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GERUSALEMME. Cominciate le demolizioni dei 10 edifici palestinesi

Nena News 22 lug 2019
Centinaia di agenti di polizia sono entrati negli appartamenti e hanno cominciato a sgomberare con la forza i 350 palestinesi, tra i quali anche anziani e bambini, che vi vivono.

AGGIORNAMENTI LUNEDI’ 22 LUGLIO
ore 14.45 Abu Mazen: la demolizione delle case è un massacro
La demolizione degli edifici che Israele sta conducendo a Sur Baher “è un massacro”, dice il presidente palestinese Abu Mazen. “Israele è responsabile di questa escalation ai danni del popolo palestinese indifeso. Le demolizioni rientrano nella realizzazione del cosiddetto Accordo del secolo (elaborato dall’amministrazione Trump, ndr) che mira alla liquidazione della causa palestinese…Occorre mettere subito fine a questa aggressione”, spiega Abu Mazen citato dall’agenzia di stampa Wafa.
ore 9.45 ANP, comunità internazionale blocchi le demolizioni a Sur Baher
Kamel Hamid, il governatore di Betlemme, chiede un intervento internazionale immediato che fermi le demolizioni di case palestinesi in corso oggi a Wadi al Hummus (Sur Baher). “Quanto sta avvenendo non è soltanto la distruzione di edifici ma anche una rioccupazione di aree A”, ossia di zone che gli Accordi di Oslo del 1993-4 hanno assegnato all’Autonomia nazionale palestinese (Anp). Demolendo le case, denunci Hamid, Israele intenderebbe una zona cuscinetto tra la zona araba di Gerusalemme occupata da Israele militarmente nel 1967 e Betlemme.
ore 8.00 Polizia avvia sgomberi, ruspe in azione
Sono cominciate la scorsa notte intorno alle 3 le demolizioni dei 10 edifici palestinesi di Wal al Hummus, nel villaggio di Sur Baher, ritenuti illegali da Israele perché costruiti vicino al Muro tra Gerusalemme e la Cisgiordania. Centinaia di agenti di polizia antisommossa sono entrati negli appartamenti (in totale sono una settantina) e hanno cominciato a sgomberare con la forza i 350 palestinesi (tra i quali anche anziani e bambini) che vi vivono. Gli sgomberati sono stati fatti salire su autobus e portati via. A sostegno degli abitanti che resistono alle demolizioni ci sono 40 attivisti internazionali e israeliani di All That’s Left: Anti Occupation Collective Group giunti a Sur Baher due giorni fa. Ai giornalisti è consentito avvicinarsi solo fino ad un certo punto. Le immagini delle demolizioni sono state scattate o girate dai residenti o dagli attivisti presenti sul posto oppure, da grande distanza, da fotografi delle agenzie di stampa. Le demolizioni, iniziate dopo il via libera giunti ieri dalla Corte suprema israeliana, continuano senza sosta.
Per maggiori informazioni su questo caso vi suggeriamo di leggere l’articolo scritto da Michele Giorgio per il quotidiano Il Manifesto che abbiamo pubblicato il 20 luglio
ISRAELE PRONTO A DEMOLIRE DIECI PALAZZI PALESTINESI VICINI AL MURO
“Fuochi d’artificio e pranzo con amici e parenti. Sono giorni di festa per i palestinesi in Cisgiordania, Gaza e a Gerusalemme est. Sono stati diffusi i risultati del Tawjihi, la maturità, e ragazzi e genitori celebrano il conseguimento del diploma.
Pochi però hanno voglia di festeggiare a Sur Baher, un villaggio-sobborgo meridionale della zona araba (Est) di Gerusalemme, dove decine di famiglie presto rimarranno senza casa. «Come potrei essere felice, tra poche ore o pochi giorni perderemo la casa e proprio non riesco a gioire per il risultato del Tawjihi. Mio padre ha sudato per gran parte della sua vita per poter comprare questo appartamento», spiega Samer Obeidah, 17 anni.
Lo stato d’animo di Samer è simile a quello di centinaia di abitanti di Sur Baher. Qui, probabilmente a partire da domani, l’esercito israeliano abbatterà dieci edifici – 70 appartamenti abitati da circa 350 palestinesi tra cui nove rifugiati, una coppia di anziani e cinque bambini – situati a ridosso del Muro costruito da Israele per separare Gerusalemme dalla Cisgiordania.
I tre giudici della Corte suprema hanno deciso all’unanimità a favore delle demolizioni e respinto il primo ricorso dei proprietari delle case. «I firmatari (del ricorso) hanno iniziato e continuano a costruire strutture senza ricevere un permesso speciale dal locale comandante militare», hanno scritto nelle motivazioni della loro sentenza. E hanno aggiunto che gli edifici palestinesi, costruiti a breve distanza dal Muro, potrebbero fornire «una copertura per aggressori».
Più semplice la spiegazione data dai comandi militari. Le demolizioni, hanno fatto sapere, sono frutto di «considerazioni operative» e della «politica statale». Sull’ultimo ricorso presentato dai legali delle famiglie la Corte suprema deciderà domani. Appena arriverà la sentenza, che si prevede ancora una volta favorevole alle demolizioni, le ruspe entreranno in azione per ridurre le case palestinesi in un cumulo di macerie. Il costo delle demolizioni sarà addebitato alle famiglie.
A Sur Baher perciò sono ore di tensione e dolore, nell’indifferenza dei media internazionali. A scrivere di quanto sta accadendo è solo qualche giornale locale. «Siamo sconvolti» dice Amr Abu Their, che vive in uno degli edifici che saranno demoliti, «ogni famiglia ha investito i risparmi di una vita che svaniranno in pochi attimi, solo perché le nostre case sono vicine al Muro dell’occupante». Altri ricordano che quando hanno acquistato o costruito i loro appartamenti nessuno poteva sapere che Israele avrebbe eretto in quella zona una barriera di cemento tra Gerusalemme e la Cisgiordania. E ripetono che Sur Baher si trova a cavallo tra le due parti.
Per esercito e giudici in ogni caso conta solo la legge israeliana. Ma questa non è una semplice storia di costruzioni “abusive”. Sur Baher è in territorio palestinese occupato e le leggi internazionali vietano a Israele di attuare provvedimenti che penalizzano la popolazione civile palestinese. Senza dimenticare che contro il Muro – che Israele sostiene di aver costruito per «ragioni di sicurezza» – si è pronunciata 15 anni fa anche la Corte internazionale dell’Aja.
Le Nazioni Unite mercoledì hanno chiesto a Israele di fermate le demolizioni. «Demolizioni e sgomberi forzati sono alcune delle molteplici pressioni che generano il rischio di trasferimento forzato per molti palestinesi in Cisgiordania», scrivono in un documento congiunto Jamie McGoldrick, Gwyn Lewis e James Heenan, a nome di tre agenzie dell’Onu.
Sottolineano che «i residenti di Gerusalemme Est e le aree adiacenti sono stati colpiti da un significativo aumento delle demolizioni nel 2019». Piuttosto, concludono, Israele è chiamato ad attuare «politiche di pianificazione equa che consentano ai palestinesi residenti in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, di soddisfare le loro esigenze abitative e di sviluppo, in linea con i suoi obblighi di potenza occupante».
Punta il dito contro la Corte suprema israeliana l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. La demolizione delle case, avverte l’Olp, «stabilisce un precedente che consentirà alle forze israeliane di distruggere un numero molto elevato di edifici palestinesi che sono situati nelle immediate vicinanze del Muro».”