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SUDAN. Manifestanti uccisi, prime defezioni nell’esercito

10 aprile 2019, Nena News
Da sabato centinaia di migliaia di persone presidiano l’ingresso del quartier generale dell’esercito, almeno 22 gli uccisi dalle forze armate. Ma alcuni ufficiali e soldati passano con i manifestanti.

Un’altra notte di sit-in è trascorsa di fronte al quartier generale dell’esercito a Khartoum. Ormai da giorni centinaia di migliaia di manifestanti non lasciano la piazza di fronte all’edificio, a poca distanza dalla residenza del presidente Omar al-Bashir. Sabato mezzo milione di persone aveva occupato la strada, provocando la reazione delle forze armate: fuoco sui manifestanti, almeno 22 manifestanti uccisi negli ultimi tre giorni, secondo le opposizioni. Il nuovo presidio era stato lanciato in occasione dell’anniversario della caduta del regime di Jafar al Nimeyri, destituito il 6 aprile 1985.
Ma nonostante la repressione la protesta non cala. A quasi quattro mesi dall’inizio delle mobilitazioni anti-governative, organizzate dalle associazioni dei professionisti, dei medici, gli insegnanti, gli ingegneri, partite contro il rincaro dei beni di prima necessità a partire dal pane a causa del rialzo del costo del carburante, i sudanesi chiedono le dimissioni di Bashir. Che finora ha reagito con un mix di repressione e promesse di riforme e lavoro.
Tra le 22 vittime ci sarebbero anche cinque soldati, fa sapere il Comitato centrali dei medici sudanesi, che erano passati dalla parte della piazza e stavano cercando di difendere i manifestanti. Alcuni soldati e ufficiali sono passati dall’altra parte, aprendo a speculazioni su una frattura interna tra forze armate e servizi segreti del Niss. Tanto da convincere il governo a usare in piazza anche milizie fedeli a Bashir.
Almeno 153 i feriti, di cui alcuni gravi: il bilancio delle vittime potrebbe salire, portando quello totale ben sopra le 60. I servizi segreti e l’esercito utilizzano proiettili veri, e non solo gas lacrimogeni e proiettili di gomma, per disperdere i manifestanti che però non se ne vanno: la notte appena trascorsa ha visto la gente darsi il cambio per non abbandonare il sit-in e ricevere da fuori cibo e acqua per poter proseguire.
Le opposizioni, al fianco dei manifestanti, insistono nel chiedere le dimissioni di Bashir.Ieri il Sudanese Congress Party ha fatto appello all’esercito perché abbandoni il presidente e permetta la formazione di un governo di transizione dopo trent’anni di potere incontrastato e violazioni dei diritti umani. “Le forze armate non hanno altra opzione che quella di rispondere positivamente alle richieste del popolo”, dice il segretario generale del Scp, Khalid Omer Yousif.
Parla anche Sadiq al Mahdi, leader del Partito della nazione, Umma. A Bshir ha chiesto di “consegnare il potere a un comando militare selezionato e qualificato, che negozi con i rappresentanti del popolo la creazione di un nuovo sistema per raggiungere la pace e la democrazia”.
Ieri sono intervenuti anche i paesi occidentali, in particolare i tre che coordinano i colloqui di pace, Stati Uniti, Gran Bretagna e Norvegia: hanno fatto appello a Khartoum perché prenda in considerazione le richieste di cambiamento dei manifestanti “verso un sistema politico inclusivo e con maggiore legittimità”.