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Israele accetta richieste dei detenuti palestinesi: termina sciopero della fame

16 aprile 2019, Nena News
Il movimento dei prigionieri parla di “successo” per l’intesa raggiunta: istallazione di 4 linee telefoniche pubbliche nelle carceri, ritorno nello loro sezioni dei detenuti trasferiti, fine ai recenti casi d’isolamento e sarà dato sostegno medico ai feriti e malati.

Lo sciopero della fame iniziato 8 giorni fa dai prigionieri palestinesi è terminato ieri dopo che il sistema penitenziario israeliano (Ips) ha accettato le richieste dei detenuti. La prima era quella di istallare 4 linee telefoniche pubbliche all’interno di ogni prigione così da permettere ai detenuti di comunicare con i loro familiari. Secondo l’accordo raggiunto, ogni prigioniero potrà avere a disposizione 3 chiamate a settimana ognuna delle quali della durata massima di 20 minuti. Secondo il canale 12 della tv israeliana, le telefonate potranno essere effettuate soltanto con familiari di primo grado e saranno ascoltate dagli ufficiali di sicurezza.
L’intesa prevede anche il trasferimento delle prigioniere dal carcere di Damoun (noto per le sue strutture fatiscenti) in una struttura detentiva migliore. Terzo punto dell’accordo è il ritorno nelle loro sezioni di tutti i prigionieri trasferiti ultimamente durante i raid repressivi delle forze di sicurezze israeliane. Intesa trovata anche per porre fine ai recenti casi d’isolamento e verrà offerto trattamento medico ai prigionieri malati o feriti. Per l’associazione per i diritti dei prigionieri palestinesi Addamer, l’intesa tra le due parti è un “passo importante” dopo mesi di tensione. Tuttavia, si legge in una nota dell’organizzazione, “la lotta per i diritti dei prigionieri continuerà fin quando non termineranno tutte le violazioni compiute contro di loro dall’occupazione [Israele, ndr]”. Addamer ha invitato anche la comunità internazionale a fare pressioni su Tel Aviv affinché vengano salvaguardati i diritti dei prigionieri come prevede il diritto internazionale. Per l’analista politico Adnan Abu Amer, l’accordo di ieri rappresenta un successo per i detenuti perché “per la prima volta nelle carceri israeliane Tel Aviv permette l’istallazione dei telefoni”. Di “nuova vittoria” palestinese ha parlato il portavoce dell’ufficio del Comitato dei prigionieri Ali al-Moghrabi: “Dopo solo una settimana di protesta, il movimento ha costretto le autorità israeliane a cedere alle sue condizioni”.
Allo sciopero della fame iniziato lo scorso martedì hanno partecipato 400 detenuti palestinesi. La protesta era scoppiata la scorsa settimana dopo che l’Ips aveva istallato strumenti che impedivano ai prigionieri di usare i loro cellulari contrabbandati alcuni dei quali, afferma, sono stati utilizzati per coordinare almeno 14 tentati attacchi contro target israeliani. Accuse respinte dai palestinesi che sostengono invece come i telefoni siano importanti per farli restare in contatto con le loro famiglie. Secondo il Times of Israel, durante i primi giorni di sciopero le autorità carcerarie hanno mantenuto un profilo basso vista l’imminenza delle legislative israeliane del 9 aprile. Una versione confermata anche dal capo del Comitato per gli affari dei prigionieri Qadri Abu Bakr secondo cui l’Ips sarebbe stata inizialmente soggetta a pressioni politiche per rimandare l’inizio delle trattative a processo elettorale concluso.
L’intesa giunge dopo mesi di tensione nelle carceri. Nelle proteste scoppiate nella prigione di Ketziot tra febbraio e marzo almeno 120 detenuti sono rimasti feriti dall’intervento delle forze di sicurezza israeliane. A marzo i prigionieri di Hamas hanno attaccato per due volte le guardie di Ketziot (una di queste avrebbe riportato gravi ferite dopo una coltellata ricevuta al collo in data 3 marzo). La risposta israeliana non si è fatta attendere: ai raid israeliani nelle celle sono seguiti anche alcuni provvedimenti restrittivi. Secondo il comitato dei prigionieri, oltre al completo isolamento di diversi detenuti, sarebbero stati tolti ai prigionieri anche alcuni beni personali, impedite le visite dei familiari e la possibilità di interagire con gli altri prigionieri. I recenti sviluppi all’interno delle carceri israeliane sono diretta conseguenza delle misure repressive adottate dalla Commissione per la sicurezza interna creata alcuni mesi fa dal ministro israeliano Gilad Erdan con l’obiettivo di studiare nuove disposizioni all’interno delle strutture carcerarie. Non sorprende quindi perché dall’inizio del 2019 la situazione nelle celle si sia fatta più tesa. Quanto accaduto a Ketziot rappresenta solo la punta di un iceberg: i raid delle autorità israeliane e provvedimenti restrittivi si sono registrati anche nelle altre carceri.
Una situazione che potrebbe essere esplosiva se si pensa che i prigionieri palestinesi sono 5.700 (49 donne, 230 bambini). A questo numero appartengono anche 500 persone che sono dietro le sbarre in detenzione amministrativa (arrestati cioè senza processo né capo d’accusa formale). L’intesa raggiunta ieri smorza le tensioni, ma resta da capire quanto modificherà concretamente la realtà. La Commissione per la sicurezza di Erdan è tuttora operativa e un governo sempre più a destra israeliano a breve vedrà luce.