General

BAHRAIN. Resta in carcere l’attivista Rajab

8 maggio 2019, Nena News
Il dissidente, protagonista delle proteste del 2011, sta scontando una pena a cinque anni di carcere.

Intanto, sul versante politico, telefonata di auguri per l’inizio del Ramadan tra il premier bahrenita e l’emiro qatariota. Ma dal Bahrain chiariscono: nessun cambiamento della nostra politica, l’embargo contro il Qatar continua.
L’attivista bahrenita per i diritti umani Nabeel Rajab dovrà restare in carcere a scontare la sua condanna. A stabilirlo è stato lunedì un tribunale del Bahrain, secondo quanto ha riferito il suo avvocato Mohammad al-Jishi. Lo scorso anno Manama aveva introdotto una legge che permette ai tribunali di convertire le condanne al carcere in pene non detentive: un dispositivo che le autorità locali hanno detto la scorsa settimana di aver implementato per ben 451 detenuti.
Ma a questi non si unirà Rajab che ha giocato un ruolo di primo piano nelle proteste di piazza nel 2011 duramente represse dalla monarchia sunnita di re Hamed (in un Paese a maggioranza sciita). L’attivista, in carcere dal 2016, sta scontando una condanna a cinque anni di carcere perché ha osato criticare pubblicamente il suo governo e l’Arabia Saudita per la guerra in Yemen e per l’uso della tortura. Il dissidente cinquantenne è reo di “aver diffuso false notizie in tempo di guerra”, “aver insultato paesi stranieri”, e “insultato pubblicamente il ministro degli interni”.
Per Amnesty International, Rajab è un “prigioniero di coscienza” e sulla sua detenzione anche gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazioni. Tuttavia, come negli altri casi che vedono coinvolti gli oppositori politici alla monarchia, Washington non è andata oltre una tiepida critica. Il motivo è chiaro: il Bahrain ospita la Quinta Flotta della Marina americana in chiave anti-iraniana ed è un alleato strategico nell’area mediorientale. Indifferenza verso la sorte dei dissidenti locali è stata però più volta mostrata anche dall’Europa che si autoproclama “dei diritti” ma che nei fatti non ha mai preso posizioni critiche contro l’alleato del Golfo. Eppure sono centinaia gli oppositori a cui è stata revocata la cittadinanza in processi di massa discutibili, così come soppressi sono stati i principali partiti d’opposizione. Senza poi dimenticare i tanti attivisti in carcere o coloro che sono stati costretti a lasciare il Paese per evitare la repressione delle autorità. Manama ha provato a rispondere a chi l’accusa di autoritarismo annunciando lo scorso mese di aver restituito la cittadinanza a 551 persone. Tra questi, però, non c’è nessun leader di opposizione.
Sul versante politico, intanto, il premier bahrenita ha chiamato due giorni fa l’emiro del Qatar in occasione dell’inizio del Ramadan. Una telefonata che non sarebbe una notizia da segnalare se non fosse che avviene mentre continua ad essere in vigore il boicottaggio di Doha da parte di Bahrain, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Per i quattro paesi arabi, infatti, il Qatar “sostiene il terrorismo”.
Secondo alcuni analisti, la telefonata potrebbe rappresentare un cambiamento nelle relazioni tra Manama e Doha. Una possibilità che però è stata subito smentita dalle autorità locali. La conversazione telefonica tra il primo ministro bahrenita shaykh Khalifa bin Salman al-Khalifa e l’emiro qatariota shaykh Tamim bin Hamad al-Thani sarebbe infatti avvenuta solo perché è una tradizione farsi gli auguri nel mondo musulmano all’inizio del mese sacro del Ramadan. “La telefonata non rappresenta la posizione ufficiale del Regno del Bahrain e non cambia il suo impegno, insieme a quello dei paesi fratelli come l’Arabia saudita, Emirati Arabi ed Egitto riguardo al [boicottaggio del] Qatar” si legge in una nota del ministero degli esteri bahrenita riportata dall’agenzia di stampa Bahrain News.
Tuttavia, resta il dato che è la prima chiamata fatta da quando è iniziato il boicottaggio e giunge a distanza di una settimana da quando, anche in questo caso per la prima volta dall’inizio della crisi diplomatica, Riyadh e Manama hanno mandato dei loro delegati a Doha per un forum politico. Una presenza che il ministero degli esteri del Qatar ha subito voluto sminuire affermando che per ora non è in vista alcuna conciliazione tra le parti.