Ragazza madre? In Marocco finisci in galera. La storia di “Sofia”
Teresa Marchesi 08/03/2019 |
Sofia sta per partorire, ma in ospedale non possono accettarla perché non è sposata. Sofia è una ragazza madre, quindi rischia la galera.
Perché l’Art.490 del Codice Penale, in Marocco, prevede da un mese a un anno di carcere per le persone di sesso diverso che hanno rapporti fuori dal matrimonio. C’è di peggio, è vero, e questo 8 Marzo- almeno oggi- è il caso di ricordarsene. Ma il Marocco è vicino, relativamente occidentalizzato, legato a filo doppio alla Francia.
Ecco perché “Sofia“, primo lungometraggio di Meryem Benm’Barek, regista marocchina cresciuta in Belgio, ha conquistato il premio per la Sceneggiatura nella sezione “Un Certain Regard” di Cannes 2018. Ecco perché, dal 14 marzo (data di uscita da noi), vale la pena di vederlo. Non è un banale pamphlet di denuncia. La storia di Sofia e delle sue nozze forzate e ‘riparatrici’ chiama in causa i rapporti di classe e l’ipocrisia che consente di convivere con leggi inique, anziché combatterle.
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La regista ha il grande merito di non scegliere un caso estremo. Di famiglia piccolo borghese, Sofia (Maha Alemi) ha negato anche a se stessa il suo stato, per paura. Partorisce di nascosto in una struttura solo perché sua cugina, laureanda in medicina, ha amicizie. Ma all’alba la buttano fuori. Costretta a denunciare il ‘colpevole’ a parenti e polizia, accusa un poveraccio che stenta a sfamare madre e fratelli. La verità –ma lo scopriremo più tardi- potrebbe mandare a monte il business che suo padre sta combinando col ricco cognato francese.
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Sofia finirebbe comunque in galera, senza una bustarella al commissario di turno. E il matrimonio riparatore andrà in porto, perché fa comodo a tutti. Nella bellissima festa finale l’allegria finta dei familiari stride con la disperazione degli sposi, condannati all’infelicità a vita. Perché lei, per lui, resterà sempre una donnaccia. È un non-lieto fine da privilegiate. Figuriamoci le altre.
Meryem Ben’m Barek ci ricorda che in Marocco 150 donne partoriscono in media ogni giorno fuori dal legame coniugale, con la prospettiva del carcere e di figli discriminati. Ma dice un’altra cosa importante: se non ti ribelli, da vittima diventi complice. Sono anni cupi, questi, anche nel nostro Occidente evoluto. Se non ci si batte per mandare avanti tutte, si va indietro tutte. Da noi è riaffiorato lo spettro del delitto d’onore –non con le stesse parole- come attenuante. Stiamo in campana.