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EGITTO. Super poteri per al-Sisi, referendum domenica

18 aprile 2019, Nena News
Consultazione popolare indetta a tempo di record, dopo l’approvazione della riforma costituzionale da parte del parlamento e la censura preventiva di 34mila siti web che gli si oppongono. Sul tavolo c’è il futuro del paese: al-Sisi al potere fino al 2030, controllo presidenziale della magistratura, poteri estesi per l’esercito e le corti militari.

Da lunedì notte, poche ore prima del voto in parlamento sulla riforma costituzionale voluta dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, oltre 34mila domini internet sono stati oscurati. Un’ondata censoria che il gruppo di monitoraggio NetBlocks ha subito denunciato: i provider internet egiziano hanno bloccato decine di migliaia di siti in vista del voto per impedire campagne informative contrarie alla riforma costituzionale. Tra questi i siti web di organizzazioni non governative internazionali, portali di tecnologia open-source, siti di start up e anche di gruppi religiosi ebraici e Baha’i.
In particolare nel mirino c’è la campagna “Batel”, in arabo “invalido”, lanciata una settimana fa proprio in opposizione agli emendamenti alla carta costituzionale: il sito della campagna onlinevoice.net, inaccessibile anche dall’Italia ma subito sostituito da un altro sito sotna.today che sta continuando la raccolta di firme contrarie. Già due mesi fa importanti personalità egiziane ma non solo avevano fatto sentire la loro voce: oltre mille cittadini, tra cui tra cui lo scrittore Alaa al-Aswany, il difensore dei diritti umani Gamal Eid, l’ex rettore della Cairo University Gabel Nasser, insieme a professori, sindacalisti, giornalisti, geologi, scrittori, ragionieri, hanno firmato una petizione in cui definivano la riforma “il tentativo assurdo di perpetrare il regime di al-Sisi”.
In ogni caso si andrà a referendum: dopo il via libera, lunedì, da parte della Commissione per gli affari legislativi e costituzionali, martedì il parlamento ha dato il via libera agli emendamenti. E ieri il presidente dell’Autorità nazionale per le Elezioni, Lasheen Ibrahim, ha dato la data del referendum popolare che dovrà approvarli in via definitiva mentre invitava tutti a non ascoltare gli appelli al boicottaggio. Referendum in tempi record: da domani a domenica voteranno gli espatriati, mentre gli egiziani nel paese andranno alle urne da sabato a lunedì 22 aprile.
Sul tavolo c’è il futuro dell’Egitto. La riforma – frutto di un lungo negoziato tra lo stesso al-Sisi, tramite il figlio, e i vertici dei servizi e dell’esercito – potrebbe permettere all’attuale presidente, al potere dal 2014 dopo il golpe del luglio 2013, di restare al potere fino al 2030. Eletto lo scorso anno al secondo mandato durante una tornata elettorale farsa, senza reali contendenti, al-Sisi dovrebbe terminare la sua presidenza nel 2022: la costituzione, infatti, prevede due soli mandati da quattro anni l’uno. Gli emendamenti allungano ogni mandato a sei anni, quello in corso di due e annullano il primo mandato di al-Sisi: sul tavolo ci sono dunque otto anni in più.
La giustificazione che danno i parlamentari, per lo più fedeli al presidente, è la necessità di dare stabilità al paese e continuità alle politiche economiche e sociali intraprese in questi anni da al-Sisi. Eppure la realtà è ben altra, un paese ripiegato su se stesso, impoverito, decimato da arresti e repressione di Stato, vittima di gentrificazione selvaggia nelle grandi città e di marginalizzazione nelle periferie.
E mentre le riforme imposte dal Fondo Monetario Internazionale hanno spinto verso politiche di austerity pagate dalle classi basse, a ingrassarsi sono i militari, l’esercito di cui al-Sisi è stato generale. Già proprietari di aziende e produttori di beni di prima necessità, sotto al-Sisi hanno visto espandere il loro potere economico con appalti per la costruzione di importanti infrastrutture e quello politico grazie a poltrone nel governo.
A loro gli emendamenti della riforma regalano un altro potere: al Consiglio supremo delle forze armate sarebbe attribuita l’autorità di indicare il ministro della Difesa. La riforma degli articoli 185, 189 e 193 della costituzione, invece, darebbero al presidente al-Sisi l’autorità di controllo diretto sulla magistratura: nominerà i presidenti dei tribunali più importanti del paese, tra cui la Corte di Cassazione, la Corte costituzionale e l’ufficio del Procuratore generale. Infine, la riforma amplierebbe la giurisdizione delle corti militari che giudicano già i civili, migliaia dal 2011.
Se la riforma dovesse passare il futuro dell’Egitto sarà segnato da anni di poteri pressoché assoluti concentrati nella figura del presidente-dittatore al-Sisi. Con buona pace dell’Europa che continua a trattarlo come un partner e un alleato imprescindibile in Medio Oriente e Nord Africa.