha mai fatto domanda di divorzio al rabbinato» ha commentato Yehuda Ben Meir. Per questo Netanyahu spera che dopo i veleni della campagna elettorale i due possano ritrovarsi insieme al governo trovando un compromesso sulla questione del servizio militare anche per i giovani religiosi ortodossi sul quale Lieberman insiste con forza scatenando le reazioni dei partiti sionisti religiosi o ultraortodossi, ossia gli alleati naturali di Netanyahu.
Gantz spera di portare dalla sua parte Lieberman riducendo i finanziamenti alle istituzioni religiose e difendendo la società laica. Ma le sue possibilità, ammesso che Blu e Bianco arrivi primo, sono legate anche ai risultati che avranno i suoi potenziali alleati di coalizione, alcuni dei quali ridotti ai minimi termini. A cominciare dai laburisti che, forse, riusciranno a superare la soglia di sbarramento grazie all’alleanza con Gesher, partito di destra moderata, per finire ai sionisti di sinistra del Meretz che per garantirsi qualche seggio alla Knesset si sono uniti al Campo Democratico dello scomodo ex generale e primo ministro Ehud Barak. In ogni caso Gantz per formare un possibile governo alternativo alla destra avrà necessariamente bisogno dei seggi arabi. Per ottenerli dovrà rimangiarsi il secco «no» che ha detto ad una coalizione di maggioranza con la Lista araba unita.