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ALGERIA. No al rinvio delle elezioni, le piazze non si svuotano

Chiara Cruciati 14 marzo 2019
Le opposizioni riescono a unirsi e chiedono insieme il ritorno alle urne. Ieri in piazza gli insegnanti, prevista per domani una nuova mobilitazione di massa.

Altro che calma, le piazze algerine non hanno intenzione di svuotarsi. La mobilitazione, inattesa quanto spontanea, di tutto il paese non si accontenta dei giochini di potere del clan del presidente. Dopo quella che era sembrata una mezza vittoria – la promessa di Bouteflika di non ricandidarsi alle presidenziali – gli algerini si sono svegliati con la netta sensazione di essere stati truffati: nessuna candidatura ma nemmeno elezioni.
E così nelle strade i cartelli con il 5 sbarrato, in riferimento al quinto mandato di Bouteflika, si sono trasformati in un 4+ sbarrato: no a un’estensione illegittima del quarto mandato. E no al rinvio delle elezioni previste per il 18 aprile. A chiederlo sono le opposizioni partitiche, ancora in subbuglio e non del tutto capaci di mettersi a capo delle manifestazioni, ma soprattutto i manifestanti che ancora ieri erano in piazza, con gli insegnanti in prima fila.
Lo saranno anche domani, venerdì, per una nuova grande protesta nazionale. I preparativi sono in corso nelle città principali per un corteo che superi i numeri enormi, mai così alti da decenni, raggiunti il 22 febbraio e l’8 marzo, con milioni di persone mobilitate in tutto il paese, centinaia di migliaia solo ad Algeri.
Ieri a incontrarsi nella sede del partito islamista El Adala sono stati i principali partiti di opposizione, socialisti, islamisti, liberali, ma anche ex membri del governo usciti in questi giorni dalla compagine esecutiva, per rigettare “l’estensione del quarto mandato del presidente uscente”: “In questo momento storico, decisivo, le opposizioni algerine stanno dalla parte del popolo”, hanno detto le varie formazioni, unite, per fare poi appello a un prosieguo della mobilitazione.
“Il presidente non ha il potere di guidare il periodo di transizione”, scrivono in un comunicato i partiti di opposizione che chiedono ai deputati “saggi e onesti di ritirarsi dal parlamento”. A rispondere è il vice premier algerino Ramtane Lamamra che ieri ha parlato di dialogo come dovere e priorità: Bouteflika, rinviano le elezioni ha ascoltato la voce del popolo, ha detto Lamamra in un’intervista radio ma non ha indicato la data del voto in caso di rinvio. Ha però dato qualche pennellata per colorare il progetto di creazione di una Conferenza nazionale che guidi il paese verso una riforma costituzionale e verso le elezioni: sarà formata, ha detto, dalle diverse componenti della società algerina.
Chi le sceglierà? Questo non è dato sapere, ma di certo il clan del presidente, un entourage economico e politico che ha allungato i propri tentacoli su tutto il paese e sulle sue ricchezze non intende sgretolarsi né scomparire. Le stesse concessioni del regime – la rinuncia a un quinto mandato – sembrano dirette a placare gli animi con qualche regaliapur di porre fine a una mobilitazione che porta con sé un potenziale molto più “distruttivo” del sistema attuale: la sua completa rimozione.
La speranza era che tale concessioni potessero bastare, ma così non è stato: il rinvio del voto è incostituzionale, ripetono giuristi, avvocati, esperti, senza base giuridica. Il quotidiano El Khabar si spinge oltre: “Dal 28 aprile il presidente Abdel Aziz Bouteflika diventerà un dittatore”, ha scritto in un titolo il giornale.
In tale contesto, spiazzati quanto i partiti sono i paesi occidentali, silenti sulla questione come lo furono nei primi momenti delle primavere arabe. Parla, poco e in modo vago, il presidente francese Macron che si dice vicino agli algerini e alla stabilità. Un potpourri che dimostra, ancora una volta, la necessità dell’ex potenza coloniale di mantenere le distanze dal figlioccio Bouteflika come dalle piazze, in attesa di sapere cosa accadrà e saltare sul carro giusto.