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Brevi da Israele, Yemen, Egitto e Usa

24 maggio 2019, Nena News
In Israele l’ex ministro Lieberman mette in difficoltà il premier Netanyahu. In Yemen terzo attacco houthi contro l’aeroporto saudita di Najran. In Egitto un tribunale ordina il rilascio del giornalista di al-Jazeera Mahmoud Hussein. Negli Usa i democratici accusano Trump di aggirare il Congresso per vendere altre armi ai sauditi.

ISRAELE. A distanza di più di un mese dalla vittoria elettorale, il premier Netanyahu continua a non riuscire a trovare una intesa per la formazione di un nuovo governo. A pesare ora è soprattutto il partito di destra Yisrael Beitenu guidato dall’ex ministro Avigdor Lieberman che ieri sera non si è presentato ad un incontro di emergenza tra i possibili partner del prossimo esecutivo. Accusato duramente dalle forze di destra, Lieberman ha risposto per le rime: “Se dobbiamo andare ad un’altra elezione, la colpa è solo del Likud (il partito di Netanyahu, ndr) che ha fallito con le negoziazioni. Non è un caso che è la prima volta dalla fondazione dello stato d’Israele che qualcuno che ha ottenuto una convincente vittoria elettorale non sia capace di formare un governo”. Il rifiuto di Yisrael Beitenu ad unirsi alla coalizione che Netanuahu sta pensando di formare deriva dalla volontà di Lieberman di inserire all’interno del piano di governo anche la legge sull’arruolamento nell’esercito degli ultraortodossi (haredim). Una disposizione che è duramente contrastata dai partiti religiosi ashkenazita (Unità della Torah) e sefardita (Shas) che garantiscono al premier numerosi seggi indispensabili per ottenere la maggioranza alla Knesset.
YEMEN. Terzo attacco nelle ultime 72 ore all’aeroporto di Najran (sud Arabia Saudita) da parte degli houthi. Secondo la tv al-Masira vicino agli houthi, un drone esplosivo ha colpito una batteria difensiva Patriot che era installata sul posto. La scorsa settimana Riad ha accusato i ribelli sciiti yemeniti sostenuti dall’Iran di aver compiuto due attacchi simili lungo la East-West Oil Pipeline che trasporta il petrolio dalla Provincia orientale dell’Arabia Saudita al porto della città saudita di Yanbu (sul mar Rosso).
EGITTO. Un tribunale egiziano ha ordinato il rilascio del giornalista di al-Jazeera Mahmoud Hussein, in carcere da più di 880 giorni. Una corte aveva già stabilito così martedì. Tuttavia, in seguito ad un appello dell’accusa, l’imputato era stato trasferito in un differente tribunale che ieri ha però stabilito la sua liberazione. Al momento non è chiaro quando Hussein potrà uscire di prigione. Secondo il suo avvocato, Taher Abu Nasr, il suo rilascio “avverrà tra qualche giorno”. In un post sui social, la figlia di Hussein afferma che il padre sarà liberato “con misure precauzionali” e verrà trasferito dalla prigione ad una stazione di polizia. Il giornalista è in prigione dal 2016 senza accuse formali e senza aver subito un processo. E’ accusato di “istigazione contro le istituzioni dello stato, di dare false notizie con l’obiettivo di diffondere il caos”. Accuse che al-Jazeera ha sempre negato.
USA. Negli Stati Uniti i senatori democratici hanno lanciato l’allarme: l’amministrazione Trump starebbe sul punto di approvare una nuova importante vendita di armi all’Arabia Saudita usando una “scappatoia di emergenza” per aggirare il Congresso americano. La legge per il controllo delle armi permette infatti al Congresso di impedire vendite di armamenti a paesi stranieri, ma prevede anche una clausola che dà al presidente la possibilità di bypassare la volontà dei deputati dichiarando la legge una “emergenza nazionale di sicurezza”. “Non confermiamo né neghiamo eventuali vendite di armi finché il Congresso non è formalmente informato” fanno sapere dal Dipartimento di Stato.
Secondo il senatore democratico Bob Menendez, se fosse implementato il trasferimento di armi, sarebbe “un terribile errore” da parte della Casa Bianca. In una nota, Menendez ha detto che “seguirà tutte le strade legislative appropriate per impedire che ciò accada”. Il senatore ha poi aggiunto che l’Arabia Saudita “è tra i Paesi al mondo che più viola i diritti umani” e che la reputazione americana sarebbe intaccata “se venissero consegnati armi mortali a governi che chiaramente intendono usarli in modo sbagliato”.