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“Gli invasori uccidono le nostre vite e versano il sangue della nostra foresta” Dichiarazione degli indigeni Munduruku dell’Amazzonia

Associação Indígena Pariri 31/08/2019

Perseguiamo l’auto-demarcazione e la difesa del nostro territorio.


Tradotto da Alba Canelli

Noi, il popolo Munduruku del Medio e Alto Tapajós, continuiamo l’auto-demarcazione del nostro territorio di Daje Kapapap Eipi, noto come Terra autoctona Sawre Muybu. Abbiamo percorso più di 100 km a piedi nel nostro territorio, su terreni che hanno già beneficiato del rapporto di identificazione e delimitazione circostanziale nel Giornale ufficiale dell’aprile 2016.


Organizzati in 5 gruppi – Pusuru Kao, Pukorao Pik Pik Pik, Waremucu Pak, Surup Surup et la guerriera Wakoborun – continuiamo a difendere il nostro territorio sacro. La nostra resistenza è sempre stata così. Dato che i nostri antenati hanno sempre vinto le battaglie e non sono mai stati colpiti dalle frecce dei loro nemici, continuiamo anche a ripulire le nostre vette, ispezionare, formare gruppi di autodifesa e aprire nuovi villaggi, come Karoebak sul fiume Jamanxim.
Durante questa quinta fase di auto-demarcazione e recupero, abbiamo trovato nuovi diradamenti e diverse tracce di taglialegna e collezionisti di cuori di palme sulle nostre terre. Abbiamo espulso due gruppi di taglialegna che hanno invaso il nostro territorio. Siamo molto arrabbiati di vedere i nostri alberi abbattuti e i nostri castagni trasformati in tronchi sulla piattaforma di un camion. E sappiamo che quando toglieranno la legna, vorranno trasformare la nostra terra in un grande pascolo per l’allevamento del bestiame.
Quindi abbiamo dato agli invasori 3 giorni per rimuovere tutta la loro attrezzatura. Eravamo armati delle nostre canzoni, dei nostri dipinti, delle nostre frecce e della saggezza dei nostri antenati. E con molta pressione, hanno trascorso l’intera mattinata a rimuovere 11 macchine pesanti, 2 camion, 1 quad, 1 zattera e 8 motocicli. Tutti senza targa.
I nativi e i residenti sono andati alle estremità del territorio per pulire i punti di demarcazione. Foto: Mariana Pontes / Cimi Norte 2
Sulla via del ritorno, abbiamo camminato per 26 km guardando gli alberi abbattuti che i boscaioli hanno lasciato sul nostro territorio e bevendo l’acqua sporca del fiume Jamanxim, inquinata dalla ricerca dell’oro. Da soli, siamo riusciti ad espellere i taglialegna, cosa che neanche l’ICMBIO, l’IBAMA et le FUNAI* sono riusciti a fare. E sappiamo che all’interno della Foresta Nazionale di Itaituba II c’è una pista d’atterraggio.
Gli invasori stanno uccidendo le nostre vite e versando il sangue della nostra foresta. Le nostre vite sono in pericolo. Ma per questo motivo, continueremo a mostrare la nostra resistenza e la nostra autonomia. Siamo in grado di prenderci cura del nostro territorio e di proteggerlo per i nostri figli e le generazioni future. Nessuno ci spaventerà e nessuno ci fermerà perché siamo noi i responsabili della nostra casa che è il nostro territorio. Siamo qui per difendere ciò che è nostro e no dei pariwat (non indigeno). Per questo motivo continueremo sempre a lottare per la delimitazione dei nostri territori. Non ci schiacceranno mai. Non negozieremo mai ciò che è sacro. Sarà necessario che altri membri della famiglia muoiano, come è accaduto con il capo Wajãpi, perché gli organi competenti decidano di agire?
*NdT
IMCBio (Instituto Chico Mendes de Conservação da Biodiversidade, Instituto Chico Mendes per la conservazione della biodiversità) è un’organizzazione semi-pubblica che, insieme a l’Ibama (Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis, Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse rinnovabili), affronta le questioni di conservazione della natura in Brasile. Sono sotto la responsabilità del Ministero dell’Ambiente.
La Funai (Fundação Nacional do Índio) è l’autorità nazionale responsabile per le popolazioni indigene, in particolare per la delimitazione e la regolamentazione dei territori indigeni. Bolsonaro ha ordinato il trasferimento di questi poteri al Ministero dell’Agricoltura, che ha portato ad una bronca giudiziaria e parlamentare (leggi qui).