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YEMEN. Strage di donne e bambini nella provincia di Hajjah

13 marzo 2019, Nena News
Più di venti le vittime, non è chiaro però chi sia stato il responsabile del massacro. I membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, intanto, chiedono di implementare la tregua ad Hodeidah. Il Senato americano dovrebbe votare oggi una risoluzione che chiede la fine del sostegno di Washington alla campagna militare saudita in Yemen.

L’ennesima strage in Yemen: più di 20 persone – per lo più donne e bambini – sono state uccise nel distretto di Kushar, nella provincia di Hajjah (nord ovest dello Yemen). Chi sia stato a compiere la carneficina non è ancora chiaro. Secondo quanto ha riferito lunedì la rete televisiva al-Masira vicina ai ribelli houthi, a causare il massacro sarebbero stati i raid della coalizione saudita. No, dice invece al-Arabiya di proprietà saudita: sono stati gli houthi ad aver ucciso diversi membri della tribù Hajour che hanno cominciato una rivolta contro il gruppo sciita.
Da parte sua, l’Onu si è limitata a dire che a morire sono stati 12 bambini e 12 donne e che 30 sono state le persone rimaste ferite. “Condanniamo le morti e i feriti in modo inequivocabile” ha detto in una nota Lise Grande, la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite per lo Yemen. “E’ scandaloso che degli innocenti continuino a morire senza motivo in un conflitto che dovrebbe e può essere risolto. Stiamo facendo tutto quello che possiamo per raggiungere le persone che necessitano di aiuto nell’Hajjah così come nel resto del Paese”.
I combattimenti nel distretto di Kushar tra gli Hajour e gli houthi durano ormai da settimane. Secondo i ribelli sciiti, alcuni elementi della tribù avrebbero fatto scorta di armi fornite dall’Arabia Saudita e iniziato a combattere, violando così una tregua che durava da 6 anni e che ha sempre visto gli Hajour neutrali nel conflitto.Di diverso avviso è la tribù che denuncia i ripetuti colpi di artiglieria degli houthi. Il tentativo della formazione sciita, spiegano gli Hajour, è quello di prendere il controllo dell’area montagnosa che forma una “fortezza naturale”.
Secondo la ong International Crisis Group, “se gli houthi vincono [nell’area], dimostreranno il loro dominio nel nord ovest del Paese e consolideranno così il territorio in previsione di qualunque intesa politica futura”. Secondo l’organizzazione, la coalizione saudita, che 4 anni fa ha iniziato la sua durissima offensiva contro i ribelli sciiti, spera che nel distretto di Kushar si verifichi una vera e propria insurrezione tribale contro gli houthi. La situazione pare ormai essere diventata incandescente: secondo fonti locali, infatti, domenica i ribelli avrebbero ucciso decine di miliziani avversari, tra cui il leader della tribù Shaykh al-Za’akari. E ieri sono ritornate le bombe saudite.
Gli scontri nell’area stanno provocando una gravissima emergenza umanitaria: le famiglie sono intrappolate nelle case, senza cibo e acqua a sufficienza. Alcune di loro sono riuscite a scappare nei giorni scorsi, ma altre restano bloccate nei combattimenti. La coordinatrice dell’Onu Grande teme che “migliaia di civili sono intrappolate senza i servizi di base per sopravvivere”.
La situazione resta preoccupante in Yemen, soprattutto ad Hodeidah. Ieri i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Cina, Francia, Russia, Gran Bretagna e Usa) hanno chiesto alla coalizione saudita e agli houthi di implementare “senza ulteriori ritardi” il cessate il fuoco raggiunto a dicembre nell’importante e strategica città portuale yemenita. L’intesa prevedeva la fine degli scontri, il ritiro dei combattenti, lo scambio di prigionieri e l’apertura di corridoi umanitari per aiutare i 14 milioni di yemeniti a rischio carestia. In una nota, i cinque paesi hanno detto di essere “estremamente preoccupati” per la situazione in città, centro fondamentale per l’arrivo di aiuti umanitari. “Esortiamo entrambe le parti – hanno poi aggiunto in un comunicato – a garantire che la missione di monitoraggio dell’Onu possa operare in sicurezza e senza alcuna interferenza”.
Oggi, intanto, il Senato americano dovrebbe votare una risoluzione che chiede la fine del sostegno di Washington alla campagna militare saudita in Yemen. Annunciando ieri il voto, il senatore progressista Bernie Sanders ha definito la guerra in corso nel poverissimo stato arabo “un disastro strategico e umanitario”. Sanders, che poche settimane fa ha dichiarato di volersi candidare come presidente nelle file dei democratici, è stato firmatario di questa risoluzione insieme al senatore repubblica Mike Lee.
Il voto che avrà luogo oggi sarà il secondo in 4 mesi al Senato. Lo scorso dicembre la misura passò con 56 voti a favore e 41 contrari. Influì allora non solo il conflitto in Yemen, ma anche l’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi nel Consolato dell’Arabia saudita in Turchia. Per diventare effettiva, la risoluzione deve essere approvata dal nuovo Senato (formatosi a gennaio) così come dalla Camera dei Rappresentanti e dovrebbe ottenere abbastanza voti dal superare l’atteso veto del presidente Trump che ha più volte ribadito l’importanza dell’alleanza strategica con Riyadh.