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BAHRI YANBU. Il cargo saudita arriva a Genova, portuali in sciopero

Chiara Cruciati 20 maggio 2019
La nave saudita ha attraccato al porto ligure alle 6 di questa mattina. Immediata la risposta dei lavoratori del porto entrati in sciopero: “Porti chiusi alle armi, aperti ai migranti”.

AGGIORNAMENTI
ore 15 – I GENERATORI NEL DEPOSITO MERCI, NON SARANNO CARICATI SUL CARGO
I due generatori della ditta italiana Teknel, fotografati sabato dal Collettivo autonomo dei lavoratori portuali e che avrebbero dovuto essere imbarcati sulla Bahri Yanbu, sono stati spostati nel deposito merci del porto di Genova: non saranno caricati a bordo dopo la protesta dei camalli e dei lavoratori dello scalo. Dopo l’incontro in prefettura, i sindacati hanno raggiunto un accordo: i generatori non saliranno a bordo. Ma c’è chi teme – dicono operai e pacifisti – che il carico sia trasferito a La Spezia dove non è presente la Compagnia unica dei camalli che a Genova ha lanciato subito l’allarme e la mobilitazione. A seguire il video girato da Arci Genova al porto, al momento del trasferimento dei generatori.
In anticipo di quattro ore sul previsto, stamattina alle 6 il cargo saudita Bahri Yanbu è arrivato al porto di Genova, al terminal Gmt, proveniente dallo scalo spagnolo di Santander. Ad attenderlo il presidio, annunciato, dei lavoratori portuali entrati in sciopero.
La nave ha attraccato nel porto Eritrea dove si tiene il presidio dei portuali, delle associazioni per i diritti umani e Genova antifascista. In mattinata si terrà l’incontro tra la Cgil e la prefettura che nei giorni scorsi aveva fatto sapere – dopo verifiche con la Delta, l’agenzia marittima che rappresenta la saudita Bahri – che la nave non avrebbe caricato nel porto ligure materiale bellico. Ma il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali aveva pubblicato sabato su Facebook le foto del carico che attendeva la Bahri Yanbu: materiale apparentemente civile, un generatore di corrente, ma prodotto da un’azienda italiana, la Teknel, fondata nel 1973, accreditata dalla Nato e produttrice di sistemi militari e stazioni di controllo per droni.
“La nave è entrata in porto e ha accostato perché questo è un diritto assoluto – dicono i portuali in sciopero – Solo Salvini pensa di poter chiudere i porti e non far entrare navi, e in quel caso a bordo non ci sono armi come qui a Genova bensì persone. Lo abbiamo ribadito più volte: porti aperti alle persone, chiusi alle armi”.
Sulla banchina sul lungomare Canepa, accanto al Collettivo autonomo e alla Filt-Cgil, ci sono Libera, Acli, salesiani del Don Bosco, comunità di San Benedetto e altre organizzazioni pacifiste. “Abbiamo saputo che qui a Genova, oltre a materiale di impiantistica civile, era previsto anche il carico di un generatore elettrico che viene utilizzato per scopi militari – ha spiegato alla stampa Enrico Ascheri, Filt Cgil, che dopo aver lanciato la protesta l’aveva messa in stand by per le rassicurazioni della prefettura – A questo punto non ci stiamo, le rassicurazioni che ci hanno fornito non valgono più niente, la nave non si carica”.
Non cessa dunque la mobilitazione, di fatto europea, contro la Bahri Yanbu e quel che rappresenta: la guerra della petromonarchia Saud alla popolazione civile yemenita. Ad Anversa aveva incontrato la protesta delle organizzazioni e gli attivisti belgi, ma aveva comunque caricato – sembra – munizioni. A Le Havre non è riuscita ad attraccare, restando a 25 km dalla costa francese, a causa della protesta di lavoratori portuali e pacifisti. Poi Santander, per uno scalo tecnico, anche qui “accolta” dalle contestazioni.
Un atto senza precedenti che vede unito il movimento dei lavoratori alle organizzazioni che da tempo si battono contro la campagna militare saudita in Yemen, capaci – insieme a diverse inchieste giornalistiche – di provare l’uso di armi prodotte in Europa nel massacro di civili. In Italia la “merce” arriva dalla Sardegna, dalla filiale tedesca della Rwm a Domusnovas, per la cui riconversione combattono da anni le organizzazioni locali.
Il timore, concreto, è che a Genova – o comunque in Italia, si parla di un secondo scalo della Bahri Yanbu a La Spezia o a Cagliari – possa caricare altre armi o equipaggiamento destinato all’esercito saudita. A dare informazioni in più è Opal, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa: “Teknel ha richiesto e ottenuto nel 2018 un’autorizzazione all’esportazione per un controvalore complessivo di € 7.829.780, riguardante 18 gruppi elettrogeni su trailer, dotati di palo telescopico per illuminazione, che alimentano 18 shelter per comunicazione, comando e controllo, e relative parti di ricambio; ciascuno di questi shelter è in grado di gestire UAV (droni), comunicazioni e centri di comando aereo e terrestre. Questo materiale militare è stato venduto all’Arabia Saudita e le consegne, cominciate nel 2018, sono ancora in corso”.