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ALGERIA. I giovani non lasciano le piazze e si sbarazzano dei partiti

6 marzo 2019, Nena News
Proteste ormai ininterrotte in tutto il paese, ieri in strada ancora gli studenti. I manifestanti rigettano le promesse di Bouteflika e la strategia della paura, ma non guardano più nemmeno alle opposizioni, sorprese quanto il governo dalle mobilitazioni.

Anche ieri, a dieci giorni dall’inizio delle proteste spontanee esplose in tutta l’Algeria contro il quinto mandato del presidente Bouteflika, gli studenti sono tornati in piazza ad Algeri come ogni giorno. La capitale era stata semi blindata dalla polizia che voleva impedire ai giovani di raggiungere il palazzo presidenziale.
Non solo Algeri: ieri proteste e corti si sono svolte anche in altre città del paese, le prime a sollevarsi fino all’enorme manifestazione che il 22 febbraio ha travolto la capitale. E i cortei non accennano a fermarsi: colorati, allegri, ironici – con cartelli che paragonano la presidenza ventennale di Bouteflika ai primi cellulari Nokia – le manifestazioni sono tanto spontanee quanto eterogenee. Se i giovani sono preponderanti, vista anche la bassa età media della popolazione algerina, in piazza ci sono tutti, donne, uomini, famiglie, professionisti, operai. Di diversi fedi politiche, tanto da aver generato il caos non soltanto dentro il governo e i partiti che sostengono Bouteflika, ma anche tra le opposizioni che tentano con ben poco successo di metterci su il cappello.
Con Bouteflika ancora fuori dal paese – secondo alcune fonti è tornato ad Algeri il 2 marzo, ma secondo altre è ancora in Svizzera per cure – il “clan” di governo prova a resistere. E’ ormai palese a chiunque che il vecchio e malato presidente, da anni assente dalle scene, non sia diventato che un burattino nelle mani del suo entourage che lo “tiene in vita” per poter perpetrarsi al potere.
Per questo la lettera che Bouteflika avrebbe inviato al paese nel fine settimana e con cui annunciava le prossime mosse è stata rigettata in toto dai manifestanti. Si voterà, si legge nella lettera, il 18 aprile e l’ottuagenario presidente correrà ma solo per gestire la transizione, ovvero per accompagnare l’Algeria a elezioni anticipate nel 2020 in cui si impegna a non partecipare. Nel frattempo promuoverà una riforma della Costituzioni e interventi economici per migliorare la situazione, drammatica, del lavoro e degli investimenti.
In risposta alla lettera, domenica, nuovi cortei hanno attraversato tante città algerine e diversi quartieri della capitale, diretta risposta alle promesse del presidente. Che usa bastone e carota: da una parte promette cambiamenti, dall’altra sventola lo spettro degli anni di piombo, degli anni neri del terrorismo degli anni Novanta che per due decenni ha tenuto gli algerini lontano dalle strade, anche e soprattutto nel 2011 mentre i paesi vicini esplodevano nelle cosiddette primavere arabe.
Ma le generazioni cambiano e i giovanissimi che guidano oggi la protesta non ricordano quegli anni, non conoscono quella tensione e sognano un futuro migliore, democratico, con opportunità di studio e di lavoro in patria e non in Europa, dove la giustizia sociale e la redistribuzione della ricchezza non sia più un’utopia.
Ma a dare risposte concrete non sono nemmeno le opposizioni, sorprese quanto il governo dalla protesta, inattesa e affatto gestita dai partiti storici. Tanto che le reazioni sono diverse. C’è chi come il Fronte delle Forze Socialiste dice di boicottare il voto e chi ritira la propria candidatura a presidente, come Louisa Hanoune del Partito dei lavoratori e i candidati del Movimento per la Società e la Pace. Ma nessuno chiede la sospensione del voto, piuttosto un suo boicottaggio per togliere al vincitore legittimità.