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SIRIA. Il Senato Usa approva mozione contro il ritiro americano

6 febbraio 2019, Nena News
La bozza, che prevede anche pene contro chi sostiene il boicottaggio d’Israele, conferma l’opposizione di gran parte del mondo politico americano alla decisione di Trump annunciata lo scorso dicembre. A incalzare the Donald, intanto, è anche Erdogan sulla “zona cuscinetto” nel nord della Siria.

A poche ore dal suo discorso annuale sullo Stato dell’Unione, ieri il presidente statunitense Donald Trump ha incassato una sonora sconfitta in Senato. I senatori americani hanno infatti votato nettamente (77-23) contro il ritiro dalla Siria dei 2.000 soldati americani annunciato da Trump lo scorso dicembre. A guidare l’opposizione al presidente sono proprio esponenti del suo stesso partito: in prima fila c’è il senatore repubblicano Mitch McConnell che, nonostante sia un fedelissimo di The Donald, è stato quello che ha presentato l’emendamento passato ieri. Il testo, se da un lato riconosce i progressi contro lo “Stato Islamico” (Is) e al-Qaeda in Siria e Afghanistan, dall’altro afferma che un “ritiro precipitoso” potrebbe destabilizzare la regione e creare un “vuoto” politico che potrebbe essere riempito dall’Iran o dalla Russia.
L’emendamento, che impone nuove sanzioni contro il presidente siriano Bashar al-Asad, garantisce assistenza a Giordania e Israele e punisce coloro che prendono parte al boicottaggio contro lo stato ebraico, chiede a Trump di ritirare le truppe solo dopo che è stata accertata la “sconfitta duratura” dei due gruppi jihadisti. Per diventare legge la bozza deve passare ora per la Camera dei Rappresentanti controllata dai democratici. Qui il testo potrebbe subire alcune modifiche. Non sono infatti in pochi a contrastare la parte del dispositivo che punisce il movimento Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni d’Israele) perché, argomentano, il boicottaggio è un diritto costituzionale in quanto parte della libertà di espressione di ciascun individuo.
Il voto del Senato riporta con forza al centro del dibattito politico americano la questione siriana. Che l’annunciato ritiro dei marines dalla Siria sia frutto di una iniziativa indipendente della Casa Bianca è stato confermato ieri dal generale americano Joseph Votel che ha rivelato al Senato di non essere stato chiamato in causa dal presidente su questa questione. Le parole di Votel pesano perché a pronunciarle non è un generale qualunque, mail Capo del Comando centrale dell’esercito americano che supervisiona il dispiegamento delle truppe americane in Medio Oriente. “Non sono stato consultato” ha detto laconicamente l’alto ufficiale militare che non ha nascosto la sua opposizione all’iniziativa di Trump. Votel è stato chiaro: la minaccia dello “Stato Islamico” in Siria e Iraq rimarrà se gli americani se ne andranno.
A fare pressioni sul presidente americano sulla questione siriana è però anche il presidente turco Erdogan. Parlando ieri ad un incontro del suo partito Akp, il leader islamista ha detto di non aver visto ancora un piano “soddisfacente” sulla “zona cuscinetto” che dovrebbe nascere nel nord est della Siria. Eppure – ha sottolineato Erdogan – sono passate 3 settimane da quando Trump ha detto di volere creare una “safe zone” per i curdi in vista del ritiro di Washington. “Certamente siamo fedeli ai nostri accordi: la nostra promessa è una promessa – ha affermato – ma la nostra pazienza non è infinita”. Le parole del leader turco devono essere lette al di là del senso letterale: Ankara freme per procedere alla distruzione del confederalismo democratico curdo nel nord della Siria (Rojava).
I preparativi per un’invasione verso Manbij contro le unità Ypg curde (“terroriste” per la Turchia) si fanno di giorno in giorno sempre più intensi. A gennaio Erdogan aveva proposto a Trump la creazione di una “zona cuscinetto” di 32 chilometri al confine turco-siriano “bonificata” dalla presenza delle Ypg. Washington ha però sempre chiesto all’alleato turco della Nato garanzie per i curdi che, presenti nelle Forze democratiche siriane (Sdf) sostenute dagli americani, svolgono un ruolo di primo piano nella lotta contro l’Is.Alcune settimane fa Trump arrivò addirittura a minacciare di “devastare economicamente la Turchia” qualora quest’ultima dovesse attaccare le Ypg. Ad una “zona cuscinetto” sono favorevoli anche i curdi a patto che ci siano “garanzie internazionali che impediscano un intervento straniero” (si legga turco). Di safe zone, intanto, si parlerà anche oggi in un incontro previsto negli Usa tra i ministri della coalizione anti-Is. A prendere parte al vertice ci sarà anche il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu che ribadirà la linea di Erdogan: un’area senza più il confederalismo democratico curdo.