General

Legalità e diritto (soprattutto nella sanità)

Carlo Molinari 18/02/2019
Ma in quale benedetto paese ci troviamo? Ci rendiamo conto di ciò che sta succedendo? Se ne rende conto la gente? Tutta la gente, le persone per strada, quelle che onestamente stanno lavorando, quelle che hanno lavorato e quelle che vorrebbero farlo?

Succede, per esempio, che un’associazione (non so se associazione sia il termine corretto) privata chieda voti sul suo canale online privato ai suoi accoliti per decidere le sorti di un personaggio politico (più che un semplice politico, un alto ministro dello Stato italiano). Vi sembra normale? Vi sembra “legale”?
È come se chi ruba una mela fosse giudicato dai parenti del fruttivendolo, per giunta in casa del fruttivendolo stesso. Qualcuno potrebbe dire: “Beh, magari il fruttivendolo ha dei parenti intelligenti che capiscono il problema e che sono imparziali nel giudizio”; vorrebbe dire comunque lasciare tutto al caso, con una buona percentuale (di voti) a sfavore del povero ladro della mela.
Non funziona così, in un paese civile. Non deve funzionare così. Esiste per questo l’ordine costituito, tanto per citare una canzone di De André, esistono per questo le leggi e la Costituzione.
D’altra parte è quella stessa Costituzione che viene tradita quotidianamente in molti versanti e situazioni. Quello che, per esempio, è stato denunciato in un’intervista del Tg2 sul pronto soccorso di un grande ospedale romano, è sintomo e segno di una Costituzione e di leggi dello Stato e ordinamenti regionali creati per cittadini di serie A e di serie B.
Sia ben chiaro, non è questione di favorire la sanità privata; non è questo il fine di qualche mente perversa che decide il percorso, ve lo assicuro e potrei giurarlo. Le persone che non possono permettersi una retta o una copertura assicurativa privata, in Italia, sono la maggioranza. E certe patologie, come le importanti patologie oncologiche e la grossa traumatologia, per esempio, non potranno mai essere trattate nelle strutture private. Almeno nella quasi totalità di quelle che attualmente sono presenti sul nostro territorio.
Non siamo in America, dove circa il 50% dei pazienti con patologie neoplastiche non può sottoporsi, per motivi economici, a cure adeguate. Il nostro sistema sanitario è ancora saldo, fortunatamente diverso dal loro, e tenta comunque di garantire la buona salute a tutti.
Esatto, tenta! Tenta, sbagliando, perché non è possibile mettere in piedi un sistema regionale dove i pochissimi dipartimenti di secondo livello (quelli che dovrebbero garantire trattamenti di alta specialità, urgenza, emergenza e multidisciplinarità) siano stati privati nel corso degli anni di troppi posti letto per la degenza.
Non è possibile pensare a un ospedale (molte realtà sanitarie stanno facendo marcia indietro da questo esperimento fallito) dove siano accorpati in un unico reparto (di circa venti posti letto) cinque o sei specialità differenti (alte specialità, ben inteso) che avrebbero bisogno di spazi diversi, di tecnologie nuove o rinnovate; di un maggior numero di posti letto, comunque, per gestire meglio e in modo più umano i cittadini che necessitano di cure.
Sì, torno a ripeterlo, fino all’ossessione: serie A e serie B. Certo, è comprensibile che se la Regione Lazio, o meglio il comparto sanità della Regione Lazio, ha maggiori problemi (economici, si intende) rispetto ad altri, è logico che non potrà esser gestito con lo stesso fair play e le stesse caratteristiche delle altre regioni italiane più ricche. Non è questo comunque un motivo valido per far pagare il conto agli operatori sanitari e ai cittadini.
Non succede, per esempio, lo stesso in Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, e non vale lo spauracchio della sanità privata, credetemi. In Lombardia (per esempio, ma non è certo l’unica regione) esistono, come nel Lazio, molte strutture private, eppure il sistema sanitario nazionale funziona quasi alla perfezione. Va semplicemente trovato il modo di affrontare il problema. Subito, perché di tempo non ce n’è più.
Insisto su tre grandi e importanti parole (e le parole, si sa, sono pesanti): Sistema Sanitario Nazionale (SSN), non regionale o comunale. Se si chiama così, un motivo deve esserci, per forza. Vorremmo che a scoprirlo fosse chi ci governa.