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Violenza sulle donne, le relazioni servono a farci crescere. Non a prevaricare

2 Febbraio 2019
Quando si parla di violenza degli uomini sulle donne, è poco opportuno fare delle distinzioni in merito alla gravità dei comportamenti aggressivi che possono essere messi in atto.

Forse è anche pericoloso, perché ogni comportamento violento è grave, sia esso uno o reiterato. Semplifico: dieci schiaffi possono sembrare peggiori di uno schiaffo, dieci schiaffi significa fare dieci volte male, ma tutti partono dal primo, senza non si arriverebbe al decimo, quindi un singolo episodio non è mai da prendere alla leggera.

Poche donne frequenterebbero un uomo se questo dovesse assumere comportamenti prevaricanti e aggressivi sin da subito. La violenza, nella maggior parte delle situazioni, si insinua lentamente nelle relazioni intime ed è per questo che non bisogna sottovalutare quelle che sembrano piccole cose. Giustificarle dà libero accesso a comportamenti via via sempre più controllanti e aggressivi. I limiti non sono fatti per essere spostati, ma per essere dei punti fermi: la loro funzione è avvertire che il loro superamento indebolisce, mette a rischio.
Niente dovrebbe ledere i due principi cardine della stare bene in coppia: sentirsi liberi e sentirsi sicuri. Sentirsi liberi non significa fare quello che si vuole, ma non sentirsi obbligati a fare quello che non si vuole, mentre sentirsi sicuri non significa essere protetti, ma non aver bisogno di proteggersi. Libertà e sicurezza permettono alla fiducia di creare legami solidi e autentici basati sul rispetto e la condivisione e questo crea benessere alla coppia e ai singoli.
Quello che troppo spesso non siamo abituati a fare è assumerci la responsabilità dei nostri comportamenti e prima ancora delle nostre scelte. Scaricare sull’altro è veloce e poco faticoso, soprattutto se l’altro non può o non vuole opporre resistenza, per non dare vita a un conflitto dove sarebbe perdente perché non è alla pari (e in questo caso parliamo di violenza, c’è un’asimmetria di forza che uno usa a svantaggio dell’altro). Il cambiamento passa attraverso il non dover trovare più un colpevole per le proprie azioni e il proprio sentire: si chiama assunzione di responsabilità.
Il malessere non è delle persone, ma nelle persone. Attribuire all’esterno quel che è interno ci difende dal prenderne contatto ed evita di metterci in discussione: sono gli altri che non vanno, che non capiscono, che sbagliano, non posso che reagire, riequilibrare la bilancia. La messa in sicurezza del proprio punto di vista toglie la più grande opportunità che le relazioni possano offrire, mettere in crisi e far crescere.
La violenza che esercitiamo sull’altro è resistenza a cambiare: questo vale per uomini e donne. Ma sono gli uomini che troppo spesso – autoproclamandosi socialmente, culturalmente e interiormente come il “sesso forte che non deve chiedere mai” – pensano che cambiare non sia conveniente. Fatichiamo a pensarci fragili, negandoci così la possibilità di ammetterlo e conviverci con serenità. Non è la forza che ci rende migliori, ma l’uso che ne sappiamo fare.

Vignetta di Pietro Vanessi