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TURCHIA. La polizia attacca la marcia delle donne

9 marzo 2019, Nena News
Poliziotti in tenuta anti-sommossa hanno lanciato lacrimogeni e impedito al corteo di Istanbul di proseguire. Manifestazioni anche in altre città turche, a sud est focus sugli scioperi della fame in carcere guidati dalla parlamentare Leyla Guven.

La polizia turca ha aggredito e lanciato gas lacrimogeni contro migliaia di donne che ieri si sono ritrovate nel centro di Istanbul per la marcia dell’8 marzo. Nonostante il divieto delle autorità, che impediscono proteste di piazza da tempo, le donne sono scese in strada in massa in Piazza Taksim, simbolo delle mobilitazioni turche da anni. Centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa hanno impedito alla marcia di camminare su Istiktal Avenue.
“Non stiamo zitte, non abbiamo paura, non obbediamo”, hanno gridato le donne circondate dalla polizia, tante con il colore fucsia simbolo del movimento globale Non una di meno, mentre tanti cartelli rilanciavano gli slogan della manifestazione: “Rivolta femminista contro la violenza maschile e la povertà”, “Sono nata libera e vivrò libera”.
La protesta delle donne turche non è una realtà nuova, ma radicata, soprattutto negli ultimi due decenni di governo Akp con Erdogan, che prima da premier e ora da presidente, porta avanti una chiara campagna di islamizzazione di una società tradizionalmente laica, incentrata su un ruolo della donna relegata a madre e moglie. Una politica misogina che è stata accompagna da un incremento delle violenze e degli abusi contro le donne: secondo la nota ong turca Umut, nel 2018 477 donne sono state uccise e 232 ferite da uomini, con il bilancio di femminicidi degli ultimi quattro anni salito a 1.760 casi.
Uno degli ultimi femminicidi ha provocato un’ondata di indignazione e proteste: a febbraio Sule Cet, una giovane di 23 anni, è stata violentata e uccisa dal suo capo e un altro uomo, gettata dal 20esimo piano di un palazzo. Durante le udienze il procuratore ha spostato l’attenzione sulla vittima, Cet, colpevolizzandola per non essere vergine e per aver bevuto.
Manifestazioni non si sono tenute solo a Istanbul. Migliaia di donne hanno fatto altrettanto ad Ankara, a Smirne e tante altre nel sud est a maggioranza curda, dove al centro della protesta c’erano gli scioperi della fame dei prigionieri e le prigioniere politiche nelle carceri turche. Simbolo della lotta resta Leyla Guven, parlamentare del partito di sinistra Hdp, che non tocca cibo da novembre per protestare contro l’isolamento imposto al leader del Pkk Abdullah Ocalan nell’isola-prigione di Imrali.